Alzheimer, la ministra Stefani: «Centri diurni nelle Rsa per sostenere le famiglie»

`Due malate uccise dai mariti. La ministra per le Disabilità: «Le cure non bastano. Col Pnrr riformiamo la rete territoriale» e potenziamo l’assistenza domiciliare»

Alzheimer, la ministra Stefani: «Centri diurni nelle Rsa per sostenere le famiglie»
di Valentina Arcovio
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Martedì 28 Dicembre 2021, 08:31 - Ultimo aggiornamento: 29 Dicembre, 13:04

Due omicidi in poco meno di 48 ore, uno in Abruzzo e l'altro in Umbria. Due donne malate di Alzheimer sono state uccise dai rispettivi mariti, gli stessi che prima di togliere la vita alle loro mogli se ne sono presi cura per molto tempo. Due caregiver che, a quanto sembra, hanno compiuto un gesto estremo spinti da esasperazione e sofferenza. Aldilà dei singoli casi, su cui ci sono indagini in corso, c'è un dato di fatto: «la vita dei caregiver dei malati d'Alzheimer è difficile e complicata», dice la ministra per le Disabilità, Erika Stefani. «Questi due episodi drammatici ci dimostrano chiaramente come l'Alzheimer non sia una questione meramente sanitaria. L'Alzheimer è una patologia senza cura che richiede che la persona venga accompagnata così come venga sostenuta la sua famiglia e chi se ne prende cura. Dobbiamo costruire un sistema capace di fare questo», aggiunge.
Ministra Stefani, in che modo possiamo migliorare la vita dei malati e nel frattempo supportare coloro che se ne occupano ogni giorno?
«Stiamo cercando di migliorare il sistema di cura e assistenza, facendo dialogare enti, istituzioni e associazioni coinvolte Penso che il primo passo sia quello di mettere in rete i diversi livelli di governo e le diverse competenze. Oggi l'Alzheimer chiama in causa attori differenti: c'è la parte sanitaria, quella socio-assistenziale che è in capo alle Regioni ed enti locali, c'è il ruolo importante del terzo settore. È fondamentale che ogni cittadino-caregiver non si senta solo, ma sia informato degli aiuti a disposizione. A livello locale, in alcune realtà, sono stati creati tavoli di coordinamento per fare in modo che ciascuno degli attori coinvolti possa contribuire a fornire una rete di risposte plurime e diversificate. L'obiettivo deve essere non far sentire sole le persone, renderle consapevole dei servizi e degli aiuti che possono richiedere. Purtroppo ad oggi, al di là delle lodevoli iniziative assunte su alcuni territori, questo coordinamento diffuso è un obiettivo ancora da realizzare».

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Perché?
«Affinché si riescano a dare risposte concrete e coerenti è necessario mettere in contatto e far dialogare tutti questi soggetti. È un lavoro di raccordo che nasce a livello locale, ma che deve essere sistematizzato. È questa, ad esempio, la filosofia che sta alla base della Legge delega sulle disabilità: costruire attorno alla persona e al suo progetto di vita una rete di interventi idonei a realizzarlo».
In cosa consiste questa legge?
«È basata su un meccanismo che mette al centro la persona con disabilità per costruire con la persona stessa e chi la rappresenta il suo progetto di vita ed attivare tutti quegli interventi necessari per realizzarlo nel tempo. La persona con disabilità deve diventare protagonista della sua vita. Ci sono già dei progetti virtuosi in alcune Regioni. Dobbiamo prendere le progettualità più virtuose ed elevarle a modello su tutto il territorio italiano. Questo contenitore della Legge delega servirà a mettere in contatto la parte sanitaria con quella socio-assistenziale, la parte del terzo settore con la parte del pubblico. Vogliamo che sia la premessa normativa affinché alla persona con disabilità venga data la possibilità di costruire il proprio progetto di vita individuale garantendo anche la flessibilità degli interventi, specie attraverso il coinvolgimento del terzo settore».
Lo stesso raccordo tra diverse componenti è necessario anche per una migliore gestione del Fondo nazionale per la non autosufficienza?
«Sì. È un modello, quello del dialogo tra la parte sanitaria e quella socio-assistenziale, applicabile anche alla sfera della non Autosufficienza e dunque anche per le persone con Alzheimer o con altre forme di demenza. In questo senso abbiamo fortemente voluto un ulteriore incremento del Fondo Nazionale delle Non Autosufficienze. Nel decreto Sostegni bis è stato previsto un incremento di 40 milioni del Fondo e le nuove risorse sono per il sostegno di persone con disabilità e anziani non autosufficienti, per dare maggiore impulso ai progetti di vita indipendente e di supportare l'assistenza socio-sanitaria. Il tutto per favorirne la permanenza presso il proprio domicilio ed evitarne l'istituzionalizzazione. Con questa legge di bilancio siamo, poi, arrivati ad un totale di circa 750 milioni confermando quel trend di crescita degli ultimi anni che sta a dimostrare l'attenzione della politica nei confronti del mondo delle disabilità ed in particolare della non autosufficienza».
Con questi fondi cosa si può fare?
«Questi Fondi sono ripartiti tra le Regioni e possono essere utilizzati per attivare, in particolare, servizi di assistenza domiciliare, contributi economici per Caregiver, misure di sollievo per i familiari».
Le risorse non sono poche per soddisfare tutte le esigenze delle persone con disabilità, malati d'Alzheimer compresi?
«Le risorse sono state incrementate negli ultimi anni e auspico un ulteriore incremento per il futuro. Ma se queste risorse vengono utilizzate al meglio dalle Regioni, certamente potranno essere di aiuto per tanti malati e le loro famiglie».
L'Alzheimer, pur colpendo in alcuni casi pazienti relativamente giovani, riguarda soprattutto gli anziani. Di conseguenza succede spesso che i caregiver siano i partner dei malati, quindi persone altrettanto anziane. Cosa si sta facendo per loro?
«Ci comunica il Ministero della Salute che è stata istituita presso di loro la Commissione per la riforma dell'assistenza sanitaria e sociosanitaria per la popolazione anziana, presieduta da Monsignor Vincenzo Paglia, che ha già redatto la Carta dei diritti degli anziani e dei doveri della società: una ricognizione puntuale di bisogni e risposte da mettere in campo attraverso la riforma dell'assistenza territoriale e il potenziamento dell'assistenza domiciliare integrata, che diventerà strumento centrale della presa in carico. È previsto un nuovo ruolo delle Rsa, che potranno svolgere la funzione di centri diurni per garantire il continuum assistenziale: la semiresidenzialità ad alta qualificazione fornirà un supporto importante per i pazienti con patologie croniche e demenze».
Nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza sono previste misure in aiuto dei malati d'Alzheimer e i loro caregiver?
«Come comunica il Ministero della Salute, negli investimenti del Pnrr è prevista una riforma della rete territoriale e il potenziamento dell'assistenza domiciliare, che ha portata ampia e che, nell'attuazione, rappresenta una risposta anche ai malati d'Alzheimer.

Nel Pnrr sono destinati all'assistenza territoriale risorse di cui parte destinate all'assistenza domiciliare, per portare le cure più appropriate in casa dei pazienti. Per il potenziamento delle cure domiciliari è stato già avviato un fondamentale intervento di riforma, con l'estensione del sistema di accreditamento a tutti i soggetti, pubblici e privati, che erogano servizi di assistenza domiciliare, per uniformare in tutto il Paese gli standard delle prestazioni e assicurare assistenza integrata di qualità a domicilio, evitando il ricorso improprio all'ospedale».

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