Morto Nichi D'Amico: «Era tra i più grandi supporter dell'Einstein Telescope»

Il fisico Michele Punturo
di Michele Punturo *
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Mercoledì 16 Settembre 2020, 13:27 - Ultimo aggiornamento: 14:48
«Una grave perdita per la comunità scientifica italiana e internazionale. Una grave perdita anche per il progetto Einstein Telescope, di cui Nichi si è sempre dimostrato un grande supporter sia scientificamente che nelle azioni».

Michele Punturo ha voluto ricordare così il professor Nichi D'Amico, il presidente dell'Inaf scomparso da pochi giorni. Nel suo intervento il fisico mette in primo piano la realizzazione dell'Einstein Telescope, il progetto mondiale tanto caro allo scienziato scomparso.



(Il professor Nichi D'Amico alla firma per la realizzazione di Ska avvenuta a Roma il 12 marzo del 2019)


In un mondo sconvolto dalla pandemia COVID-19, lo sguardo di intere nazioni e dei loro governanti si rivolge verso i maggiori laboratori di ricerca pubblici e/o privati nella speranza di ottenere soluzioni rapidamente, una cura o ancora meglio un vaccino, che possa allontanare l’incubo di un altro inverno in clausura. I grandi laboratori non sono altro che delle “Infrastrutture di Ricerca”, sempre più la cornice fondamentale all’interno della quale avvengono oggigiorno le scoperte scientifiche. Le Infrastrutture di Ricerca, infatti, mettono a disposizione competenze, multidisciplinarietà, mezzi tecnici e finanziari, organizzazione e programmazione, necessari a garantire le ricerche più ambiziose e di lungo termine non più alla portata dello scienziato, nella visione un po’ romantica, che lavora da solo nel suo piccolo laboratorio.

La ricerca
La ricerca attuale necessita un approccio collaborativo, composto da teams di scienziati e tecnici, spesso con competenze diverse e sinergiche, che possano avere a disposizione i più moderni mezzi di indagine e il tempo necessario per portare a termine il proprio difficile compito: non solo ottenere il risultato della propria ricerca, ma far fare a tutta l’umanità un passo avanti, piccolo o grande, nel cammino della conoscenza. La scuola e la formazione sono l’essenza vitale di tutto ciò, perché solo tramite esse si può essere sia consapevoli dell’importanza della ricerca e del suo impatto sulla vita di tutti i giorni, sia esserne elementi attivi. La ricerca fondamentale è invece la prima grande ruota dentata di questo meccanismo complesso che è alla base delle società moderne, le società della conoscenza.


(Michele Punturo durante un incontro sulle onde gravitazionali)

I tempi lunghi
La ricerca fondamentale ha tempi lunghi, decenni, ed è mossa dalla curiosità, dalla voglia di sapere, dal non voler “vivere come bruti”. Sul progresso di questo primo ingranaggio si innesta la ricerca applicata, la seconda ruota dentata, un po’ più piccola, che ruota più velocemente, i cui tempi sono pluriannuali, volta a capire come applicare le scoperte fondamentali per comprendere meccanismi e delineare possibili soluzioni a problemi specifici. Finalmente c’è la ricerca industriale, l’ingegnerizzazione della soluzione e la produzione, l’ultimo degli ingranaggi, il più veloce, quello che noi “consumatori” vediamo, il cui funzionamento è però impossibile o infruttuoso se mancano gli altri due. Se vogliamo fare un esempio, cosa c’è di più fondamentale della ricerca sul funzionamento dell’Universo, capire quali sono le leggi che regolano la sua evoluzione e la sua espansione.

Albert Einstein e la lungimiranza
Albert Einstein ci ha regalato la Teoria della Relatività Generale, cioè la più solida teoria della gravitazione che abbiamo, la quale ci descrive l’attrazione fra i corpi non come una forza (cioè come l’aveva descritta Newton), ma come puro effetto della geometria dello spazio-tempo, cioè della sua curvatura. Questa curvatura influenza anche lo scorrere del tempo, più lento dove la curvatura è maggiore. Ok, un bel risultato della ricerca fondamentale, ma a che serve? La seconda ruota dentata, la ricerca applicata, è in questo esempio la ricerca aerospaziale, la realizzazione dei satelliti, dotati di orologi atomici, che, orbitando intorno alla terra, oltre a provare che Einstein aveva ragione (zio Albert ha spesso ragione) costituiscono la base di uno dei prodotti industriali di maggior successo, il GPS, che noi tutti oramai utilizziamo per i nostri spostamenti e che è alla base della navigazione commerciale. Senza la comprensione dell’interazione tempo-curvatura data teoria della relatività generale di Einstein, il sistema GPS non funzionerebbe.


(Un rendering dell'Einstein Telescope)

I grandi impianti della fisica
La ricerca fondamentale ha spesso bisogno di grandi infrastrutture di ricerca; sarebbe impossibile indagare la natura più intima della materia, scendendo fino ai suoi elementi più fondamentali, i Quark, senza una grande infrastruttura di ricerca come il CERN di Ginevra e LHC. Non potremmo estendere lo sguardo verso gli angoli più remoti dell’universo, senza i grandissimi telescopi dell’ESO (European Southern Observatory) in Cile. Queste infrastrutture di ricerca hanno ovviamente un grande impatto sul progresso della scienza, ma hanno anche un grande impatto socio-economico. Esse infatti necessitano di grandi opere di ingegneria civile per essere realizzate, richiedendo ditte all’avanguardia e maestranze specializzate. Richiedono alle industrie fornitrici nuovi prodotti, spesso non presenti sul mercato, costringendole a produzioni innovative. Nella loro fase operativa, stimolano la crescita di un tessuto industriale nel loro intorno, rivolto alla manutenzione e alle forniture. Gli scienziati e i tecnici che ne usufruiscono in loco hanno anch’essi un grande impatto sociale ed economico. Infatti essi costituiscono una comunità internazionale e hanno esigenze di servizi qualificati, dalla formazione scolastica per i propri figli, ai sistemi di comunicazione, alloggio. L’OCSE stesso valuta e riconosce in molte sue pubblicazioni l’impatto socio-economico delle infrastrutture di ricerca.

Il Cern e Fabiola Gianotti
Gli scienziati italiani sono molto spesso attori di primo livello in queste infrastrutture di ricerca internazionali. Ad esempio, la direttrice del CERN, Fabiola Gianotti, è italiana come anche i leader di molti esperimenti al CERN. La nostra scuola e le nostre università sono in grado di formare ricercatori di grandissimo livello, che spesso però trovano la propria realizzazione lavorativa al di fuori dei confini nazionali. Questo non sarebbe di per sé un problema, se ci fosse un flusso nella direzione opposta, se attraessimo altrettanti scienziati e menti brillanti in Italia. Ma non è così e molteplici sono le ragioni. La più appariscente è forse la scarsezza di grandi infrastrutture di ricerca in Italia. Il nostro paese ha investito troppo poco in ricerca e ha programmato troppo poco per poter offrire una moltitudine di opportunità a ricercatori internazionali. Ma ci sono delle eccezioni. Grazie alla visione di un grande e compianto scienziato Italiano, Adalberto Giazotto, e alla lungimiranza di un grande istituto di ricerca pubblico, l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), l’Italia ospita l’interferometro Virgo, uno dei tre rivelatori di onde gravitazionali al mondo che finora sono stati in grado di “ascoltare” le onde gravitazionali provenienti da grandi cataclismi cosmici, come la fusione di buchi neri e stelle di neutroni. Gli altri due rivelatori sono negli stati uniti e costituiscono la collaborazione LIGO. Virgo è nato prima come collaborazione bi-laterale tra l’INFN italiano e il CNRS francese e ora attira continuamente sulla sua sede a Cascina, vicino Pisa, scienziati da Francia, Olanda, Belgio, Spagna, Polonia, Germania e Ungheria. I successi scientifici di questa infrastruttura di ricerca sono di livello globale, avendo contribuito al premio Nobel in Fisica del 2017 e avendo collaborato all’avvio di un nuovo modo di indagare l’universo: l’astronomia multimessaggera. L’impatto economico sul territorio circostante è stato rilevante, testimoniato dalle attenzioni delle autorità e comunità locali.


(Fabiola Gianotti, direttore generale del Cern)

L'Einstein Telescope
Questo settore della ricerca, l’osservazione delle onde gravitazionali, è attualmente probabilmente il settore più dinamico e promettente di nuove scoperte dell’astrofisica e della fisica in genere. Per questo motivo ci sono in cantiere progetti internazionali per la realizzazione di una nuova generazione (la terza) di osservatori di onde gravitazionali e il progetto più avanzato è l’Einstein Telescope (ET, http://www.et-gw.eu/). ET sarà una grande infrastruttura di ricerca, costruita sottoterra, avente forma di un triangolo equilatero di 10km circa di lato. ET promette di osservare la coalescenza di buchi neri sin dall’inizio dell’universo e di osservare in dettaglio la fusione di stelle di neutroni. Questo avrà impatto su settori dell’astrofisica, della cosmologia, della fisica nucleare e fondamentale e ci permetterà di capire meglio l’evoluzione dell’Universo. Il suo impatto sarà però anche socio-economico, sia nella fase di costruzione, dove si calcola la creazione di posti di lavoro per migliaia di persone delle maestranze, sia nella fase operativa, quando, oltre alla comunità di circa 160 tra scienziati, ingegneri, tecnici e amministrativi che popoleranno l’infrastruttura di ricerca, si aspettano centinaia di scienziati in visita ogni anno. Nell’ambizione dei proponenti, tra cui il sottoscritto, ET sarà, fatta l’opportuna scala, il CERN per le onde gravitazionali. L’Italia ha tutti i numeri per ospitare Einstein Telescope, i nostri scienziati sono leader a livello europeo e co-leader a livello mondiale nello specifico settore scientifico; come detto prima, Virgo è un esempio di quello che siamo in gradi di fare. L’Italia ha probabilmente il miglior sito dove ospitare ET; infatti ET richiede un sito sismicamente quieto e a bassa densità abitativa, per mantenere basso il disturbo arrecato dal rumore ambientale alla sua capacità di sentire i flebili segnali provenienti dallo spazio.


(Una veduta dall'alto di VIrgo, l0interferometro italiana che va a caccia di onde gravitazionali, si trova a Cascina in provincia di Pisa)


Gli scienziati italiani
Gli scienziati italiani dell’INFN, dell’INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia), dell’INAF (Istituto Nazionale di Astrofisica) e delle Università di Sassari e di Cagliari stanno attualmente qualificando un sito in Sardegna, in provincia di Nuoro che ha eccellenti caratteristiche ambientali, le migliori sperabili per ET. Da uno studio di impatto socio-economico condotto dal team del prof. Luca Deidda, dell’Università di Sassari, ET garantirebbe un ritorno economico (total output) di circa 3.6€ per ogni euro investito nella sua costruzione in Sardegna. Einstein Telescope in Sardegna combacerebbe inoltre, con molte delle raccomandazioni europee più volte date da Bruxelles all’Italia su come investire i fondi strutturali europei: ridurre il divario dell’investimento in ricerca in Italia, realizzare infrastrutture, ridurre il digital divide, migliorare le performance di amministrazioni locali, investire al Sud per ridurre il gap economico e tecnologico di alcune regioni italiane. ET potrebbe probabilmente essere sostenuto con il Recovery Fund dovuto alla pandemia, rispettando pienamente i vincoli europei.

La Sardegna
È ovvio che un simile progetto non è d’interesse solo dell’Italia, ma il team di scienziati e di istituti di ricerca che sostengono ET ha radici in Olanda, Spagna, Belgio, Germania, Polonia, Francia, Regno Unito e Ungheria. E la Sardegna non è il solo posto candidato: un sito nella Euroregione Mosa-Reno, al confine tra Olanda, Belgio e Germania è stato proposto in competizione al sito sardo. Il governo Italiano, attraverso il Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR) si appresta a guidare la proposta di ET per l’aggiornamento della cosiddetta roadmap ESFRI, cioè lo scenario delle future maggiori infrastrutture di ricerca in Europa, dipinto da questo comitato (ESFRI, European Strategic Forum for Research Infrastructures), ottimo passo, ma una sinergia di azione sarà necessaria a livello nazionale, a livello regionale e locale, fra diverse istituzioni e diversi attori, se vogliamo portare questa infrastruttura in Italia. La palla è in nostro possesso, sta al sistema Italia (e al sistema Sardegna) fare rete.

Michele Punturo, classe 1965, è laureato in Fisica. Attualmente lavora all’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. Ha collaborato allo sviluppo del rivelatore di onde gravitazionali Virgo, ricoprendo incarichi in diversi settori. Ha partecipato alla prima rivelazione delle onde gravitazionali nella collaborazione LIGO-Virgo, scoperta premiata con il Premio Breakthrough nel 2016 e con il Nobel in Fisica nel 2017. Punturo guida a livello globale le attività indirizzate allo sviluppo di futuri osservatori di onde gravitazionali. Nel 2007 ha proposto e poi coordinato (dal 2008 al 2011) il disegno dell’osservatorio di terza generazione di onde gravitazionali Einstein Telescope, adesso diventato un articolato progetto a livello mondiale.

 
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