A generarlo «deve essere stata l'esplosione di una supernova, non abbastanza vicina per ucciderci ma non troppo lontana perché i suoi effetti venissero diluiti nello spazio» spiega il fisico nucleare Dominik Koll, che ora lavora presso l'Australian National University. La stazione Kohnen in Antartide dove è stata prelevata la neve (fonte: Martin Leonhardt/Alfred-Wegener-Institut) L'ipotesi elaborata dal suo gruppo di ricerca sostiene che la Terra abbia raccolto delle particelle errabonde durante il suo viaggio nella Nube Interstellare Locale, una nube estesa per circa 30 anni luce attraverso la quale si sta muovendo attualmente il Sistema solare.
In questa regione il mezzo interstellare è più denso rispetto alla media e contiene molte bolle di polvere.
L'idea degli astronomi è che si sia formata dopo che l'onda d'urto prodotta dall'esplosione di una supernova ha compresso e ionizzato il gas nel mezzo interstellare. In quest'ottica, il Ferro-60 potrebbe collocarsi ai bordi della nube, pertanto qualsiasi cambiamento nell'abbondanza del radioisotopo in Antartide potrebbe indicare che la Terra stia superando il confine della Nube Interstellare Locale.
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