Telefonino in aula, il divieto che aiuta a imparare meglio

Telefonino in aula, il divieto che aiuta a imparare meglio
di Marina Valensise
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Sabato 26 Gennaio 2019, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 08:51

Finalmente si comincia a ragionare. Alla Camera dei deputati è iniziato l’esame della proposta di legge che mira a istituire l’educazione civica come materia obbligatoria e prevede di vietare l’uso dei telefonini in classe.

Abbinato a una proposta del leghista Capitanio, il progetto di legge che porta il nome del capogruppo di Forza Italia Mariastella Gelmini, Atto Camera 734, gode già di un consenso trasversale. “In una società come la nostra, in cui i rapporti sociali sono sempre più spesso mediati dalle tecnologie digitali, - si legge negli atti parlamentari - è indispensabile trasferire ai giovani non solo le cognizioni tecnico-pratiche occorrenti per l’utilizzo dei dispositivi elettronici, ma anche un insieme di regole di convivenza e di rispetto dell’altro, in funzione di prevenzione e di contrasto di condotte suscettibili di degenera in bullismo e cyberbullismo”. In tale contesto, la nuova proposta “dispone in divieto, salvi casi particolari specifici, di utilizzo del cellulare e di altri dispositivi elettronico-digitali nei luoghi e negli orari dell’attività didattica”.

Niente massimalismi, dunque, ma la giusta attenzione per un’esigenza prioritaria per rilanciare la scuola, e cioè insegnare sin dalla più tenera età il vivere civile e prevenire gli atti di inciviltà, che purtroppo spesso dilagano proprio grazie a un uso dissennato della tecnologia. Dalla Sicilia alla Lombardia, alcuni presidi all’avanguardia, come Stellario Vadalà dell’Istituto Ettore Majorana di Milazzo, o Massimo Minnai dell’Alberghiero di Chiavenna, senza aspettare il legislatore hanno già provveduto per conto loro a vietare i telefonini con semplici circolari interne dettate dal buon senso.

E’ chiaro che non mancheranno i perplessi, magari fra gli stessi profeti della digitalizzazione a oltranza, convinti che mettere in mano a un bambino di nove anni un telefonino significhi estendere il confini della sua esistenza, amplificare la sua esperienza sino a farlo entrare in comunicazione istantanea con l’universo possibile e virtuale. Tutte cose bellissime, e anche vere, ma forse però non proprio in linea con quella che resta la missione primaria della scuola: insegnare un metodo di apprendimento, trasmettere le nozioni fondamentali, come leggere, scrivere, far di conto, orientarsi nello spazio e nel tempo, formare un individuo per farne un essere civile e un adulto responsabile.

Tutto ciò richiede un’attenzione costante e un rapporto diretto e personale tra docente e discente. Basta non essere affetti da sindrome di onnipotenza o complessi di megalomania per capire che tale missione oggi non solo è compromessa, ma è deviata e negata dalla presenza del telefonino a scuola. Quel piccolo arnese infernale che ogni alunno piazza sul banco come un’arma impropria può rivelarsi letale. Riduce drasticamente i tempi dell’attenzione, sino a frantumarli in pochi nanosecondi intermittenti. Isola chi ne fa un uso spasmodico dentro un mondo impermeabile e inaccessibile agli altri. Impedisce la concentrazione indispensabile per conoscere cose nuove, affrontare e risolvere un problema. E soprattutto distrae dall’empatia col maestro il quale, per essere efficace, deve stabilire un rapporto diretto e senza ostacoli con l’allievo, e per tenerlo vivo deve evitare la distrazione come il male assoluto . Ben venga allora il divieto per legge di usare in classe il telefonino, a condizione di non limitarlo agli alunni, ma di estenderlo anche ai professori.

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