Organi da biostampante in 3D, frena il professor Federico Rea: «Per i cloni di fegato e polmoni ci vuole ancora tempo»

Di là da venire la costruzione di strutture complesse

Organi da biostampante in 3D, frena il professor Federico Rea: «Per i cloni di fegato e polmoni ci vuole ancora tempo»
di Nicoletta Cozza
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Giovedì 13 Aprile 2023, 06:00 - Ultimo aggiornamento: 07:44

Ottimismo sì, ma per il futuro.

Un po’ di cautela, invece, per il presente. Federico Rea, direttore del Dipartimento di Chirurgia dell’Azienda Ospedaliera di Padova, nonché luminare nell’ambito dei trapianti di polmone, se da un lato è fiducioso per le prospettive a lungo termine che apre l’utilizzo della stampante 3D per la produzione di organi da trapiantare, dall’altro è cauto, e smorza un po’ gli entusiasmi, per evitare di dare ai pazienti aspettative che a suo avviso in questo momento non possono ancora considerarsi realistiche.

Professore, l’obiettivo a lungo termine è realizzare “ricambi”, da impiantare nell’organismo, partendo dalle cellule del paziente stesso.

«Indubbiamente oggi, con le possibilità date dalle stampanti 3D, dall’imaging di un apparato o di un singolo organo come cuore o polmone, riusciamo a fare delle ricostruzioni tridimensionali e quindi creare una riproduzione esatta dell’originale.

Un’altra cosa, però, è mettere insieme delle cellule per creare una struttura che a tutti gli effetti lo sostituisca».

Che è il traguardo a cui si vuole arrivare.

«In questo momento, però, è doveroso un distinguo. Di strutture relativamente semplici, come i tessuti cutanei, è possibile già ora avere dei “cloni”, ma la realizzazione di organi più complessi, costituiti da cellule con specialità diverse, è ancora di là da venire».

Può fare un esempio?

«Uno scaffold (un'impalcatura, ndr) è stato fatto del cuore che, rispetto al rene o al fegato, è più semplice perché costituito prevalentemente da strutture muscolari, mentre gli altri due hanno cellule che filtrano, o che producono, sostanze, per non parlare del polmone che è particolarmente vascolarizzato. Ebbene, sul calco del muscolo cardiaco non è stato possibile far crescere le cellule fondamentali per farlo funzionare e trasformarlo in un organo trapiantabile».

Qual è allora la valenza delle biostampanti?

«Indubbiamente è promettente la realizzazione di modelli che adesso hanno comunque una funzione molto utile, perché ci fanno da guida in sala operatoria, per esempio quando si utilizza la chirurgia robotica assistita: con il calco dell’organo vediamo precisamente dov’è la malattia e siamo in grado di rappresentare i vasi. Mettiamo la sua immagine a disposizione del computer, il quale a sua volta la trasmette al robot che nel corso dell’intervento ci “avvisa” quando è stata asportata la parte malata e quando ci si deve fermare magari per evitare di ledere un’arteria».

Solo con il cuore si è provato?

«Io mi occupo di chirurgia polmonare e posso dire che si è tentato pure con la trachea che è un condotto apparentemente elementare, un insieme di cartilagini e muscolo, sul quale far crescere cellule epiteliali: un collega ha creato la struttura base su cui farle proliferare e funzionare producendo muco, ma la perfezione dell’organo di cui siamo dotati in 30 anni di ricerca non è stata neanche lontanamente raggiunta».

E qual è il futuro?

«Indubbiamente la conoscenza dei meccanismi che oggi stiamo cercando di scoprire va nella direzione di creare nuovi organi partendo dai modelli 3D, ma ci vorrà del tempo e probabilmente io non riuscirò a vederli. La fascinazione di come le cellule dell’uomo si costruiscono in nove mesi di gestazione, è il miracolo della nostra vita, con meccanismi stupefacenti in cui una indica all’altra persino come e dove predisporsi nei vari organi. Stiamo lavorando su materiali di bioingegneria, riuscendo a creare strutture abbastanza elementari come frammenti ossei o tessuti cutanei. Il messaggio da dare, quindi, è che si sta andando nella direzione di associare sempre più la Medicina alla Bioingegneria, per guidare la crescita di cellule che possano un domani costituire un organo, a partire dai più semplici. E la risposta sicuramente arriverà dalla ricerca. Ma quando, è difficile prevederlo, anche se abbiamo dei software che lavorano a velocità incredibili e quindi l’accelerazione riduce i tempi. Adesso, però, è ancora molto prematuro pensare di farci un organo da trapiantare premendo un tasto della stampante 3D».

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