Sul contratto per la produzione del vaccino europeo ora c'è anche la firma. I ministri della Salute di Italia, Germania, Francia e Olanda hanno sottoscritto l'accordo che prevede la realizzazione di 400 milioni di dosi di vaccino per tutta la popolazione europea da parte di Astrazeneca. Il primo lotto dovrà essere consegnato entro la fine dell'anno. Il vaccino, frutto della collaborazione tra l'Università di Oxford e l'italiana Irbm - attualmente in fase di sperimentazione sull'uomo - «è più promettente», anche se ovviamente, ha chiarito il ministro Roberto Speranza, «non c'è certezza assoluta».
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PROTAGONISTI
L'Italia in ogni caso «è protagonista non solo perché siamo firmatari del primo contratto in questo pezzo di mondo, ma anche perché c'è una ricaduta su Pomezia, su Irbm che è una realtà italiana. Nella ricerca del vaccino - rimarca Speranza - l'Italia si mette in testa». AstraZeneca, che già avrà un bel da fare per riuscire a fornire tutte le dosi agli europei, si vuole però spingere ancora oltre. L'azienda ha intenzione infatti di «assicurare la produzione di 2 miliardi di dosi su scala globale».
È presto per dire se la partita sarà vinta e se si arriverà davvero al vaccino efficace per il Sars Cov 2, ma come sottolinea Giovanni Rezza, direttore della Prevenzione sanitaria del Ministero della Salute, «quando c'è un vaccino in fase avanzata, purtroppo bisogna cercare di opzionarlo, perché sennò poi si resta fuori. Con questo, come con altri vaccini, il rischio c'è sempre», ma bisogna comunque accettarlo, perché «altrimenti non si riesce a essere tra i primi ad acquisire le dosi del vaccino». Di certo, «questa alleanza tra 4 Paesi europei è una garanzia per i cittadini». Intanto i ricercatori si danno da fare per arrivare anche a una cura. All'Università Federico II di Napoli e all'Università di Perugia, sono riusciti a identificare molecole endogene in grado di impedire l'ingresso del virus nelle cellule umane quando la carica del virus non è elevatissima.
LA PREVENZIONE
Al di là dei numeri, resta però l'osservazione clinica. «La gravità della malattia ora è completamente diversa - spiega Maurizio Sanguinetti, direttore del dipartimento di Scienze di Laboratorio e infettivologiche della Fondazione Policlinico Gemelli di Roma e presidente della Società europea di Microbiologia e Malattie infettive - le persone ricoverate sono poche». Ma proprio per evitare che si inverta il trend, «bisogna insistere con le misure di prevenzione finora attuate e andare avanti su questa strada».
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