Coronavirus, l'infettivologo del Gemelli: «Zone rosse misure ragionevoli, in Cina il contagio diminuisce»

Coronavirus, l'infettivologo del Gemelli: «In Italia zone rosse, in Germania pazienti con sintomi al lavoro»
di Lorena Loiacono
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Lunedì 24 Febbraio 2020, 18:41 - Ultimo aggiornamento: 25 Febbraio, 01:29

In Italia per il coronavirus si registra una casistica alta, unica in Europa. Professore Roberto Cauda, direttore di Malattie infettive del Policlinico Universitario A. Gemelli Irccs di Roma, perché in Italia il contagio si è diffuso così tanto rispetto al resto d'Europa?
«Una premessa necessaria: stiamo parlando di una malattia che abbiamo imparato a conoscere solo tra gennaio e febbraio. Prima del 30 dicembre scorso non ne sapevamo niente. Parto da qui per dire che non sappiamo, ad oggi, quanti casi asintomatici esistono e quanti con sintomi aspecifici. Osserviamo anche sintomi come quelli delle forme similinfluenzali, che già conosciamo. Stiamo quindi studiando questa malattia per capirla meglio. E da lì ne sapremo di più anche del contagio».

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Forse, allora, negli altri Paesi potrebbero esserci casi asintomatici che sfuggono alla prevenzione?
«Difficile dirlo».

In Italia emergono nuovi casi perché i medici stanno effettuando i controlli?
«Certamente la conoscenza di questo alto numero di casi in Italia è frutto di una ricerca capillare che il sistema sanitario italiano sta portando avanti con molta attenzione. Quindi i casi stanno emergendo anche grazie alla ricerca effettuata. Ma va detto che la ricerca è partita da due casi clinicamente accertati. Parte tutto da lì».

All'estero si sta sottovalutando il problema?
«Difficile fare paragoni di questo tipo. In Italia è stato ritenuto opportuno creare le “zone rosse”. Dobbiamo osservare se e come arriverà il contagio in altri Paesi: non dimentichiamo che nell'80% dei casi il coronavirus presenta una sintomatologia blanda, solo in un caso su 5 mostra forme più importanti che fanno alzare l'allerta. In Germania sappiamo che un paziente ha avuto sintomi similinfluenzali ed è tornato a lavoro poco dopo, non sappiamo se casi simili possano trasmettere il virus».

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Le misure messe in atto in Italia sono sufficienti?
«Sì, sono assolutamente ragionevoli. All'inizio nessuno poteva pensare di mettere in isolamento interi Paesi o di chiudere le scuole. Ora sì. La situazione è fluida, va affrontata di giorno in giorno».

Saranno mai individuati i pazienti 0?
«Non lo so ma dico: guardiamo avanti e preoccupiamoci di limitare il contagio il più possibile».

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«Oggi ne sappiamo molto. Ma non tutto».

La quarantena funzionerà?
«E' una forma di limitazione della libertà, ne siamo tutti consapevoli, così come il blocco degli accessi agli eventi di culto e a quelli religiosi. Ma in questi casi si tratta di interventi necessari. Se funzionerà lo sapremo nei prossimi periodi però posso dire che, in Cina, le misure di contenimento sembrano aver funzionato e il numero dei contagi sta diminuendo. Almeno questo è quanto emerge dai dati che ci vengono forniti».

Potrebbero non arrivare tutte le informazioni?
«Avendo la necessità di contenere il contagio, dobbiamo tenere conto di tutto: sia del fatto che potremmo non ricevere tutti i dati di cui abbiamo bisogno sia del fatto che, come in ogni malattia che si trasmette per via aerea, è molto difficile prevederne il percorso».
 

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