Valvole cardiache biologiche: niente degenerazioni zuccherine, una svolta anche per i pazienti giovani

Valvole cardiache biologiche: niente degenerazioni zuccherine, una svolta anche per i pazienti giovani
di Nicoletta Cozza
4 Minuti di Lettura
Giovedì 10 Marzo 2022, 06:00 - Ultimo aggiornamento: 22 Febbraio, 11:04

La degenerazione provoca nel paziente i sintomi di una stenosi, o di un’insufficienza circolatoria. In questo modo, quindi, le valvole cardiache biologiche impiantate nel torace segnalano che sono arrivate ormai al termine della loro attività, al punto da dover essere sostituite.

Ad accelerare il processo di deterioramento è la risposta anticorpale dell’organismo nei confronti di due molecole zuccherine presenti nei dispositivi di derivazione animale: alpha gal e Neu5Gc. Di recente, però, un team internazionale di ricercatori, coordinato dall’immunologo clinico Emanuele Cozzi, docente del dipartimento di Scienze cardio-toraco-vascolari e Sanità pubblica dell’Università di Padova, ha pubblicato sulla rivista scientifica Nature Medicine lo studio intitolato “The role of antibody responses against glycans in bioprosthetic heart valve calcification and deterioration”, nel quale si evidenzia come la produzione di valvole biologiche ottenute da donatori animali ingegnerizzati possa invece evitare la reazione immunitaria, consentendo a esse di durare molto più a lungo, evitando al malato un secondo e complicato intervento chirurgico per un nuovo impianto.

Sono circa 400mila i pazienti che ogni anno nel mondo hanno bisogno della sostituzione di una valvola cardiaca, prevalentemente l’aortica, e quelle biologiche, quasi sempre di derivazione bovina o suina, risultano le più idonee in quanto, contrariamente alle meccaniche, peraltro maggiormente durature, non impongono al paziente di sottoporsi a terapia anticoagulante.

IL REPORT

La ricerca, che è durata 5 anni, si è basata su un campione di 1.668 soggetti, i quali erano stati sottoposti all’operazione nei centri di cardiochirurgia dell’Ospedale Bellvitge di Barcellona, dell’Ospedale Universitario Vall d’Hebron di Barcellona, dell’Ospedale Universitario di Manitoba, dell’Ospedale Universitario di Nantes e dell’Azienda Ospedaliera appunto di Padova. Lo studio è stato condotto nell’ambito del Progetto Europeo TransLink, finanziato con un budget di 6 milioni di euro dal Settimo Programma Quadro della Ue: 14 i partner coinvolti appartenenti a 4 Paesi dell’Unione Europea, cioè Italia, Spagna, Francia e Svezia, assieme a Inghilterra, Stati Uniti, Canada e Israele.

Il professor Cozzi già prima di avviare il progetto era in possesso di dati preliminari che lasciavano intuire la possibile conclusione dell’indagine. «Sono un immunologo dei trapianti – spiega – che in passato si è occupato di xenotrapianti per scopi clinici. Nella fattispecie lo studio che ho seguito ha dimostrato che, dal primo mese successivo all’impianto di valvole biologiche, il livello degli anticorpi diretti contro le molecole zuccherine aumenta significativamente. E in un modello animale abbiamo visto come effettivamente la presenza di questi anticorpi sia in grado in un mese di causare depositi di calcio nelle valvole biologiche e quindi di determinarne il deterioramento. Al contrario, se impiantiamo i dispositivi provenienti da animali ingegnerizzati, cioè trattati a livello genetico per impedire la produzione delle molecole zuccherine, gli anticorpi stessi non “aggrediscono” la valvola e non inducono la calcificazione dei tessuti. Il nuovo orizzonte determinato dal risultato della ricerca, pertanto, è che c’è la possibilità di mettere a disposizione dei pazienti valvole biologiche di “next generation” che, da un lato hanno una vita più lunga e, dall’altro, possono essere impiantate pure nei soggetti giovani, cosa che attualmente ancora non avviene, garantendo loro sicurezza di una perfetta riuscita dell’intervento e una migliore qualità di vita rispetto a quella che dà la valvola meccanica». In sostanza viene modificato il genoma degli animali donatori, togliendo l’enzima che scatena la risposta immunitaria culminante con la produzione di zuccheri: bovini e suini trattati in questo modo hanno un’esistenza normale e quando si riproducono trasmettono l’assetto genetico modificato.

IL QUESITO

In effetti le valvole biologiche vengono utilizzate soltanto nel 60% del totale delle sostituzioni, proprio perché presentano l’inconveniente di contenere gli antigeni zuccherini, che invece non esistono in quelle umane, causando l’aggressione dei tessuti valvolari, più celere nei soggetti giovani che hanno un sistema immunitario maggiormente efficiente. Ed è il motivo per cui questi ultimi finora hanno ricevuto solo i dispositivi meccanici che però impongono stili di vita e di lavoro con notevoli limitazioni, per esempio nell’attività sportiva, perché un eventuale trauma provocherebbe un’emorragia difficilmente contenibile, determinata dall’assunzione degli anticoagulanti.

© RIPRODUZIONE RISERVATA