Covid, così la super-pillola blocca il virus sul nascere

Covid, così la super-pillola blocca il virus sul nascere
di Carla Massi
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Giovedì 13 Maggio 2021, 06:00 - Ultimo aggiornamento: 19 Febbraio, 06:34

Sorprende la reattività della scienza dopo il ko inflitto dal Covid-19. Prima il vaccino in meno di nove mesi, poi l’accelerata sugli anticorpi monoclonali e ora l’antivirale per bocca da prendere curandosi a casa. Parallelamente vengono monitorate le varianti, calcolata la possibilità di una terza dose e, forse, di un’unica somministrazione in autunno contro l’influenza stagionale e il Sars-Cov-2. Anche la macchina della prevenzione sembra aver messo il turbo e guardare lontano. Pensiamo alle linee guida appena varate dal ministero della Salute per curare sempre più pazienti a domicilio visto che almeno per un altro anno avremo a che fare, in modo serio, con l’infezione e alla circolare sulle raccomandazioni per il controllo dell’influenza stagionale 2021-22.

«Anticipare le campagne di vaccinazione antinfluenzale, a partire dall’inizio di ottobre – si legge nel documento – Poiché permane una situazione pandemica Covid-19 si raccomanda nella fascia di età 6 mesi-6 anni. Inoltre, al fine di facilitare la diagnosi differenziale nelle fasce di età a maggiore rischio di malattia grave, la vaccinazione antinfluenzale è fortemente raccomandata e può essere offerta gratuitamente a chi ha 60-64 anni». È assolutamente obbligatorio guardare lontano e, finalmente, fare previsioni strategiche a lungo raggio. Dal momento che, come annunciato dalla Federazione internazionale dei produttori e delle associazioni farmaceutiche, l’immunità di gregge planetaria sarà raggiunta entro il 2022. Il virus potrebbe non essere stato debellato, dovrebbero essere a disposizione tutti gli strumenti per circoscrivere i focolai e mettere le popolazioni in sicurezza. Il virus Sars-Cov-2 non scomparirà a breve, dunque, ma con ogni probabilità imparerà a convivere con noi. E noi con lui. Diventerà come lo sono i comuni virus dell’influenza che cambiano e contro i quali dobbiamo vaccinarci di anno in anno. «Il Covid-19 diventerà come tante infezioni virali, come l’influenza che poi tenderà a continuare a trasmettersi nella popolazione umana senza dare i problemi che sta dando ora – fa sapere il direttore generale della Prevenzione del ministero della Salute, Gianni Rezza – I fattori che possono innalzare la soglia dell’immunità sono essenzialmente tre: la capacità dei vaccini di dare immunità sterilizzante, quindi bloccare la trasmissione dell’infezione, la durata della protezione del vaccino che oggi non conosciamo e le varianti».

Questa condizione potrebbe impedire il raggiungimento dell’immunità di gregge, ma comunque permettere il controllo dell’epidemia e il ritorno alla normalità.

L’EVOLUZIONE

 Mentre la campagna vaccinale va avanti (quasi) in tutto il mondo nei laboratori si lavora per mettere a punto nuovi farmaci in grado di fermare il Covid-19 ai primi sintomi. Tra quelli che potrebbero arrivare entro l’anno c’è la pillola PF-07321332, targata Pfizer, sviluppata da zero nel corso della pandemia. Duecentodieci ricercatori al lavoro. Il candidato farmaco, secondo l’annuncio dell’azienda, ha dimostrato in vitro un’efficace azione antivirale contro il Sars-CoV-2 come contro altri coronavirus. Ora sta per essere testato su alcuni volontari sani tra i 18 e i 60 anni. Obiettivo: avere il più presto possibile, con ogni probabilità entro il 2021 se gli studi clinici daranno tutti esiti positivi e la Food and Drug Administration americana approverà il trattamento, un’arma da utilizzare per i pazienti a casa. Prevenendo, così, il ricovero in ospedale e, nel caso di un aggravamento, la terapia intensiva. Il farmaco appartiene alla famiglia degli inibitori della proteasi, medicinali che colpiscono un enzima virale (la proteasi) che permette ai patogeni di produrre le proteine e dunque di replicarsi. Già utilizzati contro altri virus, come quello dell’Hiv e dell’Epatite C. Da qui, la tranquillità dei ricercatori, nel proseguire su questa strada terapeutica. «Bloccando questo enzima, di fatto, si neutralizza la minaccia – spiega Valentina Marino, direttore medico di Pfizer Italia – Eviterà lo sviluppo della malattia inibendo la replicazione del virus. Siamo ancora nella fase 1. Si sta lavorando per individuare il dosaggio adatto, giusto e compatibile per i pazienti. Per arrivare a questo, al gruppo ora di pochi volontari sani, viene data una sola pillola. È molto importante individuare il dosaggio corretto per poi passare alle fasi successive della sperimentazione con un campione molto più allargato. Il farmaco punta a eliminare il virus prima che possa diffondersi nell’organismo e innescare le complicazioni potenzialmente fatali. Messo a punto per contrastare il Covid-19 potrebbe, in futuro, essere utilizzato contro altri coronavirus. Ecco il perché della sua importanza, nonostante le vaccinazioni. Adesso e dopo la pandemia». La sperimentazione di fase 1 è uno studio, in doppio cieco: né i pazienti né i medici sanno se è stato somministrato il farmaco o il placebo. Serve per valutare la sicurezza, la tollerabilità e la farmacocinetica (assorbimento, distribuzione, metabolismo e l’eliminazione) di PF-07321332.

LA RICERCA

Deriva, invece, da un composto naturale, l’I3C (si trova in alcune piante) un altro nuovo antivirale allo studio per combattere il Covid-19 e le sue varianti. Utilizzabile da solo, o in combinazione con altre terapie, ha dimostrato di essere in grado di bloccare, in vitro, l’uscita e la replicazione del virus Sars-Cov 2 dalle cellule malate, evitandone la diffusione a tutti i tessuti. Lo studio internazionale, coordinato da Giuseppe Novelli docente di Genetica all’Università Tor Vergata di Roma e Pier Paolo Pandolfi del Renown Institute for Cancer di Reno in Usa - Università di Torino e pubblicato dalla rivista Cell Death and Disease, è frutto per l’Italia di una collaborazione tra l’Irccs San Raffaele, l’Università di Tor Vergata, l’Ospedale Bambino Gesù e l’Istituto Spallanzani di Roma con l’Università di Torino. «L’Indolo-3-carbinolo, questo il nome del composto per esteso – spiega Carlo Tomino, responsabile del Centro del Farmaco dell’Irccs San Raffaele Roma – necessita ora di essere ulteriormente studiato nell’ambito di una sperimentazione clinica per confermare la sua reale efficacia nel trattamento del Covid-19. Essendo già utilizzato per altri trattamenti, qualora si dimostrasse del tutto la sua efficacia, l’I3C potrebbe essere approvato rapidamente». Il gruppo di lavoro ha identificato una classe di enzimi necessaria al virus SARS-CoV-2 per uscire dalle cellule infette e diffondersi in tutti i tessuti corporei. È risultato che i livelli di questi enzimi sono elevati nei polmoni di pazienti positivi al virus. Il team di ricerca ha dimostrato anche che la loro attività può essere inibita dal composto naturale. 

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