Il business di famiglia in un master europeo della Luiss

Il business di famiglia in un master europeo della Business School Luiss (nella foto, Villa Blanc)
di Roberta Amoruso
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Giovedì 31 Gennaio 2019, 11:20 - Ultimo aggiornamento: 4 Febbraio, 00:46

Domani, 1° febbraio, l’inaugurazione della seconda edizione del corso di Family Business Management della Business School. Ad aprire i lavori fissati alle ore 10 sarà il rettore Andrea Prencipe. È previsto l’intervento di Luigi Abete (presidente Business School) e di Vincenzo Boccia (Confindustria). Alla tavola rotonda parteciperanno Fabio Corsico (direttore corso Family Business Management), Gianluca Giraudi (Kélémata e Orlane), Patrizia Grieco (Enel), GianMaria Gros-Pietro (Intesa), Paola Severino (vice-presidente Luiss), Paolo Boccardelli (direttore Business School), Antonio Giangreco (IÉSEG School). 

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Spingere sulle nuove generazioni, tra tradizione e la necessaria innovazione, ma anche creare un'ecosistema, tra imprese familiari, università, incubatori e start-up, che consenta di sviluppare un business sempre più 4.0 è un po' la sfida per eccellenza delle imprese familiari. Non soltanto delle Pmi italiane, che da sempre rappresentano la spina dorsale della nostra economia (l'85% del tessuto) e che più di altre imprese hanno retto alla crisi, visto che a distanza di dieci anni il tasso di crescita dei ricavi (diminuito dal 9,3% al 6,5%), rimane comunque superiore a quello delle aziende non familiari (sceso dal 7,9% al 5,5%).

Le imprese che hanno radici nel business di famiglia sono una bella fetta anche in Francia (l'83% secondo i dati Aidaf-EY), patria di big come L'Oréal, Lvmh e Kering, e in Germania (il 79%). Hanno questa forma anche l'85% delle aziende in Cina, e ben nove su dieci (il 90%) delle imprese in Brasile, ben lontano dalla fotografia scattata invece in India (il 67%). E se dunque il business di famiglia è un Dna comune a molte economie, deve essere una sfida comune anche quella di puntare sull'innovazione e sulla caccia ai talenti per battere l'aumento della concorrenza e le pressioni sui profitti.
Ecco perchè la seconda edizione del corso di Family Business Management della Business School della Luiss nasce nel segno di una partenership con la IÉSEG School of management di Parigi. Una promessa mantenuta per chi questo progetto l'ha ideato e visto crescere.
 




LA STRATEGIA
«Dopo il successo dell'anno scorso ci tenevamo a spingere il progetto verso una dimensione sempre più internazionale», spiega Fabio Corsico, direttore delle relazioni esterne e public affairs e sviluppo del Gruppo Caltagirone, ideatore e direttore del corso. «Quest'anno saranno sviluppati due moduli (in Corporate finance e Competitive strategy e business model), a Parigi e Lille, nei quali saranno analizzati casi di eccellenza del business familiare in Francia e messi a confronto con quelli italiani. È solo l'inizio della costruzione di una collaborazione internazionale che l'anno prossimo potrà arrivare anche in Spagna», annuncia Corsico.
L'obiettivo è chiaro: fornire a figli di imprenditori che intendono occuparsi del business di famiglia, ma anche a manager che aspirano a guidare questo tipo di impresa o che già lo fanno, tutti gli strumenti per affrontare il passaggio generazionale, visto che la metà delle imprese deve ancora farlo. Ma anche tutti gli strumenti per cogliere al meglio le opportunità di crescita (oltre che per gestirne i rischi), e per farlo con lo sguardo tutto puntato alla dimensione internazionale. Perché creare un'ecosistema tra imprese, università e start-up anche all'estero può fare la differenza nella storia di un'impresa cresciuta all'ombra di più generazioni.


Il TEAM
Tra le novità della seconda edizione, c'è anche la giusta dose di visione internazionale. Negli undici moduli (di cui quattro in inglese) cadenzati in altrettanti week-end da febbraio al 6 luglio, si aggiungono capitoli dedicati anche al mondo no-profit, al ruolo delle Fondazioni e alla rotta verso la sostenibilità. Un'altra promessa mantenuta è l'allargamento del numero dei posti riservati, da 25 a 30, accompagnato anche dall'incremento delle Borse di studio.
Infine, il nuovo assetto dell'Advisory board del progetto presieduto da Gian Maria Gros-Pietro: entrano figure internazionali come Bernard Spitz e Antoine Flamarion, presidente di Tikehau Capital.

E poi, Pierre Guerin, direttore del family office di Decathlon e Barthelemy Guislain, direttore del family office di Afm/Mulliez Family, accanto al presidente di Bnl, Luigi Abete; il numero uno di Confindustria, Vincenzo Boccia, l'ad del Messaggero, Azzurra Caltagirone, il presidente di CC e Soci, Claudio Costamagna, il presidente del corporate di Citi, Luigi de Vecchi, l'avvocato Franco Gianni, il ceo Italia e Managing partner Italia, Spagna e Portogallo EY, Donato Iacovone, l'ad di Credit Suisse Italia, Federico Imbert, il presidente della Luiss e presidente dell'Eni, Emma Marcegaglia, l'ad di Mps, Marco Morelli, l'ad di Cdp, Fabrizio Palermo, l'ad di Edizione Holding, Marco Patuano, l'ad di De Agostini, Lorenzo Pelliccioli, il presidente di Sigaro Toscano e partner di Egon Zehnder, Aurelio Regina, l'imprenditore Pietro Salini e il managing director di Korn Ferry, Maurizia Villa. Nel pool di docenti in prima linea con de Vecchi, Villa e Gianni anche Massimo Lapucci, presidente di Efc e segretario generale della Fondazione Crt, Dario Scannapieco vice-presidente Bei, Raffaele Oriani (docente della Luiss e della Luiss Business School); quindi Marcella Panucci, dg di Confindustria, Raffaele Oriani, docente di corporate finance alla Luiss, Roberto Italia, ad di Space 3 e presidente di Avio e Anna Zanardi Cappon, consulente di coaching per grandi multinazionali (International Board Advisor).

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L'INTERVISTA
«Lo scambio Roma-Parigi accrescerà le Pmi, 
le aziende italiane devono fare più sistema»


Professor Antonio Giangrieco, docente di Relazioni internazionali presso la IÉSEG School of management di Parigi (nella foto), da cosa nasce l’idea di una partnershipuniversitaria tra ItaliaeFrancia?
«È importante per una business school come la IÉSEG avere un progetto con una università del prestigio e con legami che ha la Luiss. Inoltre, sia l’Italia che la Francia si reggono sulle imprese familiari. È dunque cruciale avere uno scambio di visioni, esperienzeediapproccidiversi».

Condividere vuol anche dire trovare delle strade comuni? «Certo. Perché le imprese familiarinonhanno incomune solo la sfida del passaggio generazionale. Alle spalle c’è un decennio che ha vistoun tasso incredibile dimortalità delle Pmi. Inoltre, la globalizzazione ha sottoposto le Pmi a pressioni inimmaginabili solo30anni fa».

Cosa hanno da imparare le imprese familiari italiane dalle francesi? «Le nostre Pmi possono certamente dare lezione quando si parla di creatività e innovazione, ma non sanno fare sistema come le francesi.
Questo contamolta anche nelle

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