Alzheimer, la svolta: nuovo farmaco arresta la progressione della malattia nel cervello

Alzheimer, nuovo trattamento sviluppato sulle scimmie arresta la progressione: speranze per il trattamento malattia
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Martedì 15 Giugno 2021, 09:58 - Ultimo aggiornamento: 19 Febbraio, 16:07

Un nuovo trattamento farmacologico è in grado di fermare la progressione del morbo di Alzheimer nel cervello delle scimmie. A renderlo noto è una ricerca condotta da scienziati della NYU Grossman School of Medicine di New York City. I farmaci sperimentati, gli oligodeossinucleotidi CpG (CpG ODN), indurebbero le cellule di difesa immunitaria a inglobare le proteine ​​deformi, placche di beta amiloide e grovigli di tau, il cui accumulo uccide le cellule cerebrali vicine causando la malattia debilitante. «Le somiglianze nell'invecchiamento tra gli animali studiati e la nostra specie ci fanno sperare che questa terapia funzioni anche nei pazienti umani», ha detto, riporta il DailyMail, l'autrice dello studio Henrieta Scholtzova della NYU Langone.   

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Negli studi di laboratorio, le scimmie anziane avevano fino al 59% in meno di depositi di placca amiloide-beta nel cervello dopo il trattamento con CpG ODN rispetto agli animali non trattati: il cervello degli animali trattati ha avuto un calo dei livelli di tau, che può distruggere i tessuti vicini quando i cambiamenti legati alla malattia alla sua struttura chimica fanno sì che si attacchi ad altre cellule. «I nostri risultati dimostrano che questa terapia è un modo efficace di manipolare il sistema immunitario per rallentare la neurodegenerazione», ha detto l'autore dello studio Akash Patel, assistente ricercatore presso il Center for Cognitive Neurology presso la NYU Langone Health. 

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SISTEMA IMMUNITARIO - Si pensa che il morbo di Alzheimer sia causato dall'accumulo anomalo di proteine ​​all'interno e intorno alle cellule cerebrali, ma non si sa esattamente cosa causi l'inizio di questo processo (lo sostiene l'ente nazionale di Sanità Britannico). Il sistema immunitario è tipicamente diviso in due categorie: «innato» e «adattivo». Il sistema immunitario adattativo interviene dopo il sistema immunitario innato, che è la risposta immediata a un virus, o «prima linea di difesa». Secondo i ricercatori, un sottoinsieme di cellule immunitarie nel sistema immunitario innato ingoia e rimuove detriti e tossine dai tessuti corporei insieme ai microbi invasori. 

Studi precedenti hanno dimostrato che questi «custodi immunitari» diventano pigri quando una persona invecchia e non riescono a eliminare le tossine che causano la neurodegenerazione. In sostanza, i farmaci CpG ODN fanno parte di una classe di regolatori immunitari innati che accelerano questi guardiani immunitari logori.     

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LO STUDIO - Nel corso dello studio il team di ricerca ha studiato 15 scimmie scoiattolo femmine tra i 17 ei 19 anni, soggetti ideali per lo studio dell'Alzheimer, dal momento che con l'avanzare dell'età praticamente tutte le scimmie scoiattolo sviluppano naturalmente una forma di neurodegenerazione simile alla malattia umana.

Otto delle scimmie hanno ricevuto una singola dose del farmaco una volta al mese per due anni, mentre al resto è stata somministrata una soluzione salina. Alla fine del periodo gli scienziati hanno confrontato il comportamento dei due gruppi paragonando il tessuto cerebrale e campioni di sangue per i depositi di placca, i livelli di proteina tau e le prove di infiammazione. 

Il farmaco avrebbe portato al gruppo di scimmie trattato anche dei benefici cognitivi: sottoposte a una serie di enigmi, le scimmie anziane che avevano ricevuto il farmaco si sono comportate in modo simile ai giovani animali adulti e molto meglio di quelle della loro fascia di età. Ma non solo, il trattamento porterebbe dei miglioramenti anche nelle abilità degli animali: le scimmie che avevano assunto il farmaco erano in grado di risolvere puzzle più velocemente dei loro coetanei non trattati.

Un limite di questo studio è però che i ricercatori hanno valutato solo scimmie anziane che mostravano già segni significativi di neurodegenerazione. Solo ulteriori test su animali più giovani permetterebbero loro di valutare l'efficacia del trattamento nelle fasi precedenti della malattia. Ora il gruppo di ricerca prevede di iniziare a testare la terapia CpG ODN anche su pazienti umani con lievi disturbi cognitivi o nelle prime fasi della demenza e intende anche studiare questo trattamento nelle malattie neurodegenerative correlate.  

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