Scuola, carriera degli insegnanti, cosa cambia dopo l'ok del Cdm: incentivi (ma non per tutti), concorsi e crediti. Il documento

Prevista una scuola di alta formazione e la riforma delle prove

Scuola, carriera degli insegnanti, cosa cambia dopo l'ok del Cdm: crediti formativi, abilitazione, concorso e incentivi salariali (ma non per tutti) Il documento
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Venerdì 22 Aprile 2022, 13:30 - Ultimo aggiornamento: 16:20

Insegnanti, cambiano ancora il reclutamento e la formazione nella scuola: ecco come "costruiranno" la carriera in base alla riforma abilitante che ha fatto un nuovo passo in avanti grazie all'ok del Consiglio dei ministri al Pnrr 2 (Piano nazionale ripresa e resilienza). 

Fra gli obbiettivi anche quello di portare in cattedra, entro il 2024, i primi 70mila insegnanti. Nel decreto-legge sul Pnrr è prevista anche la nuova Scuola di alta formazione per dirigenti, professori e personale Ata.  Introdotti anche nuovi incentivi salariali: al superamento di ogni percorso di formazioni si potrà conseguire un miglioramento salariale stabilita dalla contrattazione nazionale. In sede di prima applicazione l'incentivo potrà andare a non più dei 40% dei richiedenti. 

I tre cardini del provvedimento

Percorsi certi per chi vuole insegnare. Previsti un percorso universitario abilitante (dopo la laurea) con prova finale (valore di almeno 60 crediti formativi) che comprende una lezione simulata in aula, un concorso pubblico nazionale annuale e un periodo di prova in servizio di un anno con valutazione finale.

Previsto anche un periodo di tirocinio in aula.
 

Una definizione più chiara degli obiettivi e delle modalità della formazione dei docenti durante tutto il loro percorso lavorativo.

Concorsi annuali per reclutare con costanza il personale, aprendo più rapidamente le porte ai giovani. L’abilitazione consentirà l’accesso ai concorsi, che avranno cadenza annuale per la copertura delle cattedre vacanti e per velocizzare l’immissione in ruolo di chi vuole insegnare. I vincitori del concorso saranno assunti con un periodo di prova di un anno, che si concluderà con una valutazione tesa ad accertare anche le competenze didattiche acquisite dal docente. In caso di esito positivo, ci sarà l’immissione in ruolo.

In particolare per l’accesso al concorso sono previsti il percorso a regime che prevede prima il conseguimento dell’abilitazione e poi il superamento del concorso; il percorso per chi ha già conseguito 30 CFU ma non ha ancora conseguito l’abilitazione (solo fino al 31 dicembre 2024); il percorso per i precari storici con 3 annualità di servizio negli ultimi 5 anni scolastici.

La formazione continua

Viene inoltre introdotto introdotto un sistema di aggiornamento e formazione con una pianificazione su base triennale che consentirà agli insegnanti di acquisire conoscenze e competenze per progettare la didattica con strumenti e metodi innovativi. Questa formazione sarà svolta in orario diverso da quello di lavoro e potrà essere retribuita dalle scuole se comporterà un ampliamento dell'offerta formativa. I percorsi svolti saranno anche valutati con la possibilità di accedere, in caso di esito positivo, a un incentivo salariale. I percorsi di formazione continua saranno definiti dalla Scuola di alta formazione che viene istituita con la riforma e si occuperà non solo di adottare specifiche linee di indirizzo in materia, ma anche di accreditare e verificare le strutture che dovranno erogare i corsi, per garantirne la massima qualità. La Scuola, che fa parte delle riforme del Pnrr, si occuperà anche dei percorsi di formazione di dirigenti e personale Ausiliario, Tecnico e Amministrativo.

 

Le reazioni

Il ministro Patrizio Bianchi

«Oggi facciamo un ulteriore passo avanti per dare stabilità al sistema d'Istruzione - sottolinea il Ministro Patrizio Bianchi -. Prevediamo un percorso chiaro e definito per l'accesso all'insegnamento e per la formazione continua dei docenti lungo tutto l'arco della loro vita lavorativa. Puntiamo sulla formazione come elemento di innovazione e di maggiore qualificazione di tutto il sistema». «Prevediamo, poi -prosegue- entro il 2024, 70.000 immissioni in ruolo, attraverso concorsi che saranno banditi con cadenza annuale. Gli insegnanti sono il perno dei nostri istituti e devono avere un quadro strutturato di inserimento, il giusto riconoscimento professionale e strumenti che consentano un aggiornamento costante, indispensabile per svolgere il loro compito di guida delle nuove generazioni. Al centro di questa riforma c'è un'idea precisa di una scuola aperta e inclusiva, che stiamo costruendo con le risorse del Pnrr a disposizione e con il dialogo con tutti gli attori coinvolti». 

L'ok dei presidi

«Bene l'approvazione del dl Scuola inerente al reclutamento e alla formazione dei docenti nella speranza che si ponga fine soprattutto alla piaga del precariato». Queste le parole del presidente di Dirigentiscuola, associazione nazionale dei presidi, Attilio Fratta in merito alla riforma del reclutamento insegnanti, inglobata all'interno del Pnrr2, approvata dall'esecutivo. «La formazione degli studenti - prosegue - va affidata a chi viene selezionato attraverso concorso pubblico non solo attraverso una graduatoria, concorso che deve avvenire all'inizio del percorso di un docente, non successivamente. La selezione e la verifica delle competenze devono avvenire prima di entrare in classe e non dopo anni. Sarebbe come consentire a un chirurgo di operare e poi, dopo tanto tempo, verificare se ha la necessaria preparazione». «Chiunque scelga come professione l'insegnamento deve possedere, oltre alle competenze disciplinari, anche quelle didattiche, metodologiche, pedagogiche e psicologiche. Il middle management è anomalo solo in Italia. Ma davvero ci voleva il Pnrr per costringerli a fare le cose per bene?», conclude Fratta.

Il no degli insegnanti

Il mondo della scuola predilige scatti di stipendio automatici e a pioggia, su base temporale. E dice 'no' all'introduzione di eventuali altri criteri. Dopo i sindacati e una parte delle forze politiche, un forte segnale in questa direzione arriva dagli insegnanti, che si oppongono alla possibilità di avere aumenti di stipendio legati alla formazione più che all'anzianità di servizio. Il dato arriva da un sondaggio della Tecnica della Scuola, a cui hanno partecipato 3.437 lettori: oltre il 60% si è detto contrario alla proposta del Governo, sulla quale permangono diversi dubbi sulla effettiva fattibilità. Con un altro 30% che si è espresso favorevolmente, ma solo qualora non vengano cancellati gli attuali «scatti» automatici. L'opposizione al nuovo modello di aumenti, che confluirà in un decreto, tra l'altro, accomuna tutti, docenti e non docenti, con una leggera differenza tra insegnanti di ruolo (tra loro i no salgono a quasi 7 su 10) e insegnanti precari. A rispondere al sondaggio del portale specializzato sono stati in prevalenza docenti di ruolo, l'86,6%; un 9,2% di risposte è stato prodotto dai docenti precari. Solo 4 risposte su 100 arrivano invece dalle altre categorie (dirigenti, genitori, Ata, studenti). La maggior parte degli insegnanti sono in servizio nella scuola secondaria di secondo grado (quasi il 40% di risposte). I meno interessati al tema gli insegnanti della scuola dell'infanzia (appena il 7,5%). Prevalentemente le risposte sono giunte dal Sud Italia, che rappresenta oltre il 40% di risposte, se includiamo anche le isole. Buona anche la risposta del Nord (31,8%).

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