Covid-19, i raggi UV disattivano il virus. Cauda: «Sotto il 40° parallelo contagi più deboli»

Covid-19, i raggi UV disattivano il virus. Cauda: «Sotto il 40° parallelo contagi più deboli»
di Lorena Loiacono
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Giovedì 16 Luglio 2020, 15:36 - Ultimo aggiornamento: 19:16

Soffre il caldo e, sotto i raggi del sole, si potrebbe indebolire tanto da diventare inoffensivo. Ormai è provato: il Covid-19 non regge le alte temperature e, quindi, si può ben sperare che durante l'estate perda la sua forza. A dimostrarlo è uno studio italiano, portato avanti da un gruppo di ricercatori dell’Università degli Studi di Milano,più precisamente del dipartimento “Luigi Sacco”., per cui i raggi ultravioletti riescono a disattivare il coronavirus.

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E così si viene a confermare una teoria ipotizzata fin dall'inizio della pandemia: “il caldo ci aiuterà”, dicevano gli esperti. Un'idea basata anche sul comportamento degli altri coronavirus, come il raffreddore, che con il caldo perdono la loro forza. E infatti anche il Covid-19, come dimostrato in altre occasioni, con il caldo si disattiva. Ma attenzione, le late temperature non sono sufficienti: tutte le condizioni anti-Covid-19 devono convivere per riuscire davvero a disattivarlo.


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Professore Roberto Cauda, direttore di Malattie infettive del Policlinico Universitario A. Gemelli Irccs di Roma, il risultato di questo studio cosa ci dice?
«Ci conferma che il Covid-19 perde forza con i raggi ultravioletti e lo fa anche in tempi veloci. E' una conferma visto che altri studi sono arrivati a questa considerazione e per la medicina questa conferma è molto importante».
Perché?
«Altri due studi sono giunti agli stessi risultati. È importante perché quando diversi ricercatori, in parti differenti del mondo e in condizioni sperimentali diverse ma simili, ottengono lo stesso risultato significa che il dato è ancora più forte».

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Che cosa emerge?
«I raggi ultravioletti hanno una funzione antimicrobica e questa capacità si conferma anche per il coronavirus».
Nelle prossime settimane vedremo azzerarsi i contagi?
«Alla fine del periodo di caldo si vedrà come realmente si è comportato il virus e come hanno reagito i contagi».

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Oggi a che punto sono i contagi?
«I numeri oggi sono piccoli, più bassi di qualche settimana ma comunque più alti rispetto a quelli che vorremmo vedere».
Che cos'altro sappiamo?
«A questi studi ne aggiungiamo altri: abbiamo un dato epidemiologico, rilevato da uno studio spagnolo che ha messo in evidenza qualche settimana fa che i contagi sono minori nelle aree a più alto irraggiamento. Quindi ci sono meno contagi nei paesi con maggiore irradiamento dei raggi del sole ma anche con minore assembramento. Altri studi ci dicono che la mortalità del covid è minore al di sotto del 40esimo parallelo quindi vuol dire che le condizioni ambientali esterne influenzano i contagi, così come possiamo ipotizzare l'inquinamento, il pm10 nelle aree inquinate con maggiore concentrazione industriale».

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Ma assistiamo ad importanti eccezioni.
«Sì, penso ad esempio alla Florida dove la malattia è molto diffusa ma lì probabilmente ci sono state condizioni che vanno oltre i raggi ultravioletti: probabilmente il mancato lockdown ha influito molto sull'andamento dei contagi».
Quindi il caldo non basta?
«No, servono tutte le condizioni necessarie per disattivare il Covid-19: i raggi ultravioletti ma anche le norme igieniche e l'assenza di assembramenti».
 

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