Velia, riaffiora il tesoro strappato a Cartagine: elmi, scudi e armature

Incredibile scoperta: il bottino viene dalla battaglia navale del 540 a. C. raccontata da Erodoto

Velia, riaffiora il tesoro strappato a Cartagine: elmi, scudi e armature
di Laura Larcan
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Mercoledì 2 Febbraio 2022, 09:25

Quando l'archeologia riporta alla luce le pagine di storia che si studiano sui banchi di scuola. Gli archeologi le definiscono già le reliquie della battaglia di Alalia, città dell'attuale Corsica, cantata da Erodoto. La prima grande battaglia navale della storia. Elmi, frammenti di armi, armature, corredi di battaglia forgiati in bronzo e ferro, ceramiche, oggetti votivi per ingraziarsi il favore degli dei. Tutti perfettamente conservati. A guardarli riaffiorare dai profondi strati di terra sembrava quasi di udire in lontananza gli scontri epici di guerrieri e lo stridere dei metalli. Risalgono al VI secolo a.C.
Rappresentano il tragico bottino di guerra che i Focei, i coloni greci insediati sulle coste corse, strapparono agli Etruschi, potenza navale alleata dei Cartaginesi, nell'epico e sanguinoso scontro del 540 a.C. narrato da Erodoto. Si scriveva la storia in quel finale di partita.

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Cartagine diventava la grande potenza del Mediterraneo (con cui dovrà gareggiare Roma), mentre i coloni greci dovettero ripiegare nel sud d'Italia, nella Magna Grecia, e in Campania acquisirono terreni per fondare Hyele poi ribattezzata Velia, la città non lontana da Paestum, che diede i natali al filosofo Parmenide.
LA CORSICA DI ERODOTO
Qual è allora il legame tra la Corsica di Erodoto e la campana Velia? È proprio qui che l'équipe di ricercatori del Parco Archeologico di Paestum-Velia, ha scoperto quelle armi originarie della leggendaria battaglia.

Armi che erano state offerte alla dea Atena. Dettaglio non da poco.


Perché i reperti sono stati ritrovati all'interno delle strutture di un tempio arcaico dedicato ad Atena, risalente al VI secolo a. C., probabilmente collegato all'atto di fondazione della città. La struttura del tempio più antico risale infatti al 540-530 a.C.: gli anni subito successivi alla battaglia di Alalia. Siamo sull'acropoli di Velia (nel comune di Ascea, in provincia di Salerno), dove le murature inedite disegnano un complesso lungo diciotto metri e largo sette.
Tesoro nel tesoro. Stavano lì, al livello della pavimentazione. Sono riemersi gradualmente, uno dopo l'altro, come pezzi di un puzzle. Prima le ceramiche dipinte, i vasi con le iscrizioni IRE, che significa sacro.

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LA SORPRESA
Poi, la sorpresa più forte: i numerosi frammenti metallici di armi e armature, compresi i pezzi di un grande scudo decorato e due splendidi elmi. Uno etrusco del tipo «a calotta», che gli esperti indicano come Negau dal nome della località slovena dove vennero ritrovati per la prima volta. L'altro di foggia calcidese. In ottimo stato di conservazione. Una scoperta, come sottolinea il direttore generale dei Musei Massimo Osanna, «che accende una nuova luce su questa pagina affascinante della storia della colonia greca». Le operazioni di recupero, iniziare la scorsa estate sotto la regia di Francesco Scelza, sono state seguite passo passo da Gabriel Zuchtriegel, che è stato il primo direttore del parco archeologico promosso, con la riforma, alla gestione auitonoma, e oggi alla guida di Pompei. Un importante passaggio di testimone, ora, per la nuova direttrice Tiziana D'Angelo.
Soddisfatto il ministro della cultura Dario Franceschini che ricorda quanto sia importante «continuare a investire con convinzione nella ricerca archeologica che non smette di restituire importanti tasselli della storia del Mediterraneo». Prossimo passo, la pulitura e il restauro in laboratorio degli elmi per essere studiati. Al loro interno potrebbero esserci iscrizioni, preziose per ricostruire l'identità del proprietario.
 

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