Farmaci, Roberto Tobia (Federfarma): «Nelle farmacie mancano 3.000 medicinali»

Roberto Tobia, segretario nazionale di Federfarma
di Valentina Arcovio
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Giovedì 10 Novembre 2022, 06:00 - Ultimo aggiornamento: 25 Febbraio, 00:30

«Al momento ci sono all’incirca 3mila farmaci difficilmente reperibili nelle farmacie italiane».

Roberto Tobia, segretario nazionale di Federfarma, conferma l’attuale carenza di alcuni medicinali, anche salva-vita, e l’imbarazzo di molti farmacisti «quando costretti a dire “no” alle persone che ne hanno bisogno».

Che tipo di farmaci mancano?

«In alcuni casi mancano farmaci anche importanti, come antiepilettici, antidepressivi, diuretici, antipertensivi. In molti altri non si trovano medicine come paracetamolo e ibuprofene, specialmente nei dosaggi adatti ai bambini. È una situazione incresciosa, ma che al momento stiamo gestendo bene».

Perché ci troviamo in questa situazione di grave carenza?

«In realtà, le cause sono diverse. Per alcuni farmaci, come il paracetamolo e l’ibuprofene, la carenza è in parte dovuta alla pandemia. Si tratta infatti di farmaci che sono stati ampiamente utilizzati nella terapia domiciliare. Quindi c’è stata una tendenza da parte dei pazienti a fare importanti rifornimenti di questi farmaci. Poi molti dei principi attivi di alcuni farmaci, come proprio l’ibuprofene, arrivano da Paesi come Cina e India. E i lockdown a causa dell’emergenza Covid-19 hanno rallentato le catene produttive negli stabilimenti. Questo mostra come il nostro Paese sia eccessivamente dipendente dall’estero: così, quando la produzione estera è carente, le conseguenze si fanno sentire anche in Italia».

La guerra tra Ucraina e Russia ha influito sulla disponibilità dei medicinali?

«Sì. In questo momento stiamo pagando il prezzo di una grave crisi internazionale, che ha investito l’Europa e il mondo intero, quindi Italia compresa. Crisi, anche non direttamente collegata al farmaco in sé. Pensiamo ad esempio alla carenza di alluminio necessario per la produzione dei blister. La maggior parte delle materie per il packaging dei farmaci arriva dai Paesi dell’Est e, quindi, l’industria farmaceutica fa fatica a mettere il farmaco nelle confezioni. Il caro carburante, inoltre, ha portato allo slittamento delle consegne.

Per limitare i costi si cerca di fare meno viaggi e quindi di fare consegne più grosse in un’unica spedizione».

Cosa possono fare i farmacisti per aiutare i pazienti a trovare le medicine che servono?

«Posso dire tranquillamente che, in questa particolare situazione, la farmacia ha reagito in maniera proattiva. Moltissime hanno infatti risposto aumentando l’attività dei propri laboratori con la produzione di medicinali galenici, come sciroppi a base di ibuprofene. Poi il farmacista ha sempre la possibilità di indicare al paziente soluzioni alternative, come farmaci equivalenti a quelli di brand prescritti. Ricordiamo che, come dice la parola stessa, un farmaco equivalente è efficace e sicuro tanto quanto quello di marca».

Se ci sono gli equivalenti allora questa carenza di farmaci non è poi così grave?

«Magari fosse così semplice. Gli equivalenti sono certamente di grande aiuto, ma la loro diffusione non è ancora sufficiente. L’Italia è il Paese che in Europa ha la più bassa percentuale di utilizzo di farmaci equivalenti. Basta pensare che ogni anno gli italiani spendono in maniera crescente cifre importanti, stimate intorno a 1 miliardo e mezzo di euro, per aggiungere di tasca proprio la differenza di prezzo del farmaco di marca rispetto al suo equivalente».

Che fare per superare questa carenza di farmaci oggi ed eventuali carenze future?

«Sarebbe bene trovare, attraverso meccanismi di interazione internazionale, sistemi di segnalazione che cerchino di prevedere una possibile carenza di farmaci e così razionalizzare la loro distribuzione e il loro utilizzo».

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