India blocca Astrazeneca: frenata delle vaccinazioni in Gran Bretagna, il ruolo decisivo delle imprese italiane

Lo scorcio di una fabbrica italiana di vaccini
di Diodato Pirone
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Giovedì 18 Marzo 2021, 16:23 - Ultimo aggiornamento: 16:24

Anche la Gran Bretagna è stata colpita dalla sindrome di AstraZeneca e dal primo aprile rallenterà il ritmo delle vaccinazioni. Nessuna sospensione, nessun problema di reazioni al farmaco: il fatto è che anche gli inglesi sono vittime del nazionalismo farmaceutico per cui ieri l'India ha deciso di bloccare 5 milioni di dosi AstraZeneca prodotte presso il Serum Insitute indiano, il principale produttore di vaccini del mondo. Le fiale erano destinate in origine al mercato inglese che ora resterà in parte a secco (continuano le forniture di Pfizer).

Il blocco indiano ha costretto il governo britannico, che può vantare l'indubbio successo d'aver vaccinato finora 26,5 milioni di cittadini (contro i 7 milioni italiani) pari al 40% della popolazione, a rimodulare il suo piano di somministrazioni che in questi giorni ha viaggiato alla notevole media di 500.000 vaccinazioni al giorno.

Le prime "vittime" del rallentamento saranno i 50enni britannici che dovrenno aspettare prima di proteggersi. Quanto? Non si sa esattamente perché anche la Gran Bretagna è in attesa di altre forniture a partire da quelle dell'americana Moderna.

Non è chiaro se nel rallentamento del piano di somministrazioni britannico abbia un ruolo anche l'Unione Europea. Ieri la presidente della Commissione Ue, Ursula Von der Leyen, ha ricordato che nelle scorse settimane dagli stabilimenti situati sul territorio europeo sono partite ben 10 milioni fiale AstraZeneca per la Gran Bretagna. Ora Bruxelles si attende che Londra si sintonizzi su un analogo atteggiamento di collaborazione consentendo l'esportazione verso l'Europa di lotti di AstraZeneca prodotti in Gran Bretagna.

Già, ma perché l'Europa non ha già bloccato i vaccini infialati dalle fabbriche Ue? La risposta è semplice e complessa al tempo stesso.

I vaccini sono uno dei migliori prodotti della globalizzazione. Questi farmaci vengono "inventati" in centri di ricerca molto sofisticati (l'AstraZeneca nell'Università di Oxford) ma la loro produzione materiale viene attuata in molte fabbriche ultraspecializzate in tutto il mondo, in Europa soprattutto in Belgio, Olanda, Italia e Spagna. Inoltre la produzione dei sofisticatissimi macchinari per infialare miliardi di dosi nelle sicurezza totale è concentrata in Italia e in Germania. Le materie prime invece molto spesso vengono dai paesi del Terzo Mondo.

Insomma non c'è paese, neanche la potentissima America che pure è vicina all'autosufficienza, che può dirsi completamente autonomo in questo campo. Tanto è vero che i russi, pur avendo inventato un prodotto buono (ma complesso) come lo Sputnik, hanno pochissima capacità produttiva dovendo importare i macchinari dall'Italia (i vaccinati in quel paese sono meno di 10 milioni) e persino i cinesi hanno molte difficoltà avendo vaccinato solo 50 milioni dei loro cittadini.

La morale di questa storia è chiarissima: in questa fase i vaccini sono l'equivalente delle bombe termonucleari e svolgono un ruolo chiave nello scacchiere geopolitico. Avere le conoscenze necessarie per "inventare" questi farmaci (e più in generale quelli più importanti) e poi per produrli vicino ai mercati di consumo è una nuova missione strategica per l'Europa. In questo quadro l'industria italiana può svolgere un ruolo strategico. La nostra industria farmaceutica è la più importante in Europa dopo quella tedesca.

Ma siamo leader come produttori di macchinari (e di software) specializzati e come capacità di infialamento che è un'attività molto complessa e che richiede un livello di robottizzazione e di competenze dei tecnici e degli operai  assolutamente straordinari. Vedremo se nei prossimi mesi riusciremo a sfruttare al meglio le capacità manifatturiere che hanno fatto grande il Made in Italy.

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