Hanno portato per mano i telespettatori nelle corsie di un ospedale, i protagonisti della fiction di RaiUno campione di audience "Doc – Nelle tue mani".
Un viaggio tra le speranze e le paure dei pazienti ma anche tra le emozioni e le mille difficoltà incontrate dai medici. Ma la serie che ha visto Luca Argentero calarsi nei panni di Andrea Fanti, un ex primario di medicina generale che, dopo aver perso la memoria per un incidente, torna al lavoro cercando di mettere insieme i pezzi di una vita che ormai ricorda solo in parte, non è pura fiction. Racconta storie vere, casi clinici reali meticolosamente selezionati da Raffaele Landolfi, specialista in Medicina interna, direttore scientifico del Gemelli Training Center e consulente scientifico della serie.
IN PRIMA LINEA
Sotto il suo vaglio sono passate le sceneggiature e, nel suo reparto, hanno fatto “tirocinio” per settimane tutti i protagonisti della serie tv entrando, minuto per minuto, nella vita in corsia. Reale è anche la storia a cui Doc si ispira. Quella che Pierdante Piccioni, medico in prima linea nella lotta al Covid all’ospedale di Lodi, ha raccontato nel libro autobiografico "Meno dodici" (Mondadori) in cui ricorda lo stravolgimento della sua vita quando, dopo un incidente automobilistico, perde la memoria dei suoi ultimi 12 anni. La storia di un uomo di successo, un padre e un marito costretto a rimettersi in gioco. Come Andrea Fanti che, in Doc, vuole riappropriarsi del ruolo di primario perché in fondo spera di riavere quello di uomo, padre, marito e amante. «Doc siamo tutti noi, è uno che cade e si rialza - dice Piccioni - La mia vita è cambiata il 31 maggio 2013.
LAVORO DI SQUADRA
Il successo di Doc è frutto di un grande lavoro di squadra secondo Raffaele Landolfi che ha istruito il cast. «La scelta di girare la fiction in un reparto di medicina interna è stata fatta perché è qui che si sviluppano i casi più complessi, quelli nei quali il problema centrale è la diagnosi- spiega - Mi è piaciuto molto lavorare con persone che avevano l’interesse a stabilire una modalità di rapporto con il paziente umana. Un rapporto che deve essere basato sull’ascolto perché sono proprio i particolari che, nel 90% dei casi, meglio indirizzano lo specialista verso la diagnosi. Si dice che il 15% delle diagnosi siano sbagliate o incomplete. Questo perché è mancata la valutazione dei particolari. La Gioconda è stata guardata da tutto il mondo per centinaia di anni e, solo recentemente, si è scoperto che ha delle manifestazioni tipiche di ipercolesterolemia familiare. Non si dovrebbe finire mai di essere accurati».