London Italia Fc, ecco la prima squadra di italiani a Londra

London Italia Fc, ecco la prima squadra di italiani a Londra
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Giovedì 17 Dicembre 2015, 20:29 - Ultimo aggiornamento: 28 Gennaio, 22:13
Era il lontano 1955 quando una comunità italiana all’estero riuscì nell’intento di creare la propria squadra di calcio, ovvero l’Associazione del Calcio Italiano in Argentina. Fondata a Buenos Aires, fu la “genitrice” del Deportivo Italiano, club nelle cui giovanili si formò niente meno che il bomber Gabriel Omar Batistuta.

I tempi sono cambiati, ma perché allora non pensare ad una società calcistica composta esclusivamente da italiani nella capitale britannica? Luca Pecorari e Marco Di Pinto, due giovani italiani emigrati a Londra, vorrebbero riuscirsi e hanno già dato un nome alla squadra: il London Italia FC. 

Lo scrive Matteo Calautti su LondraItalia.com.

Luca viene da Genova ed è un ex portiere cresciuto nelle giovanili della Sampdoria, con qualche esperienza nel calcio inglese, militando tra provini e tesseramenti tra le fila di Billericay, Greenhouse e Clapton. Appesi i guanti al chiodo, oggi a Londra lavora come door supervisor. Marco invece viene da Barletta e ha un passato nel calcio a cinque in Serie B. A Londra è supervisor nella catena di negozi Tiger. Entrambi accomunati dalla passione per il calcio. «Lui è un fan dell’Everton a differenza mia», ci confida Luca, «io sono un Gunner».

Un sogno a tutto tondo quello dei due connazionali: cementificare la comunità italiana londinese attorno ad un progetto sportivo. «L’idea nasce dal desiderio di aiutare gli italiani che hanno lasciato il Bel Paese in cerca di lavoro», afferma Luca, in quanto «con il lavoro e le ampie distanze che ci sono a Londra molti hanno dovuto rinunciare al calcio giocato».

L’obiettivo è quello di metter su una squadra composta esclusivamente da italiani che possano così anche confrontarsi al di fuori del lavoro. Ma non solo. Nei loro piani ci sarebbe perfino l’idea di puntare in futuro sul settore giovanile, sviluppando «un’accademia dove giocare e studiare». «Abbiamo smosso acque che mai avremmo pensato di riuscire a smuovere», afferma orgogliosamente, ma «siamo in cerca di investitori che possano credere nel progetto».

Al momento, Luca e Marco sono impegnati nella ricerca di sponsorship e di interesse tra il mondo del calcio italiano. Avevano buoni rapporti con il Catania prima che si verificasse quello che non ha timore a definire «lo schifo di quest’estate» mentre con Massimo Ferrero, presidente della Sampdoria, c’è stato qualche contatto ma niente di concreto. «Ci ha espresso interesse il figlio di Bruno Giordano», ci rivela, mentre il terzino Domenico Criscito, in forza allo Zenit San Pietroburgo, ha citato il loro progetto su Twitter.

Due mondi estremamente diversi quello del calcio italiano e quello del calcio inglese secondo Luca. «In Inghilterra si tifa sempre, e vige il concetto del supportare la squadra locale (‘support your local team’)» afferma, aggiungendo ironicamente «non che nasci a Siracusa e tifi Juve».

Ma come si concilia l’idea di una squadra all-italian con la realtà di una capitale cosmopolita come Londra? E se, come auguriamo loro, il London Italia scalasse i campionati come ovviare ad un’eventuale carenza tecnica mantenendo la coerenza “etnica” di partenza? «È presto per parlare e valuteremo tutto per bene», risponde, affermando anche che «si sono già offerti anche alcuni professionisti provenienti da Svizzera e Malta». E per quanto riguarda lo stadio? «La via più facile è quella di rilevare una società esistente», già dotata di un impianto di gioco e di allenamento, «ma il sogno sarebbe quello di crearla ex novo».

Ad oggi il progetto è ancora poco più che un’idea. Un sito web, una pagina Facebook, e due meeting informali, ai quali hanno partecipato i ragazzi interessati al progetto. Come dice Luca «il progetto è al terzo mese di gravidanza».  Ma l’importante è crederci e provarci. E allora gli chiediamo di mettere da parte gli infiniti ostacoli in cui si stanno imbattendo e provare a chiudere gli occhi per immaginare come si vede tra cinque e tra dieci anni. La risposta, forse troppo ottimista, è sicuramente densa di ambizione: «Tra cinque anni mi vedo con uno stadio e tra dieci anni a giocare la Capital One Cup»
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