Telethon, la ricerca ferma anche la fuga di cervelli: finanziati 45 progetti per i giovani, con stipendio

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di Carla Massi
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Giovedì 11 Marzo 2021, 06:00 - Ultimo aggiornamento: 18 Febbraio, 07:47

C'è voluto un dramma epocale come la pandemia Covid-19 perché l’Italia intera si rendesse conto che è una risorsa. Una protezione per la salute pubblica, l’economia, la cultura. La ricerca, nella battaglia contro il virus, ha mostrato tutta la sua potenza e la sua efficacia. Per capire, basta la velocità con la quale si è arrivati al vaccino. A illuminare quel mondo che, da noi, fa sempre tanta fatica a far sentire la voce. Se non fosse per le cicliche raccolte fondi delle grandi istituzioni sarebbe ingessata. Quasi ferma in un panorama ricco di ostacoli e scarso di riconoscimenti. Uno scenario niente affatto attraente per un giovane che una volta uscito dalle aule e dai laboratori dell’università non può far altro che preparare i bagagli e andare altrove. Per sempre. Non solo per il tempo di migliorare la formazione, fare esperienza e, magari, tornare. Per continuare a studiare, insegnare e lavorare per la ricerca anche qui. Il campanilismo non c’entra. Questa volta, l’abbiamo capito: ne va della sopravvivenza. Nel senso di autonomia, di forze da poter unire ad altre forze, di lungimiranza. Nelle cure, nelle risorse di un Paese, nell’investimento. E perché no, nel mercato.

Un dato: dal 2008 al 2019 in 14 mila hanno conseguito un dottorato di ricerca in Italia e, quasi la totalità, è emigrata per sempre all’estero. Non una classica “fuga dei cervelli” ma una scelta consapevole dettata dal legittimo desiderio di essere valorizzati sia dal punto di vista della carriera sia da quello economico. In una situazione così complessa sembra davvero acqua nel deserto il finanziamento, da parte della Fondazione Telethon (una delle principali charity biomediche italiane), di 45 progetti per sostenere la ricerca su malattie genetiche rare. Dieci milioni di euro. Quaranta nel totale in un anno così complesso come è stato il 2020. Una novità del bando fa pensare ad un cambiamento. È stato istituito il Telethon Career Award, ovvero l’opportunità per giovani ricercatori di competere con i colleghi più affermati, grazie anche alla possibilità di richiedere in aggiunta il finanziamento del proprio salario per tutta la durata del progetto. Uno stipendio, dunque. Per un totale di 40 mila euro all’anno. Per il bando 2020 hanno presentato il loro lavoro 518 ricercatori di tutta Italia. Di questi, 139 sono stati selezionati. Una commissione internazionale di venti scienziati, presieduta da Naomi Taylor dei National Institutes of Health statunitensi e dell’Università francese di Montpellier, ha fatto la revisione scientifica e poi la scelta finale. I 45 progetti, finanziati sulla base della qualità scientifica, la fattibilità e l’impatto sul paziente sono stati distribuiti su tutto il territorio nazionale: Abruzzo, Campania, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Molise, Piemonte, Sardegna, Toscana, Trentino-Alto Adige e Veneto. Nei laboratori si lavorerà su quaranta malattie genetiche rare.

Dall’atrofia e distrofia muscolare alle patologie oculari e neurologiche (Huntington e sindrome di Angelman).

La stessa Fondazione mette in parallelo la pandemia mondiale e la necessità di continuare a puntare sulla ricerca. Anche in campi che, apparentemente, sembrano lontani dall’infezione del Covid-19. Apparentemente perché mai come ora lavori con focus su oncologia, ematologia e genetica si sono rivelati eccellenti alleati in questa lotta al virus. «La pandemia ha rinnovato agli occhi di tutti la necessità universale di valorizzare la scienza, che ha un ruolo cruciale per il futuro della società e della vita di tutti noi, non solo in periodi di emergenza – spiega Francesca Pasinelli, direttore generale della Fondazione Telethon – La fase attuale sta rendendo sempre più evidente l’importanza di investire in ricerca e di farlo bene, cioè mettendosi nelle condizioni di produrre un impatto concreto. Il metodo a cui la Fondazione Telethon si affida da più di trent’anni ci ha permesso di ottenere avanzamenti importanti della conoscenza e delle strategie di cura. Un progetto che, grazie al sostegno e alla fiducia che i donatori continuano a rinnovare, contiamo di ampliare per poter rispondere a un numero sempre maggiore di pazienti».

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