La ricerca, della University of Southern Queensland in Australia e pubblicata su Psychological Bulletin, ha analizzato studi condotti nel lontano 1911 così come nel 2017. Complessivamente, le persone coinvolte sono state quasi 3.600. L'impatto della musica è stato valutato per il modo in cui ha fatto sentire una persona durante gli allenamenti, per come ha influenzato la percezione della difficoltà dell' esercizio e per l'impatto sull'uso di ossigeno e sulla frequenza cardiaca. Il team di ricerca ha anche esplorato il modo in cui ha influenzato la capacità di una persona di mantenere o massimizzare le prestazioni, ad esempio, potenzialmente aiutandola a sollevare i pesi meglio o a correre più veloce o più a lungo. Dall'analisi è emerso che la musica ha avuto un impatto limitato ma notevolmente benefico. Ha migliorato in modo significativo la sensazione positiva che le persone provavano mentre praticavano sport e ha anche reso meno arduo il completamento delle attività fisiche, migliorando al contempo il consumo di ossigeno.
«Forse è per questo - spiega l'autore principale della ricerca, Peter Terry - che la musica è stata descritta come una 'droga' che migliora le prestazioni».
L'unico punto interrogativo è risultato l'impatto sulla frequenza cardiaca, perché era difficile capire se l'aumento fosse collegato a un vantaggio o meno. Lo era in caso di attività fisica di resistenza, ma non di potenza.
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