Scuola, Cartabellotta (Gimbe): «Copertura vaccinale solo tra 4 mesi»

Scuola, Cartabellotta (Gimbe): «Copertura vaccinale solo tra 4 mesi»
di Francesco Malfetano
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Sabato 31 Luglio 2021, 23:57 - Ultimo aggiornamento: 1 Agosto, 12:48

Dottor Cartabellotta, lei per primo da presidente della fondazione Gimbe ha lanciato l’allarme sulla ripartenza delle scuole a settembre. Dati e statistiche alla mano l’obiettivo fissato dal generale Figliuolo di andare in classe con il 60 per cento di studenti vaccinati con ciclo completo non sembra realistico.
«Esatto, puntare tutto sulla vaccinazione per la riapertura delle scuole in presenza è rischioso. La probabilità di finire in Dad oggi è ancora medio alta. Facciamo due conti: in Italia ci sono 4 milioni e mezzo di giovani e giovanissimi in età scolastica e vaccinabili perché tra i 12 e 19 anni. Di questi il 16 per cento ha completato il ciclo, e il 17 per cento ha fatto la prima dose. Significa che abbiamo due ragazzi su tre che non hanno fatto alcuna dose. Se a questo aggiungiamo che per la fascia under 12 non disponiamo di alcun vaccino e che manca all’appello dei vaccinati il 15 per cento del personale scolastico, è evidente che ridurre la circolazione del virus nelle scuole passa inevitabilmente anche per altre misure».

Nella bozza del piano Scuola del ministro dell’Istruzione Bianchi ci sono distanziamento, mascherine e tante altre giuste “accortezze” proprio per questo.
«Certo ma servono anche altre misure per evitare di sperimentare quanto è già accaduto l’anno scorso.

Nel piano si parla di areare i locali aprendo le finestre, ma questa non può essere la soluzione soprattutto nei mesi più freddi. E difatti il volume delle aule rispetto all’occupazione del numero di alunni condiziona in maniera importante la circolazione del virus. Ora è evidente che pianificare adeguati sistemi di areazione non è fattibile a ridosso dell’inizio dell’anno scolastico, ma è un intervento strutturale importante che andava programmato per tempo. Così come rinunciare ad una strategia di screening periodica e sistematica. Sono criticità che non abbiamo né affrontato né risolto, sperando di poterci affidare solo sul vaccino». 

Per cui siamo già in ritardo sia nel contenimento del rischio che nelle vaccinazioni?
«Sì. A meno che, per stimolare un’adesione rapida e massiva e raggiungere una copertura di almeno il 60-65 per cento, la struttura commissariale dai primi di agosto rivoluzioni il piano vaccinale rendendo prioritaria la vaccinazione dei giovani in età scolare. Ma così, con le dosi già prenotate, l’entità delle consegne attuali e l’esitazione vaccinale dei genitori siamo quasi ai limiti dell’impossibilità. Realisticamente è un obiettivo raggiungibile per fine novembre».

Un po’ come sta accadendo anche in altri Paesi - come Regno Unito e Paesi Bassi - la curva dei contagi sta rallentando dopo l’accelerazione delle scorse settimane. Che ne pensa? Ci aspetta un agosto sereno?
«Guardiamo i dati. Abbiamo avuto una progressiva riduzione di casi fino all’ultima settimana di giugno. Da lì i nuovi casi settimanali hanno cominciato a risalire. Inizialmente la risalita è stata molto ripida: da quasi 5.600 casi della prima settimana di luglio a circa 32 mila dell’ultima. Adesso l’incremento settimanale è percentualmente minore, ma attenzione però: in termini assoluti i numeri crescono comunque. Ed è per questo che sostengo che siamo di fronte all’avvio di quarta ondata per i contagi. Negli ultimi 4 giorni i casi sono stati quasi 25 mila con una media mobile settimanale su base giornaliera di oltre 6 mila casi. Se poi a ciò aggiungiamo che i tamponi effettuati sono pochi e i tassi di positività aumentano, è evidente che non solo il virus sta circolando di più, ma anche che c’è una quota di casi che non viene a galla. In generale bisogna aspettare qualche altra settimana per capire se ci sarà un’impennata dei casi, oppure i numeri si stabilizzeranno. Ecco perché è fondamentale mantenere i comportamenti raccomandati».

Ma siamo vicini al picco e alla discesa successiva?
«Le variabili in gioco sono tante ed è difficile fare previsioni: pochi tamponi, rapporto positivi/tamponi che cresce, differenze regionali nelle dinamiche dell’epidemia. Ma dobbiamo imparare a leggere l’epidemia diversamente, guardando alle ospedalizzazioni. Ora, grazie ai vaccini, è evidente che l’impatto è minore sia in termini di ricoveri ordinari che di terapie intensive. Anche se stanno aumentando, in termini assoluti l’impatto è di gran lunga inferiore alle ondate precedenti».

Lei prima ha accennato ai comportamenti delle persone come una delle variabili che ovviamente influiranno sull’andamento del contagio. Il Green pass esteso alle attività commerciali può aiutare a gestire meglio l’epidemia?
«Dal punto di vista dei principi sì, funzionerà. È ovvio che se immaginiamo una probabilità di contagio pari a zero non è possibile perché il vaccino protegge dal contagio all’88% con il ciclo completo e al 70% con la singola dose. Senza contare che, oltre a contenere la circolazione del virus, il Green pass è una “spinta gentile” alla vaccinazione. Ma bene essere realisti: con una variante così contagiosa come la Delta è fondamentale non abbandonare la mascherina al chiuso e usarla anche all’aperto in caso di assembramenti».
 

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