Leucemia, scoperta di una equipe italiana: con cellule modificate in laboratorio malattia scomparsa nell'86% dei malati

Leucemia, scoperta di una equipe italiana: con cellule modificate in laboratorio malattia scomparsa nell'86% dei malati
3 Minuti di Lettura
Martedì 20 Ottobre 2020, 12:12

Contro la leucemia linfoblastica acuta, nei pazienti adulti e pediatrici, una speranza di guarigione arriva grazie ad un particolare tipo di cellule ingegnerizzate, denominate Carcik, che hanno dimostrato un'attività antitumorale molto promettente: infatti, fra i pazienti trattati con la dose più alta, quasi l'86% (sei su sette) ha risposto al trattamento con una scomparsa completa del tumore.

Diabete, ora si può guarire con un piccolo intervento di “lifting” all'intestino

Lo dimostra uno studio clinico tutto italiano, sviluppato nei laboratori di ricerca della Fondazione Tettamanti, coordinato dal Centro di emato-oncologia pediatrica della Fondazione Monza e Brianza per il Bambino e la Mamma con la collaborazione dell'Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, pubblicato su The Journal of Clinical Investigation.

Si tratta di particolari cellule CAR-T ottenute a partire dalle cellule del sistema immunitario T di donatori sani e opportunamente modificate in laboratorio in modo da potenziare le loro capacità di riconoscere e uccidere le cellule tumorali. 

Le cellule Carcik sono state somministrate a pazienti pediatrici e adulti affetti da leucemia linfoblastica acuta che hanno avuto una recidiva dopo il trapianto allogenico di cellule staminali ematopoietiche. Hanno dimostrato di essere in grado di espandersi e persistere a lungo nell'organismo, e sono dotate di un attività antitumorale molto promettente, associata a un buon profilo di sicurezza. Fra i pazienti trattati con la dose più alta di queste cellule CAR-T, dunque, quasi l'86% ha risposto con una scomparsa completa del tumore.

Lo studio vede come primi autori Chiara Magnani, ricercatrice della Fondazione Tettamanti e Giuseppe Gaipa, responsabile del Laboratorio di Terapia Cellulare e Genica Stefano Verri. L' studio è stato coordinato da Andrea Biondi, direttore Clinica pediatrica dell'Università di Milano Bicocca e direttore scientifico della Fondazione Tettamanti, e da Alessandro Rambaldi, direttore del Dipartimento ematologia-oncologia Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo.

Nel loro studio, i ricercatori hanno testato quattro diversi dosaggi di cellule Carcik dirette contro l'antigene CD19 e hanno trattato in totale tredici pazienti con leucemia linfoblastica acuta a cellule B, di cui quattro pediatrici e nove adulti, con una singola somministrazione di tali cellule. I partecipanti erano stati già sottoposti senza successo a diverse linee di terapia e ad almeno un trapianto allogenico di cellule staminali, dopo il quale la malattia aveva recidivato. Si trattava, quindi, di soggetti molto compromessi e in uno stadio avanzato della malattia, per i quali non vi erano più altre opzioni terapeutiche disponibili. Dopo 4 settimane dall'infusione delle cellule Carcik, sei dei sette pazienti trattati con le dosi più alte hanno raggiunto una scomparsa completa del tumore; inoltre, cinque di essi hanno raggiunto la negatività della malattia minima residua. Questo parametro rappresenta la piccola quantità di cellule leucemiche che può rimanere nell'organismo dopo la terapia e che con il passare del tempo potrebbe portare a una recidiva della malattia. La maggior parte dei pazienti che hanno risposto al trattamento era ancora in remissione dopo una media di 6 mesi dall'infusione e le cellule Carcik ad essi somministrate si sono espanse in modo robusto e hanno mostrato di persistere nell'organismo fino a 10 mesi. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA