Del tratto di colonna vertebrale che sostiene il nostro collo, ci ricordiamo in genere solo in occasione di un brutto attacco di “cervicale” o di un doloroso torcicollo.
Ma come è fatta? Per cominciare, la colonna cervicale rappresenta una sorta di parentesi nell’evoluzione delle specie (stasi evolutiva). Per quanto possa sembrare assurdo infatti, il collo dell’uomo, quello della giraffa e di tutti gli esseri viventi (con la sola eccezione di bradipi e lamantini) ha lo stesso numero di vertebre cervicali, sette. A cambiare da una specie all’altra sono ovviamente la forma e le dimensioni. Una vertebra cervicale di giraffa è alta 25 centimetri, mentre tutta la colonna cervicale umana ha una lunghezza di una decina di centimetri.
LA POSIZIONE
Le vertebre, all’interno del nostro collo, sono impilate una sull’altra come le seggiole dei ristoranti all’aperto, messe via per la notte, ma sono separate una dall’altra da un disco, una speciale struttura fibro-cartilaginea che ammortizza le pressioni cui è sottoposta la colonna e le conferisce mobilità. Un danno a carico di queste strutture (discopatia) provoca dolore, riduzione della mobilità e danni neurologici più o meno importanti se il disco “esce” dalla sua posizione naturale e va a comprimere il midollo spinale o una radice nervosa. Le prime due vertebre cervicali sono dette “atipiche” per la loro forma bizzarra, ma funzionale, e sono dotate di un nome proprio. Così la prima cervicale, piatta e dalla forma simile a un cerchio di pilates, è detta “atlante” in onore del mitico re della Mauretania, costretto in eterno da Zeus a sostenere sulle spalle la volta celeste. Il delicato compito della prima vertebra cervicale è quello di sostenere il peso della testa e del suo contenuto, il cervello. La seconda vertebra cervicale, epistrofeo o asse, è contraddistinta da uno spunzone che ricorda un dente, un canino gigante. È questo “dente” che, fungendo da perno, consente la maggior parte dei movimenti del capo (rotazione, flessione, estensione), rispetto all’asse del corpo.
CONSEGUENZE
Più serie sono invece le conseguenze di uno stiramento o di uno strappo a carico di queste strutture, che si possono verificare ad esempio a seguito di un “colpo di frusta” (un brusco movimento in avanti, seguito da uno all’indietro del collo) per un tamponamento stradale o uno sport di contatto (pugilato, football americano) o un trauma da aggressione. I segni e i sintomi del “colpo di frusta” sono dolori e rigidità del collo che peggiorano col movimento, cefalea (in genere nella parte posteriore della testa), dolenzia a livello delle spalle, del dorso e delle braccia che possono anche formicolare. Ma anche vertigini, vista offuscata, acufeni, disturbi del sonno e di concentrazione. I disturbi possono persistere per settimane o mesi dopo il danno iniziale e migliorano grazie a farmaci antidolorifici e un programma mirato di esercizi, ma va sempre consultato un medico. La diagnosi è clinica e strumentale (TAC e risonanza magnetica).
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