Si è fatto risentire con vivace insistenza qualche giorno fa, quando dopo gli interminabili mesi di inevitabile fermo sono tornato di fronte ad un gruppo di persone a parlare dal vivo. Il doloretto, alla vigilia dell’atteso evento, ha deciso di posizionarsi fra l’intestino e il colon, ha passeggiato non curante fregandosene della mia gioia, ha provato a distrarmi, a spostare la mia attenzione dai fogli che avrei dovuto leggere a lui. L’ho lasciato gironzolare senza dargli troppa importanza e lui ha deciso di fermarsi quando mi ha visto pronto a vivere l’emozione di quell’incontro. Il mio doloretto-viaggiatore mi accompagna da sempre, è capace di spostarsi dal polpaccio al ginocchio, dal fianco al centro del petto, dalla schiena alle tempie. Ho però una grande fortuna, durante la notte dorme, raramente si è lasciato incuriosire dalle tenebre, è un doloretto-pigro e non è poco. Diventa particolarmente dispettoso e molesto una o due volte l’anno quando le stagioni cambiano e decide di allenarsi correndo dal collo alle spalle; in quei casi sono costretto a punirlo ingerendo un anti-doloretto che lo anestetizza, probabilmente questa pratica lo innervosisce assai, puntualmente lascia le zone che considera pericolose e decide così di stazionare per qualche ora nel padiglione auricolare destro, sul mignolo sinistro o addirittura fra i capelli.
Lo conosco da sempre il mio doloretto, fin dai tempi della scuola: già allora si faceva vivo alla vigilia di un esame o di un’interrogazione, ed io ho imparato abbastanza presto a controllarlo, a prevedere i suoi tempi e le sue reazioni. Oggi i momenti di grande soddisfazione, dove rischio di perdere il controllo, se li prende prima del mio andare in scena.