Scuola, allarme tempo pieno al rientro: in una su 4 non riparte

Scuola, allarme tempo pieno: in una su 4 non riparte
di Lorena Loiacono
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Martedì 8 Settembre 2020, 00:32 - Ultimo aggiornamento: 14:56

La prima campanella è suonata ieri. Dopo sei mesi di chiusura, è arrivato il momento di riaprire: ieri è stata la volta degli istituti dell’Alto Adige. E, a mano a mano, riprendono vita anche le classi della scuola dell’infanzia: prima a Vo’ (uno dei luoghi simbolo del Covid), Milano, Firenze e Torino, domani tocca agli asili di Roma. Il nuovo anno scolastico sta prendendo forma, anche se ancora con troppe carenze dalla mancanza di docenti agli spazi troppo piccoli.
 

Scuola, a rischio tempo pieno e mense


La corsa, adesso, è frenetica per non mancare l’appuntamento: il rischio è di vedere sfumare servizi importantissimi per le famiglie come il tempo pieno e la mensa. Una scuola su 4, almeno, parte senza. E i genitori devono correre ai ripari per organizzarsi con il lavoro. 

 

Scuola, l'Alto Adige riparte per primo: a Milano riaprono gli asili. Tempo pieno a rischio

Via alle scuole in Alto Adige, capofila in Italia per l'avvio dell'anno scolastico post Covid.

Sono 91.797 in tutto i bambini e ragazzi che questa mattina sono tornati all'asilo e sui banchi di scuola dopo una pausa durata dal marzo scorso, ovvero esattamente sei mesi.


Non sono giornate semplici. In Alto Adige e Vo’, per evitare traumi da rientro, i bambini hanno trovato ad accoglierli anche molte aule colorate e vivaci, che usano i pois per indicare il distanziamento e i toni floreali per segnare i margini della cattedra. Un modo meno rigido per mantenere le norme di sicurezza. Sono prove in scala ridotta di quel che dovrebbe accadere lunedì 14, quando la maggior parte delle scuole tornerà in presenza. Ma il condizionale è d’obbligo, cresce infatti il numero delle Regioni e delle singole istituzioni scolastiche che chiedono il rinvio della data, al dopo lezioni. Il motivo? Si fa fatica, troppo, a farsi trovare pronti per lunedì.
 
LE STIME
E qualcosa viene inevitabilmente messo da parte, a cominciare dal tempo pieno che, stando alle prime stime, slitta in molti istituti comprensivi. Almeno nel 25% dei casi: «Purtroppo – spiega Mario Rusconi, presidente dell’Associazione nazionale dei presidi – almeno una scuola su 4 non riesce a garantire il tempo pieno in questa fase di ripartenza. Tutto dipende dai docenti che devono arrivare e dagli arredi, come i banchi singoli, necessari per evitare sdoppiamenti e turni orari. In questo modo salta anche la mensa, per le famiglie si tratta di un servizio molto importante su cui contare. E’ una realtà che riguarda tutta l’Italia a macchia di leopardo ma probabilmente nelle regioni del Sud si fa sentire ancora di più». Ci sono infatti realtà in cui la percentuale del 25% si alza notevolmente, lì dove non si hanno notizie dell’arrivo di supplenti in cattedra. Il tempo pieno conta su 40 ore settimanali, in 5 giorni. Altrimenti le ore si riducono a 30 o 27, su scelta delle famiglie. 

In questa ripartenza, più che negli anni passati, la presenza dei docenti in cattedra è fondamentale per organizzare le lezioni e portare avanti la didattica anche nel pomeriggio. Almeno per qualche settimana, l’orario standard non andrà a regime e sarà difficile anche solo mantenere le 30 ore settimanali. Lo slittamento della riapertura al 24, quindi al dopo elezioni, per molti sembra la strada più semplice da seguire. Per far arrivare il maggior numero di docenti e gli arredi, lì dove previsto. 

APPELLO A VUOTO
Mancano all’appello 60mila docenti, anche la call veloce messa in campo dal ministero sui posti rimasti vacanti non ha dato i suoi frutti: per Beppe Sala, il sindaco di Milano quindi una delle città maggiormente sprovviste di docenti, la chiamata veloce per far trasferire docenti in Lombardia è stata un «fiasco assoluto». I tempi sono ancora lunghi: basti pensare che nel Lazio, in linea con molte altre Regioni, le scuole polo inizieranno a convocare i supplenti per il sostegno il 10 settembre per poi avviare le chiamate per le altre materie dal 21 settembre in poi. Se non si trovano, come sarà, si passa alle graduatorie di istituto. Arrivando così al mese di ottobre, se non oltre, senza tutti i docenti in cattedra. 
Il governatore della Campania, Vincenzo De Luca, ha confermato il 24 settembre come data di inizio ed ha rilanciato sull’obbligatorietà dei test sierologici a tutto il personale scolastico, superando quindi l’aspetto facoltativo delle altre Regioni che ammetteranno i classe anche docenti che non hanno effettuato il test. Non solo, ha anche annunciato l’acquisto di termoscanner per le scuole: l’idea di far misurare ai genitori la temperatura del bambino prima di uscire di casa per andare a scuola, non convince. Tra la fretta di uscire e la necessità di andare al lavoro, non è detto che tutti i genitori siano rispettosi della norma e allora, per evitare problemi, meglio misurarla all’ingresso. 
Nel caos della ripartenza, divampa anche la bagarre politica con la Lega pronta a depositare in Senato la mozione di sfiducia vero il ministro all’istruzione Lucia Azzolina, il testo deve essere condiviso da Fratelli d’Italia e Forza Italia per poi arrivare a Palazzo Madama nella versione definitiva. Per la Azzolina si tratta di «sola propaganda, sono accuse ingiuste». 
 

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