Covid, la scienziata di Tor Vergata: «Lattoferrina alleata per le cure»

Il pronto soccorso di un ospedale e, nel riquadro, la professoressa Piera Valsenti
di Marcello Guerrieri
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Giovedì 19 Novembre 2020, 18:39 - Ultimo aggiornamento: 22:52

TERNI Una panacea per guarire dal covid-19? Al Policlinico di Tor Vergata sono davvero convinti che la la cura con la lattoferrina potrebbe essere la cura adatta. Perchè? Si è osservato che i bambini sono praticamente immuni dal covid 19 e proprio i bambini sono produttori naturali, grandi produttori, di lattoferrina una sostanza che li preserva da virus e molti altri complicazioni di salute. Una ricerca, con il pieno consenso del Ministero della Salute si è così avviata.

Nel team di scienziati c'è Piera Valenti, narnese che tutti conoscono come Daniela, che è ordinario di microbiologia alla Sapienza. Ecco le sue considerazioni sullo stato della ricerca.

Che cos’è la lattoferrina?

«La lattoferrina è una molecola naturale, presente in tutte le secrezioni umane compreso il latte materno ed è sintetizzata dai neutrofili nei siti d’infezione e d’infiammazione. È stata isolata negli anni 60 dal latte umano e bovino. La lattoferrina bovina ha un’elevata omologia di sequenza con quella umana ed ha le medesime funzioni. Negli studi in laboratorio ed in vivo, ovviamente, viene utilizzata la lattoferrina estratta dal latte bovino, riconosciuta dalla Food and Drug Administration (Fda Usa) priva di effetti indesiderati e classificata come integratore alimentare. Pertanto, non è un farmaco e non sostituisce alcun farmaco. Da tempo è stato dimostrato come la lattoferrina sia in grado di sequestrare il ferro, di legarsi alle superfici delle cellule, dei batteri e dei virus, svolgendo così un’attività antibatterica, antivirale, immuno-modulante ed anti-infiammatoria. Nel 2012, la Fda ha approvato anche l’aggiunta della lattoferrina bovina al latte artificiale che ne contiene in minor concentrazione rispetto al latte materno. Il latte artificiale, arricchito di lattoferrina, per renderlo più simile al latte umano, viene somministrato ai prematuri per proteggerli da eventuali infezioni gastrointestinali e la lattoferrina da sola è stata anche testata nei confronti dei rotavirus, causa di gastroenteriti virali nei neonati e bambini di età inferiore a 5 anni.

Infatti, il latte materno è una delle difese più strenue nei confronti dei virus durante i primi mesi di vita dei neonati, quando non sono ancora vaccinati. È stata anche utilizzata nel trattamento di pazienti affetti da epatite B e C e nelle infezioni associate ad herpes virus 1 e 2. In sintesi, è noto da tempo come la lattoferrina purificata dal latte bovino sia efficace nell’inibire le infezioni da virus a Dna o Rna con rivestimento o nudi. Il meccanismo d’azione antivirale della lattoferrina si basa sulla sua capacità di legarsi ai componenti superficiali dei virus e/o delle cellule umane».

Questo è ciò che si conosce su questa molecola, ma come si è svolto lo studio? Può sintetizzarci i risultati?

«Prima di iniziare la sperimentazione, abbiamo approfonditamente analizzato la lattoferrina che avremmo utilizzato nello studio, al fine di verificare la sua purezza e funzionalità. Queste analisi, anche se non richieste dalla normativa degli integratori, sono, tuttavia, fondamentali per noi, perché garantiscono una maggiore attendibilità, ripetitività ed affidabilità dei risultati ottenuti. Stabilita la purezza e l’integrità della proteina, abbiamo proceduto ai test di laboratorio (in vitro) per stabilire l’attività antivirale utilizzando due linee cellulari. Abbiamo così osservato che la lattoferrina può inibire le fasi precoci dell’infezione da SARS-CoV-2 grazie al suo legame con le cellule e con spike (proteina virale di superficie che si lega ad alcuni recettori cellulari, fondamentale per l’entrata del virus nelle cellule) come dimostrato in silico (tecnica usata frequentemente per predire l'orientamento del legame di una molecola alla sua proteina bersaglio), dal Prof. Falconi dell’Università di Tor Vergata

Lei ha dichiarato che in vitro la lattoferrina inibisce Sars-CoV-2 anche nella fase post-infezione. 

«Si, certamente, lo confermo ma questi risultati non sono stati ottenuti da noi ma da alcuni colleghi dell’Università del Michigan»».

Qual è il meccanismo molecolare di questa azione antivirale?

«Oltre al legame della lattoferrina a spike e agli eparan-solfati delle cellule, attualmente stiamo proseguendo lo studio in laboratorio per indagare l’influenza della lattoferrina nel ripristino dell’omeostasi del ferro in cellule infettate da Coronavirus. Intendiamo, inoltre, analizzare il ruolo di questa glicoproteina pura nell’ambito della immunità innata, come elemento di contrasto alla replicazione virale e di protezione cellulare dall’ingiuria del virus».

La vostra ricerca ha tuttavia originato critiche nella comunità scientifica come, ad esempio, che non ci sono evidenze cliniche sull’efficacia contro Sars-CoV-2. Che cosa risponde a queste obiezioni?

«Come ho già detto, poiché da anni è nota l’attività antivirale della lattoferrina ed in particolare nel 2011 Lang e Coll trovarono come questa proteina inibisca l’infezione da Sars Pseudovirus, era ipotizzabile che questa attività potesse esercitarsi anche nei confronti di Sars-Co-V2. Così, quando i risultati in laboratorio hanno evidenziato come la lattoferrina, legandosi alla proteina virale spike e agli eparan-solfati della cellula, svolga la sua azione anti-Sars-CoV-2, si è creato un valido presupposto per proseguire la ricerca disegnando uno studio pilota su pazienti asintomatici e paucisintomatici. Si sottolinea ancora che lo studio pilota in questione non aveva, pertanto, lo scopo di evidenziare l’efficacia di un farmaco, ma solo di verificare, preliminarmente, l’attività protettiva di questo integratore alimentare nei confronti dell’ingiuria virale. Tengo anche a precisare che lo studio su integratori alimentari viene normalmente condotto per dimostrare gli effetti sulla salute o sulla riduzione di un fattore di rischio di malattia ai sensi del Regolamento (Ce) 1924/2006; o per confermare la validità dell’indicazione d’uso come ad esempio nel caso di alimenti a fini medici speciali di cui alla direttiva 99/21/Ce, attuata dal Dpr 57/2002. Inizialmente lo studio pilota ha comportato l’arruolamento di 32 pazienti asintomatici e paucisintomatici (attualmente divenuti circa un centinaio inclusi i controlli) a cui veniva somministrata la lattoferrina per via nasale e per bocca. Anche se il numero dei pazienti è ancora esiguo e lo studio richiede l’arruolamento di un maggior numero di pazienti, attualmente i soggetti trattati mostrano una diminuzione della ferritina, dell’IL-6 e dei D-dimeri e tempi brevi di negativizzazione dei tamponi molecolari».

Da quanto detto, questa ricerca è ancora in corso ma può chiarire i motivi di tanta polemica e dell’ampio utilizzo della lattoferrina da parte dei cittadini?

«La polemica si è alimentata grazie allo scarso numero dei pazienti trattati dai colleghi di Tor Vergata che, tuttavia, hanno sempre ampiamente ribadito che trattasi di uno studio preliminare. I primi risultati positivi ci stanno inducendo ad implementare il numero dei pazienti e ad approfondire i meccanismi molecolari. In effetti, nessuno è giunto a conclusioni affrettate in quanto esistono più di 10 pubblicazioni internazionali solo nel 2020 sull’argomento e circa 9000 da quando è stata scoperta la lattoferrina che attestano la sua attività benefica nei confronti della salute umana e l’assenza di effetti avversi. Inoltre, la lattoferrina è ampiamente conosciuta dai medici di base essendo presente in numerosi integratori. Per cio’ che riguarda dati da noi attualmente ottenuti, essi costituiscono la prima dimostrazione preliminare dell’efficacia in vivo della lattoferrina nei confronti di Sars-CoV-2. Come già affermato, ci tengo a ribadire che il nostro studio pilota è in fase di completamento e procederà ancora al fine di ottenere dati sempre più numerosi e conseguentemente attendibili. Ribadisco altresì che la lattoferrina non è un farmaco e deve essere considerata una sostanza di integrazione e supplementazione in grado di legarsi alle particelle virali e alle cellule impedendo l’entrata del virus».

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