Carichi di lavoro definiti ormai insostenibili e adempimenti burocratici legati alla pandemia che richiedono sempre più tempo, sottraendo spazio al contatto con i pazienti. E poi, episodi di violenza in aumento e rammarico e rabbia per l'ultimo «schiaffo» ricevuto, ovvero lo stop del Senato ai ristori per le famiglie dei medici morti per Covid.
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Prima protesta
Cresce il disagio dei camici bianchi sul territorio e si concretizza in una prima protesta: uno sciopero proclamato per l'1 e 2 marzo con la chiusura degli ambulatori dalle sigle Smi e Simet - iniziativa giudicata però inopportuna dalla Federazione dei medici di famiglia Fimmg - mentre mantengono lo stato di agitazione i sindacati Fp Cgil e Snami. Lo sciopero indetto da Smi e Simet riguarderà circa 4mila medici di base, continuità assistenziale, del 118 e ambulatoriali aderenti alle due sigle, che hanno convocato una manifestazione a Roma il 2 marzo.
Il malessere
Il malessere della categoria, denunciano i due sindacati, «è palpabile: carichi di lavoro insostenibili, mancanza di tutele, burocrazia aberrante e non ultimo il mancato indennizzo alle famiglie dei colleghi deceduti per Covid».
Scotti ricorda inoltre come nel contratto dei medici vigente sia previsto che «in caso di avvenimenti eccezionali gli scioperi si intendono sospesi e - afferma - lo stato di emergenza per la pandemia è in vigore fino al 31 marzo». Quanto ai numeri dello sciopero proclamato, «potrebbe riguardare fino a 1 medico su 10 di area convenzionata. I due sindacati Smi e Simet - afferma Scotti - contano circa 4mila iscritti». La Fimmg, ricorda, «conta 21mila iscritti, su un totale di circa 34.700 medici iscritti a sigle sindacali, ai quali si aggiungono altri 8mila medici circa non sindacalizzati». A denunciare l'insoddisfazione dei camici bianchi è anche il presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici (Fnomceo) Filippo Anelli, rilevando come ci sia «un forte disagio che i sindacati medici interpretano in maniera diversa sia pure essendo tutti d'accordo sulle motivazioni di base». I medici «sono in sofferenza per il mancato potenziamento della medicina del territorio. Conseguenza di ciò è che sui medici di base si cumulano una serie di carichi di lavoro impropri, basti pensare alla mole di lavoro per l'attivazione dei green pass». Ora, conclude Anelli, «chiediamo una sola cosa: fateci tornare a fare i medici».