Autonomia, Svimez: al Sud 200 ore di scuola in meno. Regioni del Sud penalizzate su mense, palestre e tempo pieno

Il direttore Luca Bianchi: «La riforma rischia di accentuare ancora i divari»

Autonomia, Svimez: al Sud 200 ore di scuola in meno. Regioni del Sud penalizzate su mense, palestre e tempo pieno
di Luca Cifoni
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Sabato 11 Febbraio 2023, 00:23 - Ultimo aggiornamento: 00:25

L’Italia della scuola è pericolosamente divisa in due. E con l’autonomia differenziata la frattura potrebbe diventare ancora più profonda. La fotografia delle attuali diseguaglianze è apparsa in tutta la sua nitidezza nel convegno “Un paese due scuole”, promosso dalla Svimez (Associazione per lo sviluppo industriale del Mezzogiorno) insieme a L’Altra Napoli onlus.

I livelli essenziali/ L’autonomia e l’ombra di una nuova tassazione

«Il quadro che emerge, e che rischia di rafforzarsi ancor più se passano le proposte di autonomia - avverte il direttore della stessa Svimez Luca Bianchi - è quello di adattare l’intensità dell’azione pubblica alla ricchezza dei territori, con maggiori investimenti e stipendi nelle aree che se li possono permettere, pregiudicando la funzione principale della scuola, che è quella di fare uguaglianza».


I SERVIZI
Le differenze si misurano soprattutto guardando alla presenza effettiva a scuola e quindi alla possibilità di fruire di servizi come la mensa e il tempo pieno.

Al Sud e nelle isole sono 650 mila, pari al 79% del totale, gli alunni delle primarie che non hanno alcun servizio mensa. Più nel dettaglio, in Campania i bambini senza mensa sono 200 mila (87%), in Sicilia 184 mila (88%), in Puglia 100 mila (65%), in Calabria 60 mila (80%). Nel Centro-Nord invece gli studenti che si trovano in questa condizione sono 700 mila, il 46% del totale.


La conseguenza è che solo il 18 per cento degli alunni del Mezzogiorno accede al tempo pieno, mentre al Centro-Nord la percentuale è del 48%. Al Sud c’è una sola Regione che si attesta su questi valori, la Basilicata. Ma il quadro nazionale non è omogeneo: anche al Centro esistono Regioni con un’incidenza relativamente bassa del tempo pieno: si tratta dell’Umbria e delle Marche, rispettivamente con il 28 e il 30 per cento. In fondo alla classifica si sono Molise e Sicilia, in testa invece Toscana e Lazio: vuol dire che un bambino nato a Napoli può frequentare in media 200 ore di scuola in meno all’anno rispetto a un suo coetaneo di Firenze.
La situazione non cambia di molto se si guarda alla presenza di palestre. Nelle Regioni meridionali sono 550 mila, ovvero due su tre, gli allievi delle primarie costretti a studiare in una scuola che ne è sprovvista. In Calabria la percentuale sale all’83%, mentre al Centro Nord i bambini che scontano questa lacuna del sistema educativo sono uno su due. Quindi si tratta di una criticità diffusa in tutto il Paese, ma ancora una volta con una penalizzazione particolare per il Mezzogiorno. La mancata attività fisica a scuola, unita ad altri fattori di diseguaglianza socio-economica, si riflette sulle condizioni di vita dei minori: nel Meridione uno su tre nella fascia tra 6 e 17 anni è sovrappeso, mentre al Centro-Nord questa situazione riguarda uno su cinque. Più in generale, è vistosa anche la distanza tra gli abitanti delle due Italie in termini di aspettativa di vita.


LO SPOPOLAMENTO
Dietro questi numeri ci sono quelli dell’impegno finanziario dello Stato per la scuola. Di nuovo: il calo è generalizzato ma più marcato in alcune aree del Paese. Tra il 2008 e il 2020, la spesa complessiva in termini reali si è ridotta del 19,5% al Sud, oltre 8 punti percentuali in più del Centro-Nord. Ancora più evidente risulta il differenziale a svantaggio del Sud nel calo della spesa per investimenti, calati di quasi un terzo contro il 23% nel resto del Paese. E sullo sfondo risalta anche il tema demografico. Lo spopolamento riduce gli studenti, facendo calare però anche l’offerta di istruzione in una sorta di circolo vizioso. Tra il 2015 e il 2020 il numero di studenti del Mezzogiorno (dalla materna alle superiori) si è ridotto di quasi 250.000 unità. Al Centro Nord (che ha il doppio degli abitanti) il calo è stato di “soli” 75 mila.
 

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