Virus in laboratorio, intelligence anglosassone: la Cina ha nascosto prove. Gli Usa riaprono l'inchiesta

Virus in laboratorio, intelligence anglosassone: la Cina ha nascosto prove. Gli Usa riaprono l'inchiesta
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Venerdì 28 Maggio 2021, 11:43 - Ultimo aggiornamento: 11:45

La Cina avrebbe «deliberatamente nascosto o distrutto prove dell’epidemia di Coronavirus» nella prima fase della diffusione dei contagi. È l’accusa che emerge da un rapporto realizzato da Five Eyes, alleanza di intelligence tra i paesi occidentali anglosassoni – quindi Stati Uniti, Gran Bretagna, Australia, Canada, Nuova Zelanda: «un attacco alla trasparenza internazionale costata decine di migliaia di vite umane» e che rappresenta e ha rappresentato anche un pericolo per gli altri Stati.

Secondo il giornale australiano Daily Telegraph, che sarebbe in possesso del documento, nel report sono descritti gli «ostacoli» che la Cina avrebbe posto, prima del 20 gennaio e del cambio di rotta, con la notizia del virus che cominciata a fare il giro del mondo.

Eccoli: Pechino avrebbe nascosto o distrutto le prove sul virus. Avrebbe negato il fatto che si trasmettesse tra esseri umani. Avrebbe (come nel caso del medico eroe, Li Wenliang, morto a febbraio di Covid-19 che per primo diede l’allarme) messo a tacere o «fatto sparire» medici che volevano avvertire del reale pericolo. La Cina avrebbe anche negato campioni del virus agli scienziati stranieri che ne facevano richiesta, scrive ancora il Daily Telegraph citando il rapporto delle intelligence, e, infine, bloccato l’accesso delle organizzazioni internazionali alla provincia di Wuhan, epicentro del contagio.

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«Figure-chiave del laboratorio di virologia di Wuhan in passato hanno lavorato o fatto tirocinio in laboratori del governo australiano», dove «hanno condotto ricerche su virus ricavati da pipistrelli, cercando per sintesi di ottenere dei coronavirus incurabili», scrive ancora il giornale inglese. Di certo però nel rapporto, ancora una volta, non vi è alcuna prova di quanto ha affermato il presidente americano Donald Trump che aveva ordinato un’inchiesta per stabilire se il Covid-19 fosse nato in un laboratorio. 

Proprio oggi i vertici delle agenzie di intelligence Usa hanno informato la Casa Bianca che vi è ancora una grande quantità di materiale da analizzare come potenziali prove dell'origine del coronavirus. È quanto rivela il New York Times, precisando che è stato anche questo a spingere Joe Biden nei giorni scorsi ad esortare pubblicamente le agenzie di intelligence a «raddoppiare gli sforzi» per arrivare ad una conclusione definitiva che indichi se la pandemia di Covid abbia avuto un'origine naturale o si sia sviluppata a seguito di un incidente di laboratorio cinese. Il quotidiano americano precisa che i vertici dell'agenzia intendono usare analisi al computer per cercare di determinare se il virus possa essere uscito accidentalmente da un laboratorio a Wuhan, seguendo i movimenti dei ricercatori ed esaminando il modo in cui sono scoppiati i primi focolai. Ma non sono stati forniti altri dettagli sulla natura di queste nuove prove o il tipo di analisi al computer che verranno condotte nelle prossime settimane. Biden ha infatti chiesto che gli venga consegnato un rapporto entro 90 giorni. Nelle nuove indagini, aggiungono fonti dell'amministrazione Biden, verranno coinvolti laboratori di ricerca federali ed altre risorse scientifiche nazionali che finora non erano state mobilitate per la ricerca delle origini del Covid.

In seguito alla decisione di Biden di approfondire le ricerche anche Facebook ha deciso che non rimuoverà più i messaggi sulla piattaforma che affermano l'origine umana del Coronavirus. L'annuncio della società di Mark Zuckerberg segue prorpio la decisione del presidente statunitense Joe Biden di chiedere all'intelligence Usa di raddoppiare i suoi sforzi per far luce sull'origine del coronavirus entro 90 giorni.

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