Striscia la Notizia, Lipari e Friscia: «Essere se stessi la chiave per arrivare al cuore della gente»

Roberto Lipari e Sergio Friscia, conduttori di Striscia la Notizia.
di Francesca Cicatelli
8 Minuti di Lettura
Venerdì 19 Novembre 2021, 12:26

Il lavoro del comico, la Sicilia nel cuore, i luoghi comuni: tutti i segreti di Roberto Lipari e Sergio Friscia, conduttori del programma televisivo "Striscia la Notizia".

LIPARI:

Insieme si vince, salvo eccezioni, quando?

«Quando non si rema nella stessa direzione. Si può essere una coppia, ma essere disuniti negli obiettivi e nel modo in cui raggiungerli e allora non si vince. Io e Sergio quest’anno ci siamo messi in testa di essere gli stessi che siamo mentre mangiamo insieme un panino a pranzo: due amici che ridono di loro e questa unione di intenti ci sta premiando».

Volevate proprio essere voi perché?

«Perché siamo troppo buoni».

Meglio non essere voi perché?

«Perché siamo troppo buoni».

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Ebbri di?

«Poter essere uno di famiglia per ogni spettatore come lo sono stati per me, da pubblico, i conduttori di Striscia».

Un incontro del destino il vostro ma maturato nel tempo, insomma il destino va coltivato o piuttosto lasciato decantare?

«Vanno fatte cose con energia positiva ed altra energia positiva verrà attratta. Così ci siamo incontrati io e Sergio».

Entrambi siciliani, entrambi di Palermo, quante volte la coincidenza viene scambiata per raccomandazione? E che male c’è comunque nella raccomandazione? È davvero cosi da biasimare?

«Ho vinto un talent a 25 anni e da allora sono perseguitato dal sospetto di raccomandazione. Ma io non la tollero, perché l’ho subita realmente. Infatti ho scritto e interpretato un film contro la raccomandazione. La raccomandazione è il più semplice degli abusi di potere, il primo furto per un ladruncolo che poi lo porterà a diventare un vero ladro. Se vogliamo estirpare i grandi abusi di potere bisogna fermare i piccoli. Un sud del riscatto il vostro. E riscatto è una parola che in passato ha avuto a che fare anche con la mafia e non solo con una rigenerazione positiva».

Come si puó comunicare senza luoghi comuni un fenomeno a cui siamo quasi assuefatti?

«I luoghi comuni hanno un fondo di verità, il segreto secondo me è raccontare cosa c’è ancora di vero in un luogo comune e cosa c’è di falso. E su questo fenomeno potrei parlare per ore, ma da buon siciliano sto zitto. Ecco questo che ho appena detto come luogo comune è chiaramente falso».

Tutto ciò a cui vi dedicate è irradiante perché ha a che fare col sorriso. Avrete peró dei momenti più introspettivi. Come dobbiamo immaginarvi nelle giornate no e come le affrontate?

«Io paradossalmente quando sono giù scrivo comicità. Mi rifugio in quel mondo creativo per cercare quel sorriso che la vita vera a volte mi toglie. Striscia è irriverenza, un aneddoto ciascuno di irriverenza applicata alla vita in tempi non sospetti Sono stato molto irriverente nei confronti di una professoressa.

Le dissi che non si rendeva conto di fare uno dei lavori più belli del mondo ed invece di trasmetterci l’amore per una materia, ci trasmetteva la paura. E infatti lei, dopo questa sfuriata, mi mise due ed io non ho più parlato per paura».

Un no nella vita che siete riusciti a trasformare in un si?

«Per anni mi è stato chiesto se il comico fosse un lavoro e spesso ero costretto a dire in quel momento: No. Oggi posso dire serenamente: Sì». 

Mai senza alternative o dritti per una strada unica?

«Io sono sempre stato pieno di Piani B. Quando ero studente un piano B era la comicità, ma adesso fortunatamente non esiste nessun piano B. So che voglio fare solo questo. A volte bisogna prima lanciarsi e poi costruire il paracadute. Chiudiamo con l’ amore. I comici sembrano avere le armi migliori per carpire i cuori. Ma sembra anche che non vengano presi troppo sul serio. Nè si sente parlar troppo della loro vita sentimentale».

E invece …?

«Credo che il comico è inevitabilmente un romantico. Perché il sorriso è romantico. Io dico solo che sono felicemente innamorato e fieramente romantico».

SERGIO FRISCIA:

Insieme si vince, salvo eccezioni, quando?

Se hai la fortuna di incontrare persone con cui hai feeling e un rapporto di empatia e rispetto, l’eccezione non esiste, si vince sempre. Il “cazzeggio” aumenta in maniera esponenziale, ci sono allegria, complicità, e anche lavorare diventa una passeggiata di salute tra amici, è ciò che per esempio accade ogni giorno nella famiglia di “Striscia la notizia”.

Volevate proprio essere voi, perché?

«Essere se stessi è la chiave di volta per arrivare al cuore della gente. Il pubblico che ti segue in televisione, che ti vede al cinema o a teatro, ha la sensibilità per capire chi ha di fronte. Ho sempre sposato la strada della semplicità, dell’umiltà, dando ossigeno al bambino che è in me, grato, ogni giorno, di poter fare da oltre trent’anni il mestiere più bello del mondo».

Meglio non essere voi perché?

«Perché siamo quelli con la valigia pronta, perché nel nostro quotidiano di stabile c’è ben poco. Ma anche perché siamo dei pazzi che in molti casi hanno rinunciato al posto fisso, scegliendo le incertezze, le rinunce, i sacrifici che spesso lo spettacolo impone. Quella dell’artista è una vita fatta anche di cadute, di porte chiuse in faccia, ma nonostante le difficoltà l’emozione di donarsi al pubblico è impareggiabile. Se tornassi indietro probabilmente rifarei tutto da capo».

Ebbri di?

«Ubriaco di vita, delle cose semplici e vere. Ringrazio ogni giorno Dio di stare bene, di avere mia mamma in salute, di avere amici veri e sinceri intorno a me».

Un incontro del destino il vostro ma maturato nel tempo, insomma il destino va coltivato o piuttosto lasciato decantare?

«Penso che nulla capiti per caso. Roberto ha iniziato a voler fare questo mestiere guardandomi sul palco quando aveva quattro anni. Io ne ho seguito il percorso, l’ho visto crescere, e quando mi hanno proposto di prendere parte al suo film ho detto subito sì, sicuro che ci saremmo divertiti da matti. E così è stato. Sul set abbiamo capito di potere essere una coppia artistica, così quando Antonio Ricci mi ha comunicato che avremmo condotto insieme ne sono stato felicissimo. Abbiamo vissuti diversi, età diverse, ma anche grande complicità, voglia di confrontarci e di condividere».

Entrambi siciliani, entrambi di Palermo, quante volte la coincidenza viene scambiata per raccomandazione? E che male c’è comunque nella raccomandazione? È davvero cosi da biasimare?

«Devo tutto al mio pubblico che mi accompagna e mi dà fiducia. Il nostro è un amore nato negli anni Ottanta quando facevo il deejay e l’animatore nei villaggi turistici, un rapporto che si è consolidato nel tempo in radio e in televisione, gradino dopo gradino. Quando lavoro ho un solo obiettivo, divertirmi insieme alla gente che mi segue, trovando complicità, regalando sorrisi. Il sostegno del pubblico è l’unica raccomandazione di cui potere andare fieri».

Un sud del riscatto il vostro. E riscatto è una parola che in passato ha avuto a che fare anche con la mafia e non solo con una rigenerazione positiva. Come si puó comunicare senza luoghi comuni un fenomeno a cui siamo quasi assuefatti?

«La mafia, la cultura mafiosa, sono nemici da combattere con ogni mezzo. Deve continuare a farlo lo Stato, devono continuare a farlo i cittadini. Da siciliano ho nel cuore eroi come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, i loro insegnamenti di legalità, un patrimonio che teniamo ben stretto e che dobbiamo tramandare ai giovani. Ma bisogna andare oltre i luoghi comuni. La Sicilia è soprattutto una terra meravigliosa, generosa, piena di risorse e di persone capaci e straordinarie, accoglienti e con un cuore grande».

Tutto ciò a cui vi dedicate è irradiante perché ha a che fare col sorriso. Avrete peró dei momenti più introspettivi. Come dobbiamo immaginarvi nelle giornate no e come le affrontate?

«Un attore, un conduttore televisivo, appartengono alla gente, hanno il compito di regalare leggerezza e sorrisi. Se ti capita una giornata storta o hai un problema nel privato lo spettacolo deve comunque continuare. Metti da parte il tuo dolore e ti presenti al pubblico senza fare trasparire il tuo stato d’animo. È un discorso di professionalità e di rispetto, fa parte del nostro mestiere».

Striscia è irriverenza, un aneddoto ciascuno di irriverenza applicata alla vita in tempi non sospetti…

«Lo sono tutti i giorni dalla nascita, anche nei confronti di me stesso. Mi piace ridere di tutto, mi piace sfotticchiarmi e sfotticchiare, nel senso bello, perché penso sia il modo migliore affrontare la vita sentirsi vivi. Lo faccio con mia mamma, con gli amici, o con Roberto dietro le quinte di “Striscia”. L’irriverenza, l’ironia e un pizzico di cinismo fanno parte del mio modo di essere».

Un no nella vita che siete riusciti a trasformare in un si?

Di fronte a un no, mi impegno ancora di più per riuscire a ottenere, anche grazie all’esperienza, un sì ancora più grande e gratificante. Diventa una sfida. Sono testardo e orgoglioso, non mollo mai.

Mai senza alternative o dritti per una strada unica?

«L’importante è dare sempre il massimo in ogni cosa che ti permettono di fare, senza mai risparmiarti. A 50 anni fai un bilancio e diventi più consapevole, magari abbassi anche le aspettative perché capisci che non tutto dipende dalle tue capacità e dal tuo impegno, ma non perdi mai la determinazione. Oggi magari mi accontenterei di fare un film con De Niro (ride)».

Chiudiamo con l’amore. I comici sembrano avere le armi migliori per carpire i cuori. Ma sembra anche che non vengano presi troppo sul serio. Né si sente parlar troppo della loro vita sentimentale. E invece… ?

«Meno male che ci sono le intenditrici che non si soffermano solo all’addominale scolpito, e comunque è sempre bello fare sorridere una donna. Detto questo si chiama vita privata e va tenuta tale. È l’unica cosa che ci appartiene per davvero e va protetta. Al termine di una giornata in uno studio tv o su un set cinematografico è sicuramente bello potere tornare nel proprio nido e trovare amore e complicità. C’è chi usa il privato per finire su una copertina, io preferisco invece da sempre che si parli di me solo per ciò che posso dare al mio pubblico».

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