Samantha Cristoforetti si allena in fondo al mare con la missione Neemo per tornare nello spazio

Samantha Cristoforetti si allena in fondo al mare con la missione Neemo per tornare nello spazio
di Paolo Ricci Bitti
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Martedì 18 Giugno 2019, 11:03
Le vie dello Spazio sono infinite al punto da spingere una montanara dura e pura, nonché pilota di caccia dell'Aeronautica militare, a inabissarsi nelle profondità dell'oceano Atlantico. È Samantha Cristoforetti, la prima astronauta italiana: per fare di nuovo rotta verso le stelle è immersa dalla scorsa settimana nelle acque davanti a Key Largo (Florida) dove, a quota meno 20 metri, è ormai da vent'anni ancorata la stazione laboratorio sottomarina Aquarius del progetto Neemo, ovvero Nasa extreme environment mission operations, con tanto di omaggio a Jules Verne, amatissimo dagli astronauti.


Gabriele Mascetti

«Per di più - spiega Gabriele Mascetti, ingegnere dell'Agenzia spaziale italiana, responsabile del settore Volo umano e Microgravità - Samantha, 42 anni, è stata nominata comandante della missione Neemo 23 così come era accaduto a Luca Parmitano nel 2015 con la Neemo 20 nel 2015, un privilegio e soprattutto una responsabilità finora ad esclusivo appannaggio di italiani: nessun altro astronauta europeo è stato finora scelto dalla Nasa per guidare queste missioni ad altissimo livello di tecnologia. Segno che l'agenzia spaziale statunitense tiene in alta considerazione la professionalità e le doti di leader degli astronauti italiani, tanto che Parmitano nei prossimi mesi sarà il primo italiano a diventare comandante di missione sulla stazione spaziale internazionale, un precedente di prestigio che potrebbe anticipare lo stesso scenario per la Cristoforetti fra qualche anno. Del resto l'Asi è la seconda agenzia finanziatrice dell'Esa per l'esplorazione umana dello spazio, con l'Italia che ha avrà un ruolo determinante anche nella prossima stazione Lunar Orbital Platform-Gateway che verrà costruita dal 2020 tra la Terra e la Luna».



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Perché allora sprofondare negli abissi oceanici se la prua delle prossime esplorazioni spaziali è diretta verso Luna e Marte?
«È la cosiddetta strategia degli analoghi. Sono ancora tantissime e senza risposte certe le domande sulla partecipazione dell'uomo ai viaggi spaziali o alla permanenza in basi extraterrestri, soprattutto in caso di lunghi periodi: un viaggio verso Marte, ad esempio, durerà almeno 8 mesi a tratta, con una sosta di due anni sul pianeta rosso. Così ormai da decenni si cerca di riprodurre sulla Terra le condizioni il più possibile simili, o che si presume simili, a quelle che attendono i futuri esploratori».

Ma l'uomo è già stato sulla Luna e ha anche abitato con turni di un intero anno sulle stazioni spaziali in orbita.
«Sì, ma le missioni Apollo sulla Luna (a 400mila chilometri dalla Terra) si risolvevano in una settimana, mentre l'Iss - dove Samantha è stata 199 giorni fra il 2014 e il 2015 - orbita ad appena 400 chilometri dalla Terra, insomma, la distanza tra Bologna a Roma. Fra il nostro pianetae Marte ci sono invece in media 225 milioni di chilometri, con un massimo di 402 milioni e un minimo di 54 milioni. Si capisce che con queste cifre ci apprestiamo ad affrontare situazioni completamente nuove, soprattutto se si pensa a una base permanente sulla Luna o su Marte».

E allora ci si addestra sott'acqua?
«Sì, ma non solo. Nel corso degli anni gli analoghi si sono moltiplicati e perfezionati. Si compiono voli parabolici per guadagnare a ogni culmine venti secondi di assenza di peso durante i quali imparare a fluttuare. Oppure si cercano scenari in cui la morfologia del terreno sia simile a quella lunare o marziana: se ne trovano in Islanda, alla Canarie, in deserti americani o alle Hawaii. Anche a Torino, all'Altec, hanno ricostruito un appezzamento marziano per imparare a guidare il rover Rosalind della missione Exomars in cui l'Italia gioca un ruolo determinante. Oppure si cerca l'isolamento nelle grotte, dove ci si addestra a sopportare la modifica dei ritmi circadiani (il nostro orologio interno basato sulle 24 ore e sull'alternanza di luce e buio) che nello spazio perdono i punti di riferimenti messi a punto nei millenni».

Per non dimenticare il Polo Sud?
«Già, il posto più isolato del mondo. La base Concordia può ben essere considerata una base su un altro pianeta viste le condizioni estreme affrontate dall'equipaggio che per di più è internazionale come quello dell'Iss, perché un'altra determinante lezione che ci arriva dalla preparazione delle future missioni di esplorazione è che nello spazio bisogna fare squadra, bisogna dimenticare i confini che ci siamo dati sulla Terra e considerarci un unico equipaggio del pianeta Terra».

Anche la Cristoforetti, dell'Esa, in questi giorni è alla guida di un gruppo internazionale?
«Con lei ci saranno la candidata astronauta americana Jessica Watkins, 29 anni (una geologa assai tosta, già nazionale Usa nel rugby seven, ndr), i ricercatori marini Shirley Pomponi e Csilla Ari D'Agostino, e due tecnici professionisti dell'habitat, Mark Hulsbeck e Thomas Horn. La vita laggiù è simile in tutto e per tutto a quella sull'Iss in orbita: si fanno test in ogni settore della conoscenza, dalla biologia alla chimica alla medicina, mentre l'equipaggio, a sua volta cavia di test medici, si abitua alla convivenza in ambienti angusti, alla suddivisioni dei compiti, al rispetto dei tempi strettissimi per ogni test. Alla Cristoforetti il compito assai impegnativo di far marciare tutto in ordine e di ottenere il meglio da ogni compagno: servono davvero doti da leader».

Non mancano le Eva, le attività (passeggiate) extra veicolari?
«Sono le più attese perché sott'acqua si riesce a ricreare in maniera molto plausibile l'assenza di peso che poi si affronta in orbita. Si riproducono fedelmente anche le forti difficoltà causate dall'uso delle tute spaziali che limitano molto i movimenti. Ma almeno, in quelle lunghe 9 ore di passeggiata, ci si trova nell'oceano, in uno scenario colorato, in mezzo ai pesci, e non nell'ambiente asettico delle enormi piscine della Nasa in cui sono stati immersi simulacri dell'Iss per l'addestramento appunto alle Eva».
Dalla stazione sottomarina Aquarius ci si allena anche a tenere i contatti con Marte?
«Sì, lo stesso Parmitano simulò di parlare da Marte e non dal fondo dell'oceano: il che, data la distanza con la Terra, richiede un'attesa di 20 minuti per ogni comunicazione. Ovvero, se le domando: Come sta? tra domanda e risposta passano 40 minuti. Chiaro che in caso di emergenze vanno riviste tutte le procedure che richiedono il sostegno della stazione di controllo sulla Terra. In altre parole l'astronauta su Marte dovrà arrangiarsi da solo».
 
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