Scuola, mancano professori da assumere: la scuola riparte con i buchi. Verso un numero record di supplenti

Via libera al contratto per oltre 90mila docenti. Ma nelle graduatorie non ci sono

Scuola, mancano prof da assumere: la scuola riparte con i buchi
di Lorena Loiacono
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Venerdì 22 Luglio 2022, 07:15

 A settembre si rischia di trovare, in classe, migliaia di cattedre senza professori di ruolo. L’allarme parte dal mondo della scuola: «Anche quest’anno andremo avanti con le chiamate dei supplenti». Sono oltre 94mila le assunzioni previste per la scuola, pronte a partire per portare in classe tutti i docenti il 1° settembre prossimo. Ma non sarà possibile, perché mancheranno all’appello decine di migliaia di insegnanti. Per i sindacati, infatti, si tratta di un numero irrealizzabile: molti posti resteranno scoperti perché mancano i docenti da assumere. È questo il grande paradosso della scuola italiana: ci sono centinaia di migliaia di precari che, ogni anno, mandano avanti le lezioni con contratti a tempo determinato ma poi, al momento dell’immissione in ruolo, non si trovano i supplenti abilitati perché le graduatorie da cui assumere si stanno esaurendo.


IL MINISTERO<QA0>
Il ministero dell’Economia e delle finanze ha autorizzato per le assunzioni a tempo indeterminato 94.130 posti di personale docente per la scuola dell’infanzia, per le elementari, medie e superiori, per l’anno scolastico 2022/23.

A questi va aggiunta la quota dei dirigenti scolastici pari a 317. Ma, mentre per i presidi ci sono i vincitori di concorso pronti ad entrare in ruolo, per i docenti non è così. Le assunzioni avvengono infatti attraverso diversi canali: degli oltre 94mila posti il 50% deve arrivare dalle graduatorie dei concorsi per titoli ed esami e l’altro 50% dalle graduatorie ad esaurimento.

Peccato però che le graduatorie sono sguarnite: «Non ci illudiamo con queste 94mila assunzioni - spiega Marcello Pacifico, segretario dell’Anief - purtroppo se va bene se ne realizzeranno la metà». Il motivo? Le graduatorie ad esaurimento sono ormai agli sgoccioli. Nelle graduatorie provinciali di seconda fascia, invece, ci sono migliaia di precari anche con 36 mesi di servizio, che ogni anno prendono le cattedre per insegnare ma da precari. «Torneremo anche quest’anno a numeri di supplenti record. Alla fine – spiega Pacifico – anche nel 2022 si ripeterà la storia degli ultimi anni, con almeno la metà dei posti destinati dal Mef ai ruoli che è andato invece a ingrassare il numero dei contratti a tempo determinato». Per quanto riguarda le nomine da graduatorie di merito, quindi la quota del 50% riservata ai vincitori di concorso, per le scuole medie e superiori si chiameranno i docenti vincitori del concorso 2016, tramite le graduatorie dove sono ancora vigenti, dalle graduatorie del 2018 e infine dal concorso straordinario del 2020. Anche per le maestre delle elementari e della scuola dell’infanzia, le immissioni in ruolo da graduatorie di merito si affideranno a quelle delle prove del 2016, sempre se ancora vigenti, a seguire quelle del 2018 e del 2020. Per limitare le cattedre scoperte, si correrà ai ripari con la call veloce. Si tratta di una procedura di assunzione, introdotta dalla ex ministra Lucia Azzolina nel 2019 e sospesa lo scorso anno, che permette ai candidati di altre regioni di partecipare alle nomine in una regione diversa da quella di appartenenza.


LE TRASFERTE<QA0>
Chi vuole, insomma, può decidere di spostarsi per avere la cattedra. Sarà inevitabile anche quest’anno, infatti, assistere alle trasferte dei precari che per lavorare dovranno spostarsi dal Sud al Nord. «Siamo al paradosso - ha commentato il coordinatore di Gilda, sindacato insegnanti, Rino Di Meglio - dove ci sono i posti liberi non ci sono gli insegnanti e le graduatorie sono esaurite, dove ci sono gli insegnanti, che vorrebbero lavorare, non ci sono i posti. È una situazione che si ripropone ogni anno, basta guardare la tabella della distribuzione dei posti: dei 94.000 posti disponibili, 22.000 sono in Lombardia e circa 9.500 nel Veneto, le altre regioni italiane si spartiscono i restanti. La politica negli ultimi anni ha complicato le cose mettendo i vincoli agli spostamenti: un precario che sceglie di trasferirsi sa di essere vincolato per tre anni, affrontando costi enormi con uno stipendio che non è stato equiparato al carovita».
 

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