Covid scuola, studenti in isolamento: l’incognita dei fratelli regolarmente in classe

Covid scuola, studenti in isolamento: l’incognita dei fratelli regolarmente in classe
di Camilla Mozzetti
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Sabato 17 Ottobre 2020, 00:27 - Ultimo aggiornamento: 11:55

Covid-19 e scuole, il grande nodo della pandemia pone ogni giorno questioni nuove da risolvere. E stavolta c’è da capire se è giusto o sbagliato lasciare entrare in classe fratelli e sorelle di studenti posti in quarantena perché entrati in contatto con un compagno positivo al virus. La condizione è tutt’altro che limitata a pochi casi sia su Roma che nella stragrande maggioranza delle città italiane. Succede questo: i parenti di un ragazzo posto in isolamento domiciliare, perché nella sua classe è stato accertato un positivo al coronavirus, vengono definiti “contatti secondari” sulla base dei protocolli sanitari e pertanto non soggetti alla quarantena fiduciaria fino a che non venga accertata la positività del ragazzo finito in isolamento. Cosa significa?

IL METODO

Che possono andare a scuola, uscire di casa, incontrare gli amici e per i genitori andare a lavoro.

Ma qual è il rischio? Per molti virologi la situazione non è da sottovalutare, i presidi sono praticamente sommersi di richieste di chiarimento, le famiglie sull’orlo di una crisi di nervi. Perché - è questo il ragionamento di molti genitori - se ho tre figli e uno dei tre è in isolamento dopo essere entrato in contatto con un positivo è opportuno che gli altri vadano a scuola?» Tecnicamente fino a che al figlio isolato, cosiddetto “caso primario”, non venga riconosciuta la positività tramite tampone rapido o molecolare, gli altri possono uscire. E accade dalle scuole materne agli istituti superiori. «Mio figlio - racconta Marina C. - frequenta il secondo anno del liceo Linguistico Virgilio di Roma, un suo compagno ha il fratello in isolamento ma lui va regolarmente a scuola, è bizzarro perché non sappiamo se il fratello è positivo e se dunque anche lui ha contratto il virus e può essere contagioso».

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I NUMERI

Nel Lazio benché i casi di studenti positivi siano bassi la situazione non è completamente rosea. Nella Regione ci sono 750 mila studenti, quelli positivi alla data del 14 ottobre sono 848 ma, conteggia l’assessorato alla Scuola della Regione, ce ne sono ben 12.749 (il dato più alto a livello nazionale), in isolamento domiciliare. E non tutti questi ragazzi sono naturalmente figli unici: hanno fratelli e sorelle che vanno invece a scuola. «Un compagno di mio figlio iscritto alla materna - racconta una mamma di Boccea (periferia nord di Roma) - ha il fratello in isolamento ma lui viene a la madre al mattino quando lo accompagna arriva anche con il figlio che dovrebbe stare in quarantena e ci ha detto che poiché loro possono uscire non ha senso tenere il figlio a casa anche perché non saprebbe a chi lasciarlo, si rende conto?».

In questo scenario si insinuano poi i cortocircuiti. Pia De Vito, altra mamma con tre figli iscritti in tre scuole diverse: «Nella materna del più piccolo “Mille colori” una compagna è risultata positiva e quindi la classe è andata in quarantena ma io ho anche altri due figli, uno iscritto alle elementari e la più grande al liceo Classico Seneca. Nessuno dalla Asl mi ha detto cosa fare e io poiché sono in smart-working ho preferito tenere tutti i miei figli a casa. Le dirò di più: al piccolo, sottoposto a tampone rapido, l’esame ha dato esito positivo ma poi il molecolare era negativo, si rende conto della confusione? Non tutti i genitori a scopo precauzionale tengono a casa tutti i figli che hanno se uno di loro è in isolamento perché entrato in contatto con un positivo ma anche per avere i referti dei tamponi ci vogliono giorni».

GLI ESPERTI

È questo infatti il problema nel problema: la mancata rapidità dei risultati per i cosiddetti “casi primari”. «I ragazzi in isolamento dovrebbero essere testati quanto prima», commenta Maurizio Sanguinetti, direttore del dipartimento scienze di laboratorio e infettivologiche del policlinico universitario Agostino Gemelli. Ma «i ritardi in questi giorni in cui si svolgono 20 mila tamponi al dì - spiega Enrico Di Rosa, a capo del Servizio di igiene dell’Asl Roma 1 - è inutile negarlo ci sono». Il rischio? «Quello di avere dei positivi non ancora noti che vivono con fratelli e sorelle che vanno a scuola», sintetizza Cristina Costarelli vicepresidente dell’Associazione nazionale presidi di Roma e del Lazio e dirigente del liceo Scientifico Newton. «Noi non possiamo porre in quarantena i contatti secondari, servono risposte rapide sui primari, a scuola quando ci sono fratelli e sorelle di studenti in quarantena metto la classe in didattica a distanza per qualche giorno ma più di questo non si può fare». 

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