Incinta, non si vaccina e si contagia: parto prematuro a Napoli, gravi mamma e bambino

Incinta, non si vaccina e si contagia: parto prematuro a Napoli, gravi mamma e bambino
di Maria Chiara Aulisio
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Giovedì 19 Agosto 2021, 10:31

La storia comincia il 10 agosto quando una giovane donna napoletana, affetta da covid, al sesto mese di gravidanza, viene ricoverata nel reparto di Ostetricia e ginecologia del Policlinico Federico II. Le condizioni della paziente - 31 anni e già tre figli - sono serie ma non ancora allarmanti. Esami, monitoraggi e terapie immediate. L’obiettivo è uno solo: liberare al più presto la donna dal covid e darle la possibilità di portare avanti la gravidanza senza pericoli. Il Dipartimento dispone infatti di un percorso “dedicato” per garantire alle mamme di far nascere i propri bambini in assoluta sicurezza anche in caso di infezione da coronavirus. 

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Incinta, non si vaccina e si contagia

Ma andiamo con ordine. Nè lei, nè il marito, e nemmeno le loro famiglie, erano vaccinati. Nessuno immune, dunque, nonostante le numerose sollecitazioni dei sanitari, e ora sono tutti positivi, bambini inclusi.

A farne le spese l’anello più fragile della catena, quella giovane mamma in stato interessante, che prima degli altri avrebbe dovuto ricevere la fiala. Zero controindicazioni - spiegano i medici - anzi, il consiglio di completare il ciclo vaccinale prima che si compiano sei mesi di gravidanza: un’eventuale infezione da covid potrebbe essere più dannosa nell’ultima parte del secondo trimestre di gestazione - e anche nel terzo - maggiormente soggetti a eventuali complicanze per il feto. Niente vaccino, dunque. Troppa paura: la mamma - e la sua famiglia - avevano deciso volontariamente di soprassedere, più preoccupati da eventuali reazioni in seguito alla somministrazione del farmaco, che del contagio. Senza contare il timore di disturbi non ben identificati, più o meno gravi, che solo con il passare del tempo sarebbero potuti venire fuori. 

Il peggioramento e il parto

Sembrava che tutto stesse andando per il meglio fino a quando la donna non ha cominciato ad avvertire i primi sintomi di quella che apparentemente sembrava un’influenza: qualche linea di febbre, un po’ di tosse, mal di testa, dolori muscolari e un senso di stanchezza dal quale non riusciva più a liberarsi. Per fortuna il medico di base le suggerisce un tampone: poche ore sono sufficienti per scoprire che è positiva. Immediata la corsa al Policlinico, indispensabile il ricovero nel reparto covid: situazione complessa - dicono i medici - ma non gravissima, così come purtroppo sarebbe diventata in pochissimi giorni, quando - nonostante la tempestività terapeutica - è stato necessario trasferire la donna in rianimazione. La polmonite avanzava e il trattamento in reparto non era più sufficiente, bisogna intubarla. Ad alto rischio la sua vita e quella del piccolo. I medici continuano a monitorarla giorno e notte sperando di tirarla fuori da una fase che invece diventa sempre più allarmante. Ieri mattina, dopo l’ennessimo consulto tra specialisti, la decisione di operarla, parto cesareo, per cercare di salvare il bambino che, con la madre in quelle condizioni, non sarebbe riuscito a sopravvivere ancora. 

Il piccolo prematuro

Il piccolo è nato poco prima delle 13, “grave prematuro”: i pediatri del Policlinico che lo hanno preso in cura non si sbilanciano, ma ha serie difficoltà respiratorie e di alimentazione. «Un’epoca gestazionale così prematura - spiegano - può causare esiti neonatali molto gravi. C’è un alto rischio di mortalità e disabilità a breve e lungo termine». In ogni caso la speranza è quella che possa farcela e a prevalere in questo momento deve essere necessariamente l’ottimismo. Tanta preoccupazione anche per le condizioni della mamma che - dopo l’intervento chirurgico - è tornata in rianimazione. Le prossime ore saranno decisive per valutare l’evoluzione della malattia. Rabbia e amarezza è il sentimento che, da giorni, sta accomunando il personale sanitario al lavoro a ferragosto nel reparto Covid di ginecologia del Policlinico: se quella mamma fosse stata vaccinata tutto questo non sarebbe successo. Non solo. Dati scientifici dimostrano che una donna che aspetta un bambino ha più probabilità di ammalarsi gravemente di covid rispetto a una donna della stessa età che non è in gravidanza, con maggiori probabilità di ricovero in terapia intensiva. L’infezione, inoltre, si associa a un maggior rischio di complicanze ostetriche, come ad esempio il parto prematuro. Al contrario, - spiegano - sono in aumento i dati che rassicurano circa l’efficacia e la sicurezza dei vaccini a mRNA (Moderna o Pfizer) sia in gravidanza che in allattamento. 

 

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