Coronavirus, Crisanti: «Vaccino a dicembre? Si tratta solo di un esperimento, non sappiamo se funzionerà»

Crisanti: «Vaccino a dicembre? Si tratta solo di un esperimento, non sappiamo se funzionerà»
di Graziella Melina
4 Minuti di Lettura
Domenica 3 Maggio 2020, 08:26 - Ultimo aggiornamento: 09:34

«È stato sbagliato tutto dall'inizio, perché le Regioni non erano tutte uguali e non sono tutte uguali ancora adesso. Stiamo nel caos più totale». Le parole perentorie dell'epidemiologo Andrea Crisanti, direttore del Laboratorio di Virologia e Microbiologia dell'Università-azienda ospedale di Padova, non sembrano prefigurare nulla di buono. Domani prende il via la fase due, le misure restrittive che hanno permesso di contenere l'epidemia verranno allentate, ma il Covid 19 circola ancora. Anzi, secondo l'Organizzazione mondiale della sanità bisognerà mettere in conto che ci saranno nuove ondate di infezione.

Coronavirus, «La cura al plasma funziona, terapia efficace in due giorni»

Perché la ripartenza di domani non la convince?
«Quello che davvero manca è stata un'analisi e una condivisione del rischio dell'epidemia regione per regione. Non so se il Governo lo ha calcolato, a noi non ha detto niente nessuno. Ma faccio fatica a crederlo, perché se i provvedimenti vengono fatti tutti uguali è chiaro che questo crea confusione. Se la Lombardia è paragonata alla Calabria, o alla Sardegna o anche al Veneto, è indubbio che non c'è stata un'analisi territoriale».
 



I governatori però sono stati avvisati: se riparte l'epidemia si richiude di nuovo.
«Ma è sbagliato: le regioni hanno situazioni completamente diverse, sia per diffusione del virus, sia per capacità di controllo dell'epidemia».

In che modo bisognava allora programmare la ripartenza?
«Ripeto, bisogna valutare soprattutto il rischio, che è diverso, e dipende sia dal numero dei casi, che tra l'altro ancora non conosciamo con esattezza, sia dalla capacità di risposta e di contenimento di ogni regione. Se non si fa questa analisi stiamo nel caos più totale».

Se ci saranno nuovi focolai, la responsabilità ora però sarà delle Regioni.
«Ma questo è un discorso politico. Da scienziato dico che un'analisi tecnica non è stata condivisa, e tutta questa confusione deriva proprio dal fatto che non sono stati pesati i rischi situazione per situazione, e poi non sono stati condivisi».

E' pur vero però che ogni Regione si fa aiutare da un comitato di esperti.
«Ma ciò non toglie che arriviamo a questa fase due in maniera disorganizzata, con un approccio fatto a tentoni».

Secondo lei manca una strategia di fondo?
«La strategia è basata sul vediamo quello che succede, se l'epidemia riprende richiudiamo'. Questo è l'approccio scelto, poi il tutto è complicato dalla regionalizzazione della sanità».

Intanto, sul territorio, molti posti di terapia intensiva sono stati ridotti. Pensa che sia stata una decisione azzardata?
«Molte delle terapie intensive sono state generate ristrutturando delle sale operatorie. Probabilmente, diminuita l'esigenza per il Covid, a un certo punto se si ha una pressione per un determinato numero di interventi chirurgici si decide di rimettere a punto le sale operatorie. Le persone non è che nel frattempo non continuano ad ammalarsi di altre malattie».

Finora la Capitale, e anche il Sud, sono stati in parte graziati. Se se si riapre tutto, l'epidemia può ripartire?
«Sicuramente le misure di contenimento hanno bloccato l'espansione dell'epidemia. Questo è indubbio. E come dimostra la Germania, qualsiasi allentamento delle misure di restrizione sociale si associa ad un aumento del rischio. Poi bisogna vedere se questo rischio è accettabile, se è più alto di quello calcolato. Che poi nel Sud Italia l'epidemia non si sia sviluppata con la stessa virulenza con cui si è diffusa nel Nord questo dipende da altri tanti fattori: come per esempio la densità dei luoghi di lavoro, la struttura territoriale e anche il clima completamente diverso».

Non pensa che poter disporre di un vaccino addirittura a dicembre, se dovesse andare bene la sperimentazione di quello messo a punto dalla Oxford University insieme alla Advent-Irbm di Pomezia, ci possa tranquillizzare?
«Ma un vaccino si chiama tale quando comincia a proteggere. In questo momento l'unica cosa che hanno messo a punto sono proteine virali che stanno iniettando a delle persone. Probabilmente entro dicembre avranno un preparato che induce anticorpi, ma non sappiamo se saranno protettivi o meno. Si tratta solo di un esperimento, non è vaccino».
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA