Scuola, l’altolà alle Regioni: non potete decidere lo stop

Scuola, l’altolà alle Regioni: non potete decidere lo stop
di Alberto Gentili
4 Minuti di Lettura
Mercoledì 26 Agosto 2020, 00:44 - Ultimo aggiornamento: 12:45

Non sarà una passeggiata il vertice di questa mattina, tra governo e Regioni, sulla riapertura delle scuole e sulla strategia da adottare in caso di contagi di studenti e professori. Pressato dal Pd Giuseppe Conte, che ha rispolverato per la ripartenza dell’anno scolastico la cabina di regia usata nella Fase 1 dell’emergenza Covid commissariando di fatto la ministra dell’istruzione Lucia Azzolina, è determinato a evitare che le lezioni riprendano per poi essere subito bloccate a colpi di ordinanze regionali. «La scuola riapre e andrà tenuta aperta, stabiliremo una linea unica e condivisa per affrontare gli eventuali contagi», è la posizione del governo.

LEGGI ANCHE --> Covid, Toti: «No a uso mascherina in classe durante lezioni, governo inconcludente»

«Dobbiamo evitare che di fronte ai primi casi positivi di Covid», spiega una fonte di rango che segue il dossier, «i singoli governatori possano decidere di chiudere le scuole della loro Regione. Il protocollo deve essere nazionale, non possiamo avere un anno scolastico a macchia di leopardo». Per dirla con il ministro degli Affari regionali, Francesco Boccia: «Le scuole si riaprono e si riaprono in sicurezza. E dobbiamo tenerle aperte perché la scuola è patrimonio di tutti».

L’imperativo del vertice, cui parteciperanno i ministri Boccia, Azzolina, Roberto Speranza (Salute), Paola De Micheli (Trasporti) e il commissario per l’emergenza Domenico Arcuri, è dunque quello di «iniziare e portare a termine regolarmente l’anno scolastico», come spiega la viceministra dem all’Istruzione, Anna Ascani.

Che serva un protocollo unico è evidente, viste le prime mosse dei governatori. Giovanni Toti, presidente della Liguria, proprio ieri ha annunciato che dirà no all’uso delle mascherine durante le lezioni. Un atteggiamento che innesca l’irritazione di Conte e dell’intero governo che già nella fase acuta dell’epidemia, e in agosto sull’apertura delle discoteche, è dovuto intervenire per disinnescare le mine messe dai vari governatori, soprattutto di centrodestra come Toti.

Il punto di partenza, per evitare che le scuole riaprano e vengano subito richiuse, è il documento stilato dall’Istituto superiore della Sanità (Iss) che indica i protocolli da seguire in caso di contagi. Per il governo è «il punto di riferimento». Ed è disposto a modificarlo «solo in minima parte».

In base al documento dell’Iss, non basterà un singolo caso per chiudere la scuola. La Asl valuterà di prescrivere la quarantena a tutti gli studenti della stessa classe e agli eventuali operatori scolastici esposti che si configurino come contatti stretti nelle ultime 48 ore. Ad ogni scuola viene chiesto di nominare un referente Covid-19, che farà da anello di congiunzione con le Asl e verrà formato sulle procedure da seguire. Al referente saranno segnalati i casi di alunni sintomatici. Inoltre, il suo compito sarà quello di controllare eventuali «assenze elevate» (sopra al 40%) di studenti in una singola classe.

Come dice un ministro che segue il dossier, «il punto è cosa accade in caso di contagio e stabilire come agire di fronte a nuovi casi di Covid nei singoli istituti scolastici. Partendo dal documento dell’Iss, si devono condividere con le Regioni le linee guida. Non potrà infatti accadere che un Toti e un De Luca di turno, prendano e chiudano le scuole delle loro Regioni. Questo sarà vietato». E aggiunge Boccia: «I tamponi e i test», agli studenti, «devono essere fatti e vanno fatti in tempo reale. Se c’è un contagio, si agirà di conseguenza. Serve una collaborazione tra Stato e Regioni».

Nel vertice si parlerà anche dei trasporti pubblici locali. Il Comitato tecnico scientifico (Cts) ha detto che non intende derogare alla regola di un metro di distanziamento. Ma il governo, questa volta con la sponda di Regioni e Comuni, è intenzionato a trovare una mediazione. Perché, come dice Andrea Gibelli, presidente di Asstra, Associazione nazionale delle imprese di trasporto pubblico locale che riunisce 144 aziende, «organizzare il servizio così è impossibile»: con il distanziamento di un metro la capacità di carico dei mezzi è già ridotta al 50/60% e con l’apertura delle scuole i passeggeri nelle ore di punta aumentano del 20-25%.
Problematiche note a Conte, Boccia e alla De Micheli. Tant’è che l’idea del governo è derogare al metro di distanza imposto dal Cts, utilizzando sugli scuolabus, nelle metro, sugli autobus, le tendine divisorie, le mascherine e sanificando i mezzi di trasporto e aumentando le corse: il ministero dei Trasporti sta lavorando per erogare i 200 milioni richiesti dai Comuni. «Una cosa è certa», afferma un altro ministro, «il metro di distanza nei mezzi pubblici è impossibile da garantire».
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA