Nuova scoperta sui lampi gamma: come muore una stella gigante

Rappresentazione artistica delle prime fasi dell’esplosione avvenuta nel caso di GRB 171205A/ SN 2017iuk
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Mercoledì 16 Gennaio 2019, 20:10 - Ultimo aggiornamento: 17 Gennaio, 15:13
In pochi secondi emettono un’energia equivalente a quella prodotta da tutte le stelle nell’Universo. Sono i cosiddetti lampi di raggi gamma. Eventi catastrofici, esplosioni più energetiche e violente dell’universo dopo il Big Bang, chiamati anche Grb, dall'inglese Gamma ray burst.

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Dopo il quasar più luminoso dell'Universo, che ha visto tra i protagonisti l'astrofisico italiano Fabio Pacucci,  un'altra scoperta da poco apparsa sulla rivista Nature, porta la firma di un altro gruppo di scienziati del nostro Paese. E' la volta di Luca Izzo, dell’Instituto de Astrofísica de Andalucía e associato Inaf presso l’Osservatorio di Capodimonte a Napoli. Izzo ha fatto parte di un gruppo di scienziati che lo scorso dicembre ha osservato uno dei più vicini lampi di raggi gamma mai osservati prima, associato alla supernova SN 2017iuk. L'oggetto è stato battezzato col nome della data della scoperta, GRB 171205A, ed è stato individuato grazie al telescopio spaziale Swift in una galassia distante circa 500 milioni di anni luce da noi. Si tratta del quarto GRB più vicino tuttora conosciuto.

«I GRB lunghi -spiegano i ricercatori dell'Inaf- sono associati ad una particolare classe  di esplosioni di Supernovae. Una stella di almeno 30 masse solari, giunta alla fine del suo ciclo evolutivo, collassa su se stessa, così da formare una stella di neutroni o un buco nero. Allo stesso tempo due getti di materia vengono espulsi dai poli del residuo stellare. Questi getti riescono a “perforare” l’interno della stella fino agli strati più esterni, producendo radiazione di tipo gamma. Gli strati esterni della stella vengono così espulsi , generando l’emissione di ipernova, circa 10 volte più energetica di una tipica supernova».

«Questo lavoro -interviene  Luca Izzo- ci ha permesso di trovare alcune delle tessere mancanti del mosaico, attraverso l’identificazione di un’ulteriore componente di emissione: un bozzolo (cocoon) molto caldo che si forma attorno al getto mentre si propaga attraverso gli strati più esterni della stella progenitrice del GRB. Il jet trasferisce una parte significativa della sua energia totale al bozzolo e solo se riesce a perforare completamente la fotosfera della stella produrrà la tipica emissione in raggi gamma che conosciamo tutti come un GRB».


(L'astrofisico Luca Izzo)

I ricercatori coinvolti nella scoperta  appartengono a 13 differenti Paesi, inclusi i ricercatori dell'Istituto nazionale di astrofisica (Massimo Della Valle, Sergio Campana, Stefano Covino, Silvia Piranomonte, Andrea Rossi e Ruben Sanchez Ramirez) e gli altri italiani che lavorano in istituti esteri come Daniele Malesani (DAWN Institute, Danimarca), Giovanna Pugliese (AI Pannekoek, Olanda) e Susanna Vergani (Obs. de Paris, Francia).
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