Minigonna, la guerra delle liceali nelle scuole della Francia. La rivolta dilaga grazie a TikTok e Instagram

Minigonna, la guerra delle liceali nelle scuole della Francia. La rivolta dilaga grazie a TikTok e Instagram
di Francesca Pierantozzi
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Martedì 15 Settembre 2020, 06:35 - Ultimo aggiornamento: 14:26

PARIGI Il pantalone ha la vita troppo bassa, il top è troppo corto, la gonna è troppo mini, e gli short non ne parliamo nemmeno, troppo tutto: abiti indecenti, provocanti, in una parola «inappropriati», quindi proibiti. Vietati a scuola, e preferibilmente anche fuori, per strada, con gli amici, sui mezzi pubblici, che non si sa mai, meglio non andarsela a cercare.
 

Minigonne vietate


La ribellione ai diktat vestimentari è partita – anche questa volta – dai social: prima Tik Tok (ragazze, il 14 settembre tutte a scuola vestite indecenti) poi Instagram, poi Twitter. In Francia #lundi14septembre e #liberation14septembre si sono trasformati ieri in un grido di guerra di ragazzine e ragazze dalle medie ai licei che a frotte si sono presentate ai portoni delle scuole con abiti ritenuti quasi tutti fuorilegge dai regolamenti scolastici e da un sedicente «buonsenso». 

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La «sfida» Tik Tok ha ricevuto anche la benedizione delle autorità. La ex ministra alle Pari Opportunità Marlène Schiappa, adesso sottosegretaria alla Cittadinanza presso il ministero dell’Interno, ha espresso via twitter la sua solidarietà alle «indecenti»: «Oggi 14 settembre molte ragazze hanno deciso spontaneamente, dovunque in Francia, di indossare, gonne, maglie scollate, crop top e di truccarsi, per affermare la loro libertà rispetto a giudizi o atti sessisti. Come madre, le sostengo, con sorellanza e ammirazione». 

Complici le temperature estive e il caldo reso ancora più insopportabile in classe dalle mascherine, migliaia di ragazze si sono presentate ieri a scuola in canottiere, gonnelline e rossetti, rinviando su twitter una vasta platea di allegre scollacciate. In tarda mattinata sono cominciate ad arrivare anche le foto di quelle rispedite a casa con una nota sul libretto: «tenue inappropriée», ovvero: abito non appropriato. Il «gioco» è stato preso sul serio non soltanto dalle studentesse e dalla ministra, ma anche da alcune associazioni femministe, primo fra tutte il collettivo «Nous Toutes»: «il problema non sono i nostri vestiti, il problema sono le molestie, le aggressioni e gli stupri». 

 
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In realtà un’aria di protesta era nell’aria da qualche giorno in Francia, in particolare nelle regioni del Nord. Dopo quasi due settimane di ritorno tra i banchi e un dibattitto pubblico monopolizzato dalla crisi sanitaria e dai contagi in crescita esponenziale, i ragazzi e - soprattutto - le ragazze, hanno cominciato a mostrare crescente insofferenza per le misure degli orli e delle scollature stabilite per legge nei diversi istituti. I genitori hanno cominciato a veder tornare a casa le figlie per «decolleté eccessivo» o «abito troppo trasandato» (visto che anche i pantaloni lacerati non sono visti di buon occhio). Quanto basta perché Tik Tok diventasse cassa di risonanza e trasformasse il nervosismo in movimento di protesta. Sulla radio France Inter, una studentessa all’ultimo anno di un istituto di ragioneria ha detto di aver ricevuto rimprovero assortito con una nota da un professore «per come ero vestita, ovvero un pantalone a vita alta con una maglia scollata sulla schiena. Mi ha detto che era un vestito non adatto al mio diploma». 

Ieri molte scuole hanno preferito non accanirsi sul rispetto dei regolamenti interni, ma molte ragazze hanno denunciato sanzioni. «Diverse mie amiche non sono potute entrare a scuola perché avevano delle calze a rete, che sono considerate ‘volgari’ – ha raccontato Juana, 16 anni, in terza liceo a Saint-Cloud, alle porte di Parigi – Ho scoperto questo movimento l’altro giorno su twitter e mi è molto piaciuto il principio di solidarietà tra ragazzi e ragazze, è una piccola ribellione contro i regolamenti severi e misogini dei licei e delle medie».

In effetti, soltanto «i segni religiosi ostentatori» sono vietati per legge dentro le scuole francesi. Niente velo islamico, ma nemmeno kippah o grandi croci al collo sono ammesse. Per il resto, ogni scuola è libera di decidere – in sede di consiglio di istituto, con professori e rappresentanti di genitori e studenti – eventuali normative più precise. 
Negli anni – anche in base alle mode – ci sono state scuole che hanno espressamente vietato i leggings, i tacchi, i piercing, il trucco, le canottiere troppo corte sopra l’ombelico o quelle troppo scollate, altre che si sono appellate a principi più generici come la «decenza», altre ancora che hanno vietato, per motivi di uguaglianza sociale, l’esibizione di «marchi famosi». Ieri, gli hashtag di protesta su Tik Tok avevano contabilizzato oltre 17 milioni di visualizzazioni, con il sostegno di alcune celebrità della rete, tra cui la cantante belga Angèle.
 

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