Titanic, riabilitato l'imprenditore che salvò le persone. «Altro che vigliacco, è stato un eroe»

Bruce Ismay lavorò instancabilmente per coordinare il salvataggio

«Altro che vigliacco, è stato un eroe» Riabilitato l'imprenditore del Titanic
di Chiara Bruschi
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Martedì 19 Aprile 2022, 08:19 - Ultimo aggiornamento: 22 Febbraio, 21:23

La tragica fine del Titanic ha portato con sé 1500 vittime, misteri, eroi e codardi. O meglio uno, che più di tutti si è conquistato la famigerata nomea di pusillanime: Bruce Ismay, l'amministratore delegato della White Star Line, è stato addirittura definito uno dei più grandi codardi della storia perché si mise in salvo in una delle poche scialuppe che il transatlantico aveva a disposizione. In seguito all'inabissamento del Titanic nel suo viaggio inaugurale da Southampton a New York, che come sappiamo finì la notte tra il 14 e il 15 aprile contro un iceberg che spezzò in due la nave, Ismay ricevette attacchi durissimi dalla stampa americana e britannica, nonostante le inchieste giudiziarie successive non gli attribuirono alcuna responsabilità.

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IL LIBRO
Oggi uno suo discendente ha riscritto questa pagina di storia in suo favore.

Nel suo libro Clifford Ismay ha raccolto le testimonianze delle ultime ore del Titanic. Il suo antenato, scrive l'uomo, svegliato nel cuore della notte dal boato dell'incidente, sì è dato fare senza sosta per organizzare lo sbarco dalla nave e soprattutto aiutare le donne a salire sulle scialuppe, indipendentemente dalla classe del loro biglietto. «Non importa se sei dell'equipaggio avrebbe detto a una dipendente che non voleva salire stando al racconto del marito, che l'ha ringraziato per averla salvata sei una donna, sali sulla scialuppa». Ismay lavorò instancabilmente, ancora in pigiama, per cercare di salvare più persone possibile e poi, quando l'ultima lancia stava per essere calata in mare con alcuni posti liberi, fece un balzo dentro di essa, e si salvò. Quando la Carpathia giunse sul posto e prestò soccorso ai 700 superstiti, era in stato di shock.

«Sul Titanic i suoi capelli erano neri con qualche riflesso grigio. Ora erano bianchi come la neve. Non ho mai visto un uomo così distrutto. Ho tentato di distrarlo ma aveva lo sguardo fisso nel vuoto e non parlava», aveva precisato Jack Thayer, passeggero 17enne di prima classe. «Era ossessionato dall'idea che sarebbe dovuto affondare con la nave perché questa era stata la fine di molte donne», aveva dichiarato l'ufficiale Charles Lightoller. «Continuava a ripeterlo». E mentre chi lo soccorse cercava di convincerlo di aver fatto la cosa giusta, la stampa lo accusò di codardia. Soprattutto, si legge nel libro, quella di William Randolph Hearst, che contro di lui aveva il dente avvelenato da tempo per questioni personali. Venticinque anni prima frequentavano entrambi l'alta società di New York ma quando Hearst chiese a Ismay di diventare suo socio, questo rifiutò perché mal giudicava il suo tipo di giornalismo. Un rifiuto dal quale Hearst si sarebbe vendicato.

 

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