Cellulare a scuola, inchiesta sull'aggressione al preside. Le famiglie con l'istituto

Latina, il dirigente al Pronto soccorso. Percosse e minacce i reati ipotizzati

Cellulare a scuola, inchiesta sull'aggressione al preside. Le famiglie con l'istituto
di Francesca Balestrieri e Vittorio Buongiorno
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Mercoledì 19 Ottobre 2022, 06:53 - Ultimo aggiornamento: 06:54

Nessun passo indietro, né da una parte, né dall'altra. Il preside del Liceo Majorana di Latina finito sulla ribalta nazionale per il parapiglia nato dopo il divieto agli alunni di tenere i cellulari in classe tira dritto, spalleggiato tra l'altro da decine di colleghi. Dopo la lite con il genitore e il fratello della studentessa che si era rifiutata di consegnare il telefonino, ha spiegato agli agenti di essere stato aggredito e si è fatto refertare al pronto soccorso. Infatti ieri mattina non era a scuola.

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Il caso non è destinato a finire qui. La Questura di Latina, guidata da Michele Spina, ha inoltrato una informativa di reato e la Procura ha aperto un'inchiesta.

Gli agenti hanno raccolto le testimonianze, i reati ipotizzati sono le percosse e le minacce.

I GENITORI DELL'ALUNNA
Il problema è che anche il padre della studentessa non arretra, anzi, rincara la dose. Ieri ha cercato di spiegare a genitori e studenti quanto è accaduto e nel farlo è andato giù pesante. «Mia figlia non ha voluto consegnare il telefonino a seguito della circolare che tutti conoscete - ha spiegato su una chat che ha fatto il giro della scuola -. Tale diniego è stato causato dall'irresponsabilità da parte del corpo docenti e dell'istituto in caso di furto o smarrimento, nonostante il dispositivo fosse nelle loro disponibilità. Nonostante mia figlia si sia offerta di tenere il telefono spento e riposto nello zaino, anziché consegnarlo, dopo aver preso due annotazioni e essere mandata dalla vicepreside, è stata minacciata di venire sospesa nel caso in cui non si fosse piegata al sistema». Insomma, benzina sul fuoco. A sorpresa, su queste frasi è calato il gelo. Paura di ritorsioni da parte del liceo? «Non è questo il problema» ammette un genitore che ha preferito non replicare sulla chat. «Non sono d'accordo con quello che ha fatto ieri, non penso sia utile a nessuno attaccare la scuola per questa storia dei telefonini, tantomeno a sua figlia. Tranquillizzarla va bene, ma poi forse era il caso di farla ragionare con serenità».


L'unica concessione che qualche genitore è disponibile a fare riguarda la responsabilità della scuola rispetto ai telefonini: «Se viene rubato o perso ne deve rispondere» ammettono alcuni genitori fuori dal liceo. Su questo è stato proprio il preside Domenico Aversano a metterci la faccia in un curioso botta e risposta tra i commenti in calce all'articolo pubblicato sulla pagina Facebook del Messaggero: «Siamo ben consapevoli della responsabilità del custode e, in caso di furti o danneggiamenti, la scuola non si sarebbe tirata indietro. Le faccio presente che in una collettività organizzata le regole sono indispensabili per il buon vivere civile, altrimenti saremmo tutti vittime della sopraffazione altrui. Cordiali saluti».

LE CHAT
Quanto al genitore, se si aspettava man forte da parte delle altre famiglie si è dovuto ricredere. Il suo lunghissimo messaggio si è propagato alla velocità della luce di chat in chat, tra genitori e ragazzi. Commenti? Non se ne ha notizia. Tipico delle chat quando qualcuno va sopra le righe. Anche perché nessuno, ma proprio nessuno, se la sente di contestare la decisione dell'istituto. Neppure il genitore in questione, paradossalmente. «Mi preme sottolineare che sono d'accordo circa l'inutilizzo del telefono in classe - ha scritto nel messaggio - ma mia figlia si è rifiutata di consegnare il telefono in quanto nessun professore si è reso disponibile ad assumersi la responsabilità per un oggetto che teneva in custodia. Da buoni italiani, se succede qualcosa, un furto, uno smarrimento o una rottura, la colpa non sarebbe stata di nessuno ed in tal caso lo studente avrebbe dovuto semplicemente ricomprarselo, a danno delle famiglie come noi che fanno quotidianamente sacrifici per mandare i propri figli a scuola e crescerli nel migliore dei modi».

LA CIRCOLARE
Ma era proprio questo il senso di quella circolare: «Aiutare i ragazzi a crescere», come ha scritto la vicepreside in una lettera aperta a famiglie e ragazzi. «Quello che è accaduto non ha senso - scrive Marina Santoro - Invece quando mi interrogo, come insegnante, su quale sia il ruolo della scuola, la risposta è univoca: dare lezioni di senso». «Ma quella circolare, così importante e così impattante sulla vita dei nostri ragazzi - dice un altro genitore - forse andava comunicata e condivisa meglio con le famiglie. E' stata adottata venerdì, sabato non si va a scuola e lunedì i ragazzi si sono trovati davanti all'obbligo di consegnare i cellulari. Noi genitori non abbiamo avuto il tempo di fare la nostra parte, spiegare, chiarire».
 

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