Il suo cuore si ferma 6 ore, poi Audrey resuscita: il miracolo della giovane prof fa il giro del mondo

Il suo cuore si ferma 6 ore, poi Audrey resuscita: il miracolo della giovane prof fa il giro del mondo
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Venerdì 6 Dicembre 2019, 19:06 - Ultimo aggiornamento: 20:37

Di quei lunghi momenti a cuore fermo Audry, ovviamente, non ricorda nulla: «Non mi sono resa conto che la mia vita fosse in pericolo finché non mi sono svegliata qui, in ospedale». Il suo cuore si è fermato, e non per cinque minuti: per più di sei ore. Poi però ha ripreso a battere e adesso lei sta bene. Lei, Audrey Mash Schoeman, la miracolata, ha 34 anni, è un'insegnante britannica che lavora a Barcellona e un mese fa ha vissuto un'orribile avventura sui monti Pirenei, al confine tra Spagna e Francia. Sorpresa da una tempesta di neve mentre era in compagnia di suo marito Rohan, la donna è andata in ipotermia, stato che le ha provocato un arresto cardiaco.

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I soccorritori sono riusciti a recuperarla quando era ancora in vita, l'hanno trasportata all'ospedale Vall d'Hebron di Barcellona e sono riusciti a salvarla. Ma l'operazione ha richiesto molte ore, durante le quali il cuore è rimasto fermo. Fondamentale è stato il coordinamento tra medici e soccorritori. «Si è trattato di un caso eccezionale, il più lungo arresto cardiaco di cui si ha documentazione in Spagna» ha dichiarato Eduard Argudo, il dottore che ha guidato l'operazione in ospedale. «Non esiste praticamente nessun altro caso di persona che sia sopravvissuta dopo aver trascorso un tempo così prolungato senza battito», ha raccontato. «Sono felice. È incredibile che sia ancora viva, più leggo e imparo cose su questa materia più mi sembra un miracolo il fatto di essere sopravvissuta. Le cure qui sono state fantastiche, i medici e il personale sanitario hanno fatto molto più del dovuto per salvarmi».
 


Rohan ha descritto gli attimi drammatici in cui si è reso conto che sua moglie stava morendo assiderata: «L'ho capito quando ha cominciato a dire cose strane». I due si erano persi nelle montagne, e colti dalla tempesta di neve si erano rifugiati dietro una roccia «delle dimensioni di una sedia». Durante la tormenta non c'è stato modo di chiedere aiuto, poi quando la tempesta si è placata è tornato il segnale e con il cellulare ha potuto chiamare i soccorsi: ha inviato messaggi ad amici e parenti, e fotografie che potessero aiutare a individuare il luogo in cui si trovavano. Nel frattempo però Audrey non mostrava più segni di vita.

Dopo due interminabili ore d'attesa, sul posto è atterrato l'elicottero dei soccorritori, che hanno subito praticato il massaggio cardiaco all'insegnante, ma si sono presto resi conto che era indispensabile portarla al più presto a Barcellona. Per arrivare in ospedale ci sono volute altre due ore e un quarto. «Era pallida, aveva la pelle bluastra, la temperatura corporea era di appena 20 gradi» ha spiegato il dottor Argudo. «Tutti i segnali erano negativi, ma c'era un'unica cosa positiva: era molto fredda». Un corpo a basse temperature infatti ha bisogno di meno ossigeno, le cellule necessitano di meno nutrienti, insomma ha più probabilità di resistere e di “resuscitare”.

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Il cuore di Audrey non aveva alcuna attività elettrica, e i polmoni avevano smesso di funzionare. I medici hanno proceduto allora con la tecnica dell'ossigenazione extracorporea a membrana: il sangue viene fatto circolare al di fuori del corpo per aumentare la quantità di ossigeno e ridurre i valori di anidride carbonica. Nel frattempo si è consentito alla temperatura corporea di rialzarsi gradualmente: quando è arrivata a 30 gradi, e il sangue è stato reintrodotto nel corpo, i medici hanno cercato di far ripartire il cuore con il defibrillatore.

Il battito è ripreso alle ore 21 e 46, più di sei ore dopo il suo arresto. Per un certo ulteriore periodo di tempo il corpo è stato mantenuto in uno stato di ipotermia, per prevenire eventuali danni cerebrali. «Eravamo preoccupati delle possibili conseguenze neurologiche: non avevamo alcun precedente analogo con cui fare confronti» ha spiegato il capo dell'équipe sanitaria. Per altre 48 ore la professoressa Schoeman è rimasta sedata in uno stato simile all'ibernazione, mentre riceveva continue trasfusioni di sangue.
 
Al suo risveglio, una delle conseguenze fisiche più spiacevoli è stato il dolore alle mani: «Ci sono molte cose che non posso fare, come abbottonarmi i pantaloni o mettermi gli orecchini, ma c'è mio marito che mi aiuta, e comunque sono piccole cose che miglioreranno mese dopo mese».
Audrey ammette di essere stata imprudente nell'affrontare la gita sui Pirenei: «Forse non eravamo abbastanza preparati, siamo stati incoscienti. Ma è un hobby a cui non ho intenzione di rinunciare». Audrey e suo marito sperano prima o poi di tornare in montagna.

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