Scuola, «distanze inesistenti». Ipotesi metà lezioni da casa

Scuola, «distanze inesistenti». Ipotesi metà lezioni da casa
di Mauro Evangelisti
4 Minuti di Lettura
Lunedì 5 Ottobre 2020, 00:24 - Ultimo aggiornamento: 12:53

La spinta verso l’alto dei contagi, coincidente con oltre due settimane trascorse dalla riapertura delle scuole, rappresenta un campanello d’allarme. Cosa faremo se la tendenza non si fermerà e l’incremento di nuovi casi positivi diverrà costante e dunque supereremo il muro dei 3.000-4.000 infetti al giorno? La priorità, come ha ripetuto anche ieri il ministro della Salute, Roberto Speranza, è la scuola, che deve venire prima di tutto, ovviamente anche del calcio.

LEGGI ANCHE --> Covid, già mille contagi tra prof e studenti. Domani vertice, Azzolina: «Non chiuderemo»

Ma sui tavoli di alcune regioni, in particolare del Lazio, già circola un piano B: per le superiori, in caso di necessità, si può ricorrere alla turnazione a scuola, 50 per cento degli studenti in presenza, 50 a distanza. Questa soluzione andrebbe applicata solo alle superiori per due motivi: il primo è che i ragazzi, con una socialità molto forte, sono coloro che più rischiano involontariamente di alimentare la trasmissione; il secondo: chi ha più di 14 anni può restare a casa da solo senza un familiare, al contrario costringere una parte dei bambini più piccoli a studiare a domicilio metterebbe in forte difficoltà i genitori che devono andare al lavoro. «Ad oggi - osserva l’assessore alla Salute del Lazio, Alessio D’Amato - per noi i contagi nelle scuole non sono ancora la fonte principale dei problemi, l’epidemia è alimentata soprattutto dagli eventi, dalle cerimonie, dalle feste tra amici, dalle riunioni familiari. Però dobbiamo prepararci a soluzioni alternative se, come in altri Paesi, la curva dei contagi dovesse salire ulteriormente».

Il Comitato tecnico scientifico oggi incontrerà il ministro dell’Istruzione, Lucia Azzolina, e insieme faranno il punto della situazione. Secondo gli esperti servono ancora tre settimane per comprendere l’effetto della riapertura delle scuole sui contagi. Questo scenario alimenta le preoccupazioni per la Campania, anche ieri la regione italiana con più positivi: qui le lezioni sono cominciate una settimana dopo, presto potrebbe esserci un’ulteriore spinta sul fronte dei contagi dall’effetto scuole. Anche nel Cts l’ipotesi di “turni” nelle scuole superiori non viene scartata, ma ogni decisione verrà presa quando sarà chiaro - come detto tra due o tre settimane - il ruolo della riapertura delle scuole nell’incremento dei contagi. Tutti però concordano: scaglionare le presenze nelle scuole superiori risolverebbe in parte il problema dell’affollamento dei trasporti pubblici, perché taglierebbe della metà il numero degli studenti tra i 14 e i 18 anni che ogni giorno devono raggiungere il proprio istituto.

In realtà, già oggi una parte degli studenti sta facendo lezione da remoto, da casa grazie al pc o al tablet. Secondo Mario Rusconi, presidente dell’Associazione dei presidi del Lazio, la percentuale è significativa: «Oscilla tra il 10 e il 20 per cento, a seconda delle regioni. Due i motivi: in alcuni istituti non ci sono spazi sufficienti, per cui si è scelto di ricorrere alle lezioni, per una parte dei ragazzi, per via telematica; e dove sono stati trovati casi positivi o sospetti si è optato per le lezioni a distanza». Se alle elementari la maggior parte dei positivi è tra gli insegnanti, alle superiori sono soprattutto tra gli studenti i casi segnalati. Ovunque, però, vengono segnalati ritardi e problemi nelle lezioni a distanza. Se era comprensibile a marzo, non ci si poteva organizzare per tempo per il nuovo anno scolastico? Rusconi: «Qualcosa è stato fatto, sono arrivate risorse per dotare gli alunni che non li avevano di tablet e “saponette”, i modem con il collegamento internet. Le scuole hanno organizzato corsi per formare gli insegnanti. Però bisogna essere onesti: l’età media dei nostri professori è alta e questo si paga, anche se va detto con altrettanta onestà che ci sono, a volte, docenti sessantenni più a loro agio con la tecnologia di colleghi trentenni. Poi, paghiamo il ritardo del paese nella digitalizzazione».
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA