Vulci, droni e georadar: spunta il tempio di Minerva

Importante scoperta durante gli scavi nella città etrusca: risale al VI secolo a.C.

Droni e georadar a Vulci, spunta il tempio di Minerva
di Laura Larcan
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Mercoledì 24 Agosto 2022, 08:54 - Ultimo aggiornamento: 09:03

Le prime emozioni le hanno cominciate a dare le indagini con il georadar, una sorta di occhio bionico che ha saputo intercettare in profondità, tra gli strati di terra, l'intero perimetro delle strutture murarie. Un'estensione impressionante, oltre 43 metri di lato. Lo scavo in questi giorni ha confermato la presenza di un tempio monumentale finora sconosciuto, risalente almeno al VI sec. a.C. Siamo a Vulci, gioiello in terra etrusca, nel Comune di Montalto di Castro, legato all'antica, leggendaria, città destinata a diventare fiera antagonista di Roma. Stavolta a far brillare gli occhi degli archeologi non sono i corredi di tombe intatte, ma un tempio nuovo a ridosso dell'area urbana. «Siamo di fronte ad un ritrovamento eccezionale», commenta Carlo Casi direttore della Fondazione Vulci che sta guidando lo scavo con l'équipe delle università di Mainz e Friburgo, forte di apparecchiature sofisticate, compresi i droni.

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«Un nuovo tempio urbano diventa ancora più importante se si considera che è localizzato nelle immediate vicinanze di quello che è stato sino ad oggi il più imponente edificio religioso di Vulci, il Tempio Grande. I ritrovamenti dell'iscrizione mener(vas) e della statua acefala in bronzo nota come Filatrice di Prassitele, oggi alle Staatlike Antikesammlungen di Monaco di Baviera, suggeriscono che il luogo di culto fosse dedicato a Minerva». Lo scavo procederà fino a tutto il mese di agosto insieme alle indagini geofisiche. Dati che stanno testimoniando l'imponenza del tempio. «Aspetto che fa ipotizzare la presenza di una vasta area sacra con una pluralità di culti», riflette Carlo Casi. Ci troviamo nella zona Nord ovest della città, in prossimità del foro romano e dell'arco onorario anch'esso di età imperiale. Dobbiamo immaginare il tempio con un'unica cella circondata sui quattro lati con quattro colonne sui lati corti e sei sui lati lunghi.
«Il che fa trasparire chiaramente una tradizione architettonica mista greco-etrusca», indica Casi. La scoperta rivela un'ulteriore pagina di storia di questa città straordinaria: «Ci dice che su questa zona esisteva un'area di culto - commenta Carlo Casi - almeno in parte dedicata a Minerva, che presentava due imponenti templi gemelli con il paramento rivestimento da blocchi di nenfro, ossia un tipo particolare del roccia tufacea molto utilizzata dagli Etruschi soprattutto nella statuaria.

Un'area unica nel suo genere nelle città etrusche, gli unici confronti si hanno a Pyrgi, ma questa era il porto della metropoli di Cerveteri, mentre rimanda più ad un modello tipico delle città magno greche come Agrigento, Selinunte, Metaponto o Paestum».

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IMMAGINI DI BACCO
Lo scavo, seguito da Simona Carosi della Soprintendenza per l'Etruria meridionale, sta regalando sorprese anche come reperti. «Tra le scoperte più rilevanti e significative spicca una terracotta architettonica di fase orientalizzante che reca un grifo - dice Mariachiara Franceschini dell'Università di Friburgo - Questa è probabilmente riconducibile a una struttura poderosa di carattere pubblico precedente al tempio che stiamo scavando e i cui resti, tra cui tegole e pitture parietali, sono stati reimpiegati come materiale di scarto negli strati di fondazione del tempio arcaico». Il bello è che lo scavo sta mettendo in luce la struttura del tempio nelle sue diverse fasi di vita. A documentarle, diverse terrecotte architettoniche dall'epoca arcaica all'età romana, tra cui un'antefissa con testa di satiro, ma anche una serie di lastre di prima età imperiale con scene di Bacco. «I materiali ceramici sinora rinvenuti spaziano dall'età del ferro alla tarda età imperiale - aggiunge Paul Pasieka dell'Università di Mainz - Numerosi importi, soprattutto dall'Attica, e produzioni locali di buccheri, ceramica etrusco-geometrica ed etrusco-corinzia, ma anche produzioni locali da ricondursi all'età villanoviana e all'orientalizzante, confermano la vivacità dei rapporti di scambio tra Vulci e il Mediterraneo e della ben nota produzione locale nei secoli».
 

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