Coronavirus, caccia all'animale "untore": così è avvenuto il salto di specie

Rhinolophus mehelyi
di Riccardo De Palo
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Mercoledì 12 Febbraio 2020, 15:33 - Ultimo aggiornamento: 15 Febbraio, 01:06

Il primo a lanciare l’allarme era stato David Quammen, che con “Spillover”, ovvero “salto di specie” (Adelphi, 2014) dedicato a quei cacciatori di virus che hanno identificato, ora nelle migliaia di pipistrelli che vivono nelle grotte della Malesia, o nella foresta pluviale del congo, i veicoli delle prossime pandemie. Il libro di Quammen, scrittore di saggi scientifici e naturalistici, si occupava anche di altri possibili “untori”, dai maiali alle zanzare, e citava malattie risultate ad altissimo rischio negli anni scorsi, come l’ebola e la Sars. Nel caso del coronavirus che sta seminando allarme in queste settimane nel mondo, i pipistrelli tornano alla ribalta come primi possibili “veicoli” del virus, riuscito a infettare - come abbiamo visto - anche l’uomo. Il mondo non ha colto l’allarme lanciato da Quammen, che sul New York Times ha scritto: «Abbiamo fatto diventare il coronavirus un’epidemia».

E il virus arrivò dal pipistrello

All’inizio, è stato appurato, è stato proprio un pipistrello, il primo veicolo del coronavirus 2019-nCoV, il nome in codice del microrganismo che scatena la malattia. L’identikit genetico non lascia dubbi, e punta sul “Rhinolophus affinis”, specie molto diffusa in Asia. Federico Giorgi, del Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie dell'Università di Bologna, che ha coordinato la ricerca pubblicata sul Journal of Medical Virology, ha detto che i  coronavirus umani sequenziati finora «sono molto simili fra di loro, anche se provenienti da regioni diverse della Cina e del mondo»; e questa è una buona notizia, perché un’eventuale terapia farmacologica dovrebbe funzionare contro tutti questi ceppi virali.

FAKE: Centinaia di pipistrelli in vendita al mercato di Wuhan

Coronavirus, analisi genetica accusa i pipistrelli

Ci dev’essere però stato un animale intermedio, che ha permesso al coronavirus di fare il salto dal pipistrello all’uomo. Le ricerche dell’Oms si sono concentrate su Wuhan, la metropoli cinese dove tutto è cominciato, alla ricerca del “paziente zero” infettato per primo; e in particolare nei grandi mercati dove gli animali vengono venduti vivi, e quindi sono facili veicoli di infezione. Qual è stato il “trampolino di lancio”? Si è pensato dapprima a una varietà di serpente, poi al pangolino, un animale molto ricercato per le carni e la corazza. 
Tra i pipistrelli sono stati identificati ben 500 coronavirus. Sono stati fatti studi sierologici condotti sulla popolazione rurale che vive vicino all'habitat naturale dei pipistrelli, che hanno rivelato una sieroprevalenza di bat-CoV (coronavirus del pipistrello) pari al 2,9%, dimostrando che l'esposizione umana a questi patogeni potrebbe essere comune, rileva l'Oms. Ma, ragionano gli esperti dell’Oms, «I pipistrelli sono rari nei mercati cinesi, ma vengono cacciati e se la destinazione è alimentare vengono venduti direttamente ai ristoranti». Quindi, il contatto con la popolazione è meno frequente, dev'esserci  stato un secondo animale che ha fatto da veicolo; e da questo dev'essere passato all’uomo. 

Nel caso della Sars, ha detto un veterinario coinvolto a suo tempo nelle ricerche, Jonathan Epstein, «il virus è passato dal pipistrello allo zibetto», e da quest'ultimo all'uomo, in un affollato mercato del Guangdong, dove venivano venduti animali vivi. A volte, sostiene la virologa Ilaria Capua, l'epidemia avviene per causa di modificazioni dell'ambiente provocate dall'uomo: «Nel 2014 una delle cause di Ebola è stato un disboscamento massiccio in Guinea, dove la foresta è stata sostituita con coltivazioni arboree industriali». Questo ha provocato la migrazione di pipistrelli, portatori dell'agente patogeno, verso le aree urbane.

 

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