Scuola, per tornare in classe necessario il doppio tampone. I medici: ci sarà il caos

Scuola, per tornare in classe necessario il tampone. I medici: ci sarà il caos
di Rosario Dimito
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Sabato 26 Settembre 2020, 00:19 - Ultimo aggiornamento: 13:05

Attestazione di nulla osta all’ingresso o al rientro a scuola. E’ il certificato che il pediatra di famiglia o il medico di base, rilascerà dopo aver preso in carico il paziente accertando l’avvenuta guarigione. Dopo aver effettuato due tamponi (che devono risultare negativi) a distanza di 24 ore, l’uno dall’altro. Il ministero della Salute, con una circolare firmata dal direttore generale della Prevenzione Giovanni Rezza, ha disciplinato gli «attestati di guarigione da Covid-19 o da patologia diversa da Covid-19 per alunni/personale scolastico con sospetta infezione da Sars-CoV-2». 


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In particolare, le indicazioni di Rezza riguardano quattro scenari, che concorrono a definire un “caso sospetto”, anche sulla base della valutazione del medico curante. Il primo e secondo caso si riferiscono a un alunno che «presenti un aumento della temperatura corporea al di sopra di 37,5°C o sintomatologia compatibile con Covid-19 in ambito scolastico oppure presso il proprio domicilio»; il terzo e quarto caso quando un operatore scolastico si trovi nelle stesse condizioni a scuola o a casa. 

Ed è a questo punto che il ministero ritaglia una corsia preferenziale ad alunni, docenti e personale amministrativo per fare i tamponi. Con una sintomatologia sospetta, il medico curante deve richiedere il test diagnostico e lo comunica al Dipartimento di Prevenzione (DdP) che provvede all’esecuzione del test diagnostico.

Se il caso viene confermato, il DdP si attiva per l’approfondimento dell’indagine epidemiologica. Se il test risulta positivo, si notifica il caso al DdP che avvia la ricerca dei contatti e indica le azioni di sanificazione straordinaria della struttura scolastica nella sua parte interessata. «Per il rientro in comunità bisognerà attendere la guarigione secondo i criteri vigenti», si legge nella circolare. Le indicazioni scientifiche prevedono due tamponi a distanza di 24 ore l’uno dall’altro con un contestuale doppio negativo, cui potrà conseguire il rientro in comunità, mediante attestazione di avvenuta guarigione. 

Qualora un alunno o un operatore scolastico fosse convivente di un caso, esso, su valutazione del dipartimento di Prevenzione, sarà considerato contatto stretto e posto in quarantena. «Eventuali suoi contatti stretti (esempio compagni di classe dell’alunno in quarantena), non necessitano di quarantena, a meno di successive valutazioni del dipartimento Prevenzione in seguito a positività di eventuali test diagnostici sul contatto stretto convivente di un caso». 

Il documento dovrebbe mettere ordine e porre fine alle difficoltà dei presidi durante questi primi giorni. «Al momento è il caos - denuncia Cristina Costarelli vice presidente dell’Associazione nazionale presidi di Roma - I medici si irrigidiscono contestando quelli che per noi sono casi sospetti. Purtroppo, dobbiamo contare anche dei rifiuti nel rilasciare attestati di salute. Abbiamo avuto a che fare anche con Asl fantasma con le quali si comunica solo via mail». Anche i medici, ora devono organizzarsi secondo le nuove linee guida emanate ieri. I medici di famiglia lanciano l’allarme: il sistema non è in grado di reggere un’ondata di tamponi generalizzati. «Noi stiamo facendo la nostra parte - commenta Paolo Biasci presidente della Federazione italiana medici pediatri - ma non è possibile dover attendere quattro o cinque giorni o anche più l’esito del tampone quando, se lo stesso paziente va al pronto soccorso, la risposta arriva in quattro ore. Fondamentale è ridurre la disparità tra i tempi dell’ospedale e del territorio». L’alternativa, avvertono molto chiaramente i sanitari, è appunto il caos.
A dieci giorni dalla riapertura dell’anno scolastico si calcola che sono più di 400 gli istituti già colpiti da almeno un caso di Coronavirus e 75 sono stati chiusi. Le Regioni più colpite, Lombardia, Emilia Romagna, Toscana, e Lazio. Tra le città più in difficoltà Roma con 19 scuole coinvolte. 
 

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