Nuovi vaccini e pillole, l'anti-Covid è su misura

Nuovi vaccini e pillole, l'anti-Covid è su misura
di Graziella Melina
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Giovedì 11 Novembre 2021, 06:00 - Ultimo aggiornamento: 16:16

Il terzo inverno dall’inizio della pandemia, le armi per combattere il Covid si affilano sempre di più.

Grazie agli studi dei ricercatori di tutto il mondo, oggi finalmente ci si può proteggere con i vaccini e anche con gli anticorpi monoclonali. Ma presto saranno anche disponibili nuove terapie farmacologiche da assumere a casa.

EFFICACIA AL TOP

 La campagna vaccinale corre sempre più spedita. L’inoculazione della terza dose (con Pfizer e Moderna, farmaci anticovid a mRna) permetterà di mettere in sicurezza la popolazione, dapprima quella più fragile e più esposta al rischio di infezione, e rafforzare il livello di protezione contro il Sars cov 2. Come dimostrano gli ultimi dati dell’Istituto Superiore di Sanità l’efficacia vaccinale “resta elevata” nel prevenire l’ospedalizzazione (91%), il ricovero in terapia intensiva (95%) o il decesso (91%) anche con la variante delta. In realtà, le dosi utilizzate finora non sono ancora aggiornate per contrastare le varianti, sono infatti tarate sul ceppo di Wuhan, ma sembrano comunque efficaci. I primi dati sulla terza dose di vaccino anti covid diffusi da Pfizer e BioNTech indicano che la protezione dopo il richiamo è pari al 95,6% contro la malattia, in una situazione in cui la variante delta è prevalente. Intanto, i colossi farmaceutici stanno lavorando a prodotti più nuovi. Moderna, per esempio, sta testando una versione aggiornata del vaccino per altri varianti. Anche gli scienziati dell’università di Oxford che hanno sviluppato il vaccino anti-Covid prodotto da AstraZeneca sono al lavoro ad una versione aggiornata. Non solo. L’azienda di biotecnologie statunitense Novavax ha chiesto l’approvazione per un nuovo prodotto anticovid. Un vaccino basato sulla tecnologia delle proteine ricombinanti: assemblandosi possono formare cioè particelle simil-virali che inducono il sistema immunitario a produrre anticorpi. I risultati di fase 3 sembrano molto promettenti, l’efficacia sarebbe comparabile a quelli a mRna (ossia Pfizer e Moderna).

I RIMEDI

Intanto, dopo un’iniziale difficoltà a farsi strada, sta decollando anche l’uso degli anticorpi monoclonali, farmaci destinati in particolare a soggetti a rischio di progressione severa della malattia e da assumere nelle fasi iniziali. Secondo il report dell’Agenzia Italiana del farmaco (Aifa) relativo al periodo dal 22 al 28 ottobre, sono stati finora 12.704 in Italia i pazienti Covid trattati.

Gli anticorpi monoclonali non hanno ancora ricevuto l’approvazione dell’Agenzia europea per i medicinali (Ema) ma in Italia sono stati autorizzati in via temporanea dal Ministero della salute lo scorso febbraio. Diversi gli studi che confermano l’efficacia contro il Sars Cov 2: la probabilità di ospedalizzazione si riduce intorno all’87%. Inoltre, secondo i ricercatori dell’Università della California, i monoclonali sono efficaci nel proteggere le scimmie macaco anziane e diabetiche dai danni causati dal Covid-19 a livello polmonare e neurologico. I risultati dello studio, sovvenzionato dal National Institutes of Health (Nih) statunitense e pubblicato sulla rivista scientifica Cell Reports, suggeriscono che potrebbero quindi essere somministrati come trattamento preventivo a persone ad alto rischio, come i residenti anziani in una casa di cura. Intanto, anche l’anglo-svedese AstraZeneca ha pubblicato un aggiornamento sul farmaco AZD7442 a base di anticorpi monoclonali, da iniettare per via intramuscolare. Una novità non da poco, come ha ammesso il presidente di Agenzia italiana del farmaco Giorgio Palù, visto che l’impiego dei monoclonali attualmente non è così frequente proprio perché utilizzati solo in ospedale e per endovena.

PER BOCCA

La ricerca scientifica ha messo a punto anche farmaci specifici contro il Covid. Sembra dare risultati promettenti un nuovo antivirale, il molnupiravir, sviluppato da Merck in collaborazione con Ridgeback Biotherapeutics. Secondo quanto riportato dalla rivista scientifica Medscape Medical News, il molnupiravir, che si assume per bocca, se preso due volte al giorno per cinque giorni permette una forte riduzione della carica virale. In Italia, tra i nove centri che partecipano alla sperimentazione (fase tre) c’è anche l’ospedale San Martino di Genova. «Se i dati del trial clinico saranno incoraggianti - spiega Ordinario di Malattie Infettive all’università di Genova Matteo Bassetti - speriamo possa arrivare una approvazione rapida». In realtà, lo scorso 5 novembre, il coordinatore del Comitato tecnico scientifico Franco Locatelli ha annunciato che Aifa si è già attivata per acquisirne una quantità adeguata. Sul fronte delle nuove terapie, Pfizer non sta di certo a guardare: pare sia già pronta una pillola sperimentale (il Paxlovid) in grado di ridurre dell’89% il rischio di ospedalizzazione o di morte nei pazienti trattati subito dopo la comparsa dei sintomi. L’azienda ha già stipulato accordi di acquisto anticipato con più Paesi garantendo prezzi più bassi a Stati in difficoltà.

CONTRO LE RECIDIVE

 Ma c’è poi il capitolo delle cure per chi, seppure vaccinato, si è reinfettato. Secondo Massimo Andreoni, direttore di Malattie infettive del Policlinico Tor Vergata di Roma e direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali, in realtà «il vaccinato mediamente non sviluppa la malattia grave. In questi casi, come al solito, si prescrive solo una terapia sintomatica, per esempio analgesici. Se si manifestano dolori si possono utilizzare antiinfiammatori, e gli antipiretici se c’è febbre». Nei casi in cui invece il vaccinato diventa sintomatico e inizia ad avere insufficienza respiratoria «allora al di là del cortisone e del remdesivir, che è l’antivirale utilizzato nei pazienti sintomatici ospedalizzati, si può valutare anche la somministrazione dei monoclonali».

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