Candido Avezzù, il poliziotto morto di Covid. L'ex compagna: «No-vax convinto, diceva “sono più forte del virus”»

Candido Avezzù
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Martedì 31 Agosto 2021, 06:52 - Ultimo aggiornamento: 20 Febbraio, 10:05

Un agente di Polizia di 58 anni, Candido Avezzù, in forza al Reparto Mobile di Padova, originario di Venezia e residente a Mestre, è morto il 29 agosto in ospedale per complicanze sopraggiunte in seguito al contagio da Covid che avrebbe contratto mentre, nel luglio scorso, era in servizio temporaneo all'Hotspot di Taranto. La struttura ospitava diversi migranti risultati positivi. Lo riferisce il Movimento sndacale autonomo di Polizia (Mosap), che, insieme al Fsp Polizia di Stato, aveva denunciato la situazione senza riportare il nome della vitima.


A quanto si apprende da fonti sindacali, l'agente aveva scoperto di essere positivo al virus il 28 luglio e il 10 agosto era stato trovato positivo all'ospedale di Jesolo, preannunciandolo sul suo profilo Facebook, e chiedendo che sulla lapide gli fosse affisso lo scudetto del 2° Reparto mobile.

L'ex compagna, parlando al Corriere della Sera ha raccontato che il marito era «un No-vax convinto, mi diceva che era più forte del virus».

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 «Un altro collega - commenta Fabio Conestà, segretario generale del Mosap - ci lascia a causa di questo maledetto Covid. Dal 13 al 23 luglio era in trasferta a Taranto, dove è stato impegnato presso l'hotspot che ospitava 300 migranti, 33 dei quali positivi. Denunciammo già all'epoca questa situazione e, a distanza di un mese, arrivano le terribili conseguenze: uno dei colleghi risultato positivo, ieri ci ha lasciato».

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Due poliziotti in servizio nei giorni precedenti all'Hotspot risultarono contagiati. Il sindacato si stringe «alla famiglia del collega in questo momento di dolore. Non sappiamo - conclude Conestà - se il collega fosse o meno vaccinato, ma al di là di ciò non è ammissibile permettere sbarchi in modo incontrollato, in piena pandemia. Ci impongono assurde regole come il green pass nelle mense e poi ci mandano al macello, in mezzo alla folla, negli hotspot, a contagiarci e a mettere a rischio le nostre famiglie oltre che i nostri colleghi».

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