Sciopero dei medici l'1 e 2 marzo: «Lavoro insostenibile, mancanza di tutele e niente indenizzi ai colleghi morti di Covid»

I sindacati: «Vogliamo riappropriarci del nostro ruolo e della nostra dignità professionale per poter curare al meglio i pazienti»

Sciopero dei medici l'1 e 2 marzo: «Carichi di lavoro insostenibili e mancanza di tutele». Prevista una manifestazione a Roma
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Martedì 15 Febbraio 2022, 12:17 - Ultimo aggiornamento: 18:05

Carichi di lavoro definiti ormai insostenibili e adempimenti burocratici legati alla pandemia che richiedono sempre più tempo, sottraendo spazio al contatto con i pazienti. E poi, episodi di violenza in aumento e rammarico e rabbia per l'ultimo «schiaffo» ricevuto, ovvero lo stop del Senato ai ristori per le famiglie dei medici morti per Covid.

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Prima protesta

Cresce il disagio dei camici bianchi sul territorio e si concretizza in una prima protesta: uno sciopero proclamato per l'1 e 2 marzo con la chiusura degli ambulatori dalle sigle Smi e Simet - iniziativa giudicata però inopportuna dalla Federazione dei medici di famiglia Fimmg - mentre mantengono lo stato di agitazione i sindacati Fp Cgil e Snami. Lo sciopero indetto da Smi e Simet riguarderà circa 4mila medici di base, continuità assistenziale, del 118 e ambulatoriali aderenti alle due sigle, che hanno convocato una manifestazione a Roma il 2 marzo.

Il malessere

Il malessere della categoria, denunciano i due sindacati, «è palpabile: carichi di lavoro insostenibili, mancanza di tutele, burocrazia aberrante e non ultimo il mancato indennizzo alle famiglie dei colleghi deceduti per Covid».

Ed ancora: «Scioperiamo anche perché vi è la necessità che vi siano più medici sul territorio: ad oggi nel nostro Paese sono più di tre milioni i cittadini senza medico di famiglia. Le postazioni di guardia medica o vengono chiuse o accorpate per mancanza di personale. Le ambulanze del 118 sono senza medico a bordo». Ed anche lo stato di agitazione dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta della Fp Cgil «non si ferma. È necessario costruire una mobilitazione ampia e partecipata su tutto il territorio nazionale», sottolinea il sindacato. Concorda sulle motivazioni del malessere ma non sulla opportunità di uno sciopero in questo momento, invece, la Federazione dei medici di medicina generale Fimmg: «Uno sciopero non concordato e fatto in un periodo di stato di emergenza per l'epidemia da Covid-19 danneggia solo il cittadino», afferma all'ANSA il segretario generale Silvestro Scotti. «Penso - rileva - che si sarebbero dovute trovare forme di protesta congiunte mirate ad evidenziare, e non a scaricare suoi cittadini, il disagio della categoria medica. Ovviamente siamo d'accordo sulle motivazioni, ma non è il momento di scioperare e ci meraviglia che i soggetti preposti al controllo delle iniziative di sciopero non intervengano».

Scotti ricorda inoltre come nel contratto dei medici vigente sia previsto che «in caso di avvenimenti eccezionali gli scioperi si intendono sospesi e - afferma - lo stato di emergenza per la pandemia è in vigore fino al 31 marzo». Quanto ai numeri dello sciopero proclamato, «potrebbe riguardare fino a 1 medico su 10 di area convenzionata. I due sindacati Smi e Simet - afferma Scotti - contano circa 4mila iscritti». La Fimmg, ricorda, «conta 21mila iscritti, su un totale di circa 34.700 medici iscritti a sigle sindacali, ai quali si aggiungono altri 8mila medici circa non sindacalizzati». A denunciare l'insoddisfazione dei camici bianchi è anche il presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici (Fnomceo) Filippo Anelli, rilevando come ci sia «un forte disagio che i sindacati medici interpretano in maniera diversa sia pure essendo tutti d'accordo sulle motivazioni di base». I medici «sono in sofferenza per il mancato potenziamento della medicina del territorio. Conseguenza di ciò è che sui medici di base si cumulano una serie di carichi di lavoro impropri, basti pensare alla mole di lavoro per l'attivazione dei green pass». Ora, conclude Anelli, «chiediamo una sola cosa: fateci tornare a fare i medici».

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