Francesco Facchinetti: «Io, fratello maggiore delle star di internet»

Francesco Facchinetti: «Io, fratello maggiore delle star di internet»
di Nicolas Lozito
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Domenica 12 Gennaio 2020, 00:10 - Ultimo aggiornamento: 10:14

Settima puntata della serie di interviste "Quelli del web", curata da Nicolas Lozito e dedicata a chi si è costruito una nuova professione grazie alla rete. La serie appare ogni domenica sulle pagine de Il Messaggero cartaceo e sul sito internet.

Una, nessuna, centomila. Quante vite ha Francesco Facchinetti? Prima conosciuto semplicemente come “figlio di Roby dei Pooh”. Poi come “Dj Francesco”, autore di quel tormentone estivo – La canzone del capitano – che nel bene e nel male non uscirà mai dalla nostra testa (prodotta da Claudio Cecchetto, all’epoca suo deus ex machina), poi personaggio tv, con la partecipazione all’Isola dei famosi e la conduzione dei primi X-Factor e The Voice (e da quest’anno giurato a Il cantante mascherato di Rai 1, che è stato il programma più visto di venerdì sera). Infine e soprattutto, talent scout e manager di tante stelle della rete: questa è la nuova professione, e vita, di Facchinetti che scova, sceglie e lancia «il futuro dell’intrattenimento». Gestendo alcune aziende che fatturano milioni e milioni di euro ogni anno, tra cui la NewCo Management, nata nel 2013, che a oggi rappresenta più di 40 personaggi (tra cui Frank Matano, Giulia De Lellis, Riki, Emis Killa, The Kolors, Irama) . «L’anno scorso tutti insieme hanno generato sei miliardi di visualizzazioni: un numero esageratissimo, si rimane spiazziati – dice Facchinetti – Ora con un click posso vederli in azione, dallo smarphone direttamente nella loro stanza dove stanno cantando, scherzando, creando sketch: è il mondo dello spettacolo contemporaneo».

È questo il futuro? Addio vecchi mezzi di comunicazione?
«La tv è sempre meno cool, manca di anima, non è tridimensionale. Per le persone di oggi è più interessante e aspirazionale guardare un nostro simile su internet, un nostro pari, ci sembra vero e sincero. Ha azzerato le distanze». 

È una questione generazionale?
«Faccio un esempio: i miei figli non vogliono guardare il cartone animato Peppa Pig su Youtube perché è Peppa Pig. Ma perché da lì scoprono video di altri bambini che giocano con i pupazzi di Peppa Pig. Una volta la tv stava in cucina, in salotto, ed era sempre accesa. Se noi guardiamo un video sul telefono e poi non vogliamo vederlo più, spegnamo lo schermo. Tutti noi, a quasiasi età, stiamo facendo delle scelte più precise, più nostre». 

I palinsesti tv battuti da una programmazione autogestita via telefono?
«La tv non va in pensione, ma per sopravvivere dovrebbe fare entrare veramente i giovani. Iniziare a produrre programmi multi-piattaforma, nativi per il web. Immaginate se un programma famoso fosse trasmesso solo su Instagram. O immaginate un programma dove i talenti del web fossero mostrati anche in tv: io vorrei condurlo, anche di notte, con la libertà di cambiare le regole della tv».

In molti l’hanno conosciuta come cantante e poi conduttore. Perché si è convertito al web?
«Fino a trent’anni ho investito tutto su me stesso. Ma non mi sono mai considerato un artista. Così ho deciso di cambiare direzione e diventare non un manager ma un fratello maggiore e mi sono chiesto: ci saranno dei giovani italiani talentuosi che hanno bisogno di aiuto per realizzare i propri sogni?».

E invece di scovarli nel mondo reale ha cercato nell’universo virtuale?
«Non c’è una vera divisione tra i due mondi: sono complementari. Il web è un’estensione della nostra realtà. Ho capito prima di altri che online c’era un’onda propagratrice fortissima. Non esistono più i provini, ora con un click vedo di cosa qualcuno è capace». 

Come si fa a capire se c’è talento?
«Intanto, si deve provare. Mi definisco il più grande fallito italiano, perché fallire è necessario e non deve essere visto male, come invece si fa in Italia. Quello che cerco è la magia».

Ma una volta trovata la magia, cosa bisogna fare?
«Ci vuole tanta perseveranza. Il talento e il duro lavoro: quello che dico loro è che non frega a nessuno dei loro balletti e dei loro video. Se vogliono rimanere e crescere devono capire quale percorso intraprendere, inseguire un sogno vero ed essere ispirazione per gli altri».

Diventare virali equivale a quello che ai suoi tempi era creare tormentoni, quindi?
«La viralità è doping: è una propulsione momentanea. Quante fashion blogger sono rimaste dopo il boom iniziale? Era pieno, ora ce ne è solo una, la Ferragni. Perché bisogna mettere i contenuti. Un tormentone, invece, è un ritornello che rimarrà nei secoli dei secoli».


(Facchinetti durante la prima puntata de Il cantante mascherato di Rai 1, insieme agli altri giurati Flavio Insinna,
Patty Pravo, Guillermo Mariotto e Ilenia Pastorelli​ - foto ANSA)


Quando ha capito che la strada del web era quella giusta?
«Facile: quando Frank Matano, che ho seguito da quando aveva un seguito piccolissimo, è arrivato primo al botteghino con il suo film. Nessuno ci scometteva, nessuno voleva investire su un personaggio famoso per fare i video con le scorregge. E invece ha intrapreso un percorso preciso e ambizioso, ci sono voluti anni, ma guardate da dove è partito e dov’è ora». 

E una soddisfazione recente?
«Ne racconto due: Riki, cantante che ho preso da totale sconosciuto e che ora andrà a Sanremo. E una giovanissima: Mariasole Pollio, classe 2003, youtuber che a 13 anni mi ha detto che voleva diventare un’attrice e ora ha appena debuttato con Don Matteo».

La sua azienda ha seguito anche la comunicazione politica: è vero che ha rifiutato di aiutare Berlusconi?
«Gestiamo e analizziamo i big data, tutte le informazioni che internet genera, e quindi molti partiti si sono affacciati per dei servizi. Con il Presidente abbiamo lavorato insieme per un candidato locale, ma poi le nostre strade si sono divise».

Altri settori di influenza?
«È da anni che cerco di entrare nello sport: c’è un deficit incredibile di comunicazione. Così da poco seguo Sergej Milinkovic: non è un atleta, è un eroe. Sono molto orgoglioso che sia stato nominato miglior giocatore di dicembre».

Fra dieci anni che mondo ci sarà?
«Fra 10 anni tutti saranno influencer: sarà una società a costi marginali nulli. I beni non materiali non costeranno, e per andare al ristorante non si pagherà, perché l’avremmo consigliato ad altri amici». 

Non è uno schema piramidale?
«Succederà in tutti i settori quello che è avvenuto con Spotify: è l’esperienza dell’utente che genera profitto, non il contenuto. E gli utenti, se saranno interessati, potranno tutti giocare la propria partita: la gente normale avrà 300.000 follower ciascuno».

E a quel punto lei che ruolo avrà?
«Fra dieci anni vorrei vivere con i miei figli e dedicare tutta la mia esistenza a loro. Lavoro 24 ore al giorno per questo obiettivo. Non voglio diventare multi miliardario, mi dededicherò a lavori socialmente utili, come fa Bill Gates. Avrò conosciuto una parte di vita e di mondo, vorrò conoscere ciò che rimane».

 



LE INTERVISTE A "QUELLI DEL WEB":
01. Giacomo Hawkman: «In amore vinci se cancelli le chat»
02. Elisa Maino: «Ero vittima dei bulli, ora ho 4 milioni di fan»
03. Riki: «Vi sembrerò pazzo, ma non voglio più i like»
04. Tony IPant's: «Satira e sfottò, internet è la nuova tv»
05. Sofia Viscardi: «Noi generazione spaesata, cresciamo grazie alla rete» 
06. Daniele "Prinsipe" Paolucci: «Sì, sono un atleta: gioco ai videogame»
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Francesco Facchinetti: «Io, fratello maggiore delle star di internet»

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