Erasmo Recami, il fisico che prima di Sciascia aveva raccolto testimonianze e racconti sulla scomparsa di Ettore Majorana morto in Brasile

Erasmo Recami (Foto O.Mauro)
di Enzo Vitale
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Giovedì 15 Luglio 2021, 16:30 - Ultimo aggiornamento: 20 Febbraio, 00:00

Prima di Leonardo Sciascia e di qualunque altro. Erasmo Recami, fisico teorico nato a Milano nel 1939, guarda caso un anno dopo dalla scomparsa di Ettore Majorana, è stato sicuramente il "majoranologo" più attivo e più fecondo sul caso che ancora oggi appassiona moltitudini di accademici, scienziati ma anche gente comune.

Stroncato da un infaro, si è spento ieri, 14 luglio, nella città di Campinas, in Brasile, dove viveva con la moglie Marisa De Vasconcelos e il figlio minore Victor.  (L'altro figlio Mimo fa il pilota e gira per il mondo)

A Ettore Majorana Recami aveva dedicato gran parte della sua vita. «Ma era conosciuto soprattutto -commenta l'amico Ettore Rapisarda- per la sua teoria dei "Tachioni", particelle superluminali che viaggiano a velocità maggiori della luce, motivo per cui, nel suo periodo di permanenza a Catania, lo additavamo come "Chiddu ca tacchia"».

L'INTERVISTA MAI SCRITTA

Quattro anni fa, nonostante giacesse su un letto d'ospedale,  volle rispondere lo stesso via audio alla serie di domande che gli avevo posto giorni prima, sempre sull'avvincente quanto misterioso caso di Ettore Majorana. Gli chiesi come e quando si era appassionato alla vicenda del fisico scomparso nel marzo del 1938.

«Credo fosse alla fine del 1968  -commentò sofferente al microfono del suo cellulare-, il periodo della mia permanenza al Dipartimento di Fisica allora ospitato in corso Italia 57 a Catania. Lì rimasi per ben 25 anni. L'anno dopo ebbi la possibilità di conoscere la famiglia Majorana, sia in Sicilia che a Roma. In particolare la sorella Maria Majorana con la quale diventai molto amico. Insieme a lei e alla famiglia, non solo scoprimmo una serie di interessanti documenti e foto che riguardavano Ettore, ma anche un suo epistolario». 

«Ero riuscito ad avere in mano una gran mole di documentazione sullo scomparso tanto che nel 1973, alla richiesta di Leonardo Sciascia, diedi a lui la priorità di attingere di redigere un volume (La scomparsa di Majorana, prima edizione 1975 ndr), procrastinando l'uscita del mio libro di almeno 10/12 anni. Riuscìì però lo stesso a precedere Sciascia scrivendo alcuni articoli su La Stampa.


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LA PUBBLICAZIONE DEL LIBRO

«Dal '73 all'87 -prosegue Recami- uscì il mio libro: Il caso Majorana: epistolario, testimonianze e documenti, il volume contiene quasi tutta la documentazione che può considerarsi attendibile. Lo stesso Sciascia ammise, e lo scrisse pure, che fui proprio io a dare al suo racconto costruito su una finzione letteraria i documenti necessari che si basavano sulla realtà. Sciascia aveva incontrato Emilio Segrè (uno dei Ragazzi di via Panisperna insieme a Edoardo Amaldi, Franco Rasetti e lo stesso Ettore Majorana, ai quali nel 1934 si aggiunsero Bruno Pontecorvo e il chimico Oscar D'Agostino, ndr). Pare che in un pranzo avvenuto in Svizzera Segrè si vantasse di aver realizzato la bomba atomica, e aveva la sua parte di ragione. Al tavolo c'era pure Alberto Moravia che dava di sotterfugio gomitate sotto il desco a Sciascia il quale ne rimase indignato, lo disse anche dopo, e quindi scelse il conterraneo Ettore Majorana come l'esempio dello scienziato che per paura che le nuove scoperte fossero utilizzate a fin di male si ritira. Lo scopo di Leonardo Sciascia era innanzitutto di tipo letterario, ma in questo contesto di finzione e realtà tutto si legava grazie ai documenti forniti da quel giovane professore di Fisica che ero io. Come ho già detto ho dato la priorità a Sciascia in quanto col peso del suo nome poteva rendere noto, molto più di me, la vicenda di Ettore Majorana. Come del resto poi avvenne innescando una serie di polemiche con diversi fisici che avevano conosciuto Ettore, fra cui Edoardo Amaldi, ma credo che il libro che contenga la parte più consistente della documentazione sia quello che ho scritto io».

I Ragazzi di via Panisperna accanto al vecchio Istituto di Fisica ora Ministero dell'Interno


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IL RICORDO DI UN ALLIEVO

Ieri pomeriggio -scrive Salvatore Esposito, allievo di Recami fisico presso l'Infn di Napoli-mi aveva scritto le sue ultime e-mail dal Brasile, dove risiedeva con la moglie Marisa.

Aveva visto che era uscito sugli arXiv un mio articolo di storia della fisica, e subito me ne aveva direttamente chiesto copia, anche se non rientrava nei suoi interessi “diretti”. Dopo qualche ora, dopo averlo letto (nonostante la sua lunghezza), ancora mi scriveva per esprimermi la sua soddisfazione. Lo stesso faceva con articoli di didattica, di ricerca in fisica teorica, e con tutto. Erasmo era fatto così. Quest’ultimo episodio, tra i tanti, rende ben evidente che, se anche io adesso ho diversi interessi, lo devo a lui. E lo devono a lui tanti altri suoi “studenti”, incluso qualcuno che pure ci ha già lasciato. Penso a Giovanni Salesi, che si prodigava come un figlio verso il padre, più che come un collaboratore verso il “professore”: Erasmo riusciva così con tanti di quelli che gli stavano accanto, anche con quelli “a distanza” come me. 

Il suo grande cuore, però, non era affatto aperto solo ai suoi collaboratori, ma veramente a tutti. A partire dai suoi cari, di cui me ne parlava sempre con delicatezza e affetto (e quanto è bello per me ricordare quei momenti di incontro con loro!). A terminare con gli “sconosciuti”: ultimamente era stato inserito “d’ufficio” (insieme con me e tanti altri) in una mailing list di “majoranologi” e, senza mai perdere la pazienza, spesso rispondeva – sempre con estremo garbo – a questioni poste anche molto fantasiosamente, tentando di riportare gli interlocutori sul terreno dei fatti.

In tutto il mondo, il nome di Erasmo è certamente associato a quello di Ettore Majorana, perché se oggi sappiamo cose precise e circostanziate sul grande fisico catanese e sulla sua scomparsa lo dobbiamo a lui, alle sue ricerche e alla sua passione. E qui, il suo garbo naturale era a volte portato a dividere il terreno con la fermezza di chi sentiva il dovere di difendere la memoria di Majorana, contro speculazioni più o meno gratuite. Quanta pena nel constatare che la sua inscalfibile apertura verso gli altri, la condivisione del materiale in suo possesso e dell’intero mondo delle sue conoscenze acquisite, non sempre veniva corrisposta in modo degno! E quanti studiosi possono vantare di avere un “archivio Recami” con tutto quanto lui metteva a disposizione, a volte anche riguardante materiale confidenziale! 

In una delle mie visite di lavoro alla Facoltà di Ingegneria a Dalmine mi recai con due miei studenti, i quali gli chiesero (dopo che Erasmo si era interessato al loro lavoro come a lavoro di premi Nobel) di spiegargli alcune cose di relatività, incluso il paradosso dei gemelli. Fu l’unica occasione che ebbi di vederlo al lavoro come maestro, dei miei studenti certamente, ma anche mio, perché fu lì che devo riconoscere di aver veramente imparato il significato del paradosso dei gemelli… Me ne resi conto subito, sembrando proprio che stesse facendo una lezione a me, che quei diagrammi di Minkowski che usava li conoscevo. Quando, in privato con i miei studenti, pensai bene di dover rendere più accessibile a loro la spiegazione, la pronta risposta di quegli adolescenti fu illuminante: “professore, non occorre: abbiamo capito tutto”. Ed era vero, come me ne sincerai incredulo… I suoi incontri e la sua amicizia con Piero Caldirola, con E.C.G. Sudarshan, e con tanti altri che hanno fatto la fisica del Novecento, aveva evidentemente lasciato un segno indelebile. E tale è stato il segno che ha lasciato anche in me e in tanti altri.

Questo era Erasmo. Non pensavo proprio di doverne parlare al passato.

“Grazie per le cose che sai e scrivi”: sono state le ultime parole che mi hai scritto.
Grazie a te Erasmo, con illimitata riconoscenza.

enzo.vitale@ilmessaggero.it

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