Balbuzie, ne soffre il 17% dei bambini. Ma nel 75% dei casi si può guarire. Basta prenderla in tempo

Balbuzie, ne soffre il 17% dei bambini. Ma nel 75% dei casi si può guarire. Basta prenderla in tempo
di Giovanni Del Giaccio
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Giovedì 10 Marzo 2022, 06:00 - Ultimo aggiornamento: 12:02

Un segnale, a volte basta questo.

Far capire a chi si ha di fronte «che lo ascolti per quello che dice, non per come lo sta dicendo». Tiziana Rossetto, presidente della Federazione Logopedisti Italiani (Fli), affronta il tema della balbuzie, parla dei diversi fattori che possono provocarla e dei rimedi per affrontarla. A iniziare dall’età pediatrica. Il 6 marzo è stata la “Giornata europea dei disturbi del linguaggio” e fino all’11 la Fli (indicazioni su www.fli.it) mette a disposizione i suoi esperti per informazioni, domande, dubbi. Perché da questo disturbo si può guarire nel 75% dei casi, in particolare quando il trattamento inizia sin da piccoli. «Tra i due anni e mezzo e i tre i bambini cominciano a usare un vocabolario più importante, possono mostrare anche difficoltà nell’esprimersi che spesso si risolvono tranquillamente ma possono anche cronicizzarsi e causare problemi in futuro se non si interviene», spiega. I “numeri” dicono che è fra i disturbi più frequenti del linguaggio, con una prevalenza nella popolazione mondiale tra lo 0,72% e l’1%, mentre in Italia l’incidenza di nuovi casi l’anno, ha subito un aumento dell’8% (contro il 5% del resto del mondo) negli ultimi dieci anni. Nel nostro Paese – secondo i dati della Fli – riguarda il 17% dei bambini, i più colpiti, gli uomini (con un rapporto di 4 a 1 rispetto alle donne) e i giovani, 2 maschi contro una ragazza.

«Studi scientifici dimostrano – aggiunge la Rossetto – che i giovani con balbuzie hanno il 68% di rischio in più di essere vittime di bullismo e discriminazione rispetto a coetanei normofluenti». Da cosa dipende il disturbo? «Esiste una predisposizione familiare – dice la presidente – anche se il gene che causa il linguaggio disfluente non è stato ancora scoperto. Esistono fattori ambientali, biologici e neurologici e quando abbiamo di fronte una persona con difficoltà di linguaggio dobbiamo usare un approccio multidisciplinare». I genitori che notassero difficoltà debbono rivolgersi al pediatra e questi indirizzerà ai servizi territoriali con appositi specialisti. «Va fatto un lavoro di équipe, il pediatra conosce il bambino dalla nascita – dice ancora Rossetto – contiamo sulla sensibilità dei medici e dei genitori che non devono avere paura ma rivolgersi a professionisti sanitari in grado di intervenire, come i logopedisti. Solo una cosa è inaccettabile, coloro che minimizzano dicendo che tanto prima o poi il bambino parlerà». Invece va aiutato, con un percorso scientifico. Esistono ormai linee guida internazionali che consentono di condividere modelli e approcci nel percorso di cura della persona che balbetta. Recuperare la fluidità di linguaggio e vincere la balbuzie è possibile. «Le percentuali di successo sono più elevate quando è approcciata prima dei sette anni – conclude la logopedista – Mentre le probabilità calano con l’aumentare degli anni e della maggiore convivenza con la balbuzie, sono possibili in adolescenza, rare in età adulta».

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I CONSIGLI

1) L'importanza di un approccio facilitante

Quando ci si trova di fronte a una persona con disturbi del linguaggio è indispensabile, secondo le linee guida della Fli, avere un approccio “facilitante”.

Vale a dire che non vanno espressi giudizi sulla condizione di chi abbiamo davanti e ha una difficoltà. Poi va ridotta la velocità dell’eloquio per favorire chi si ha di fronte. Inoltre vanno evitate le domande o gli stimoli che possono causare ansia all’interlocutore (come chiedere di esprimersi meglio, per esempio). Importante che si arrivi a un’anamnesi precisa e a un intervento che coinvolga il professionista e i suoi familiari per agevolare la persona con disfluenza verbale a essere a proprio agio.

2) Bimbi consapevoli: ecco che cosa è bene evitare

«Il bambino è consapevole, dobbiamo rendercene conto». Lo dice Tiziana Rossetto, presidente della Fli. Cioè percepisce se un ambiente è ostile o preoccupato, quindi è importante che genitori, familiari e insegnanti facciano attenzione a come si esprimono. 
«Si deve evitare - aggiunge la logopedista - di dire parla bene o ripeti, chi ha un problema del linguaggio non lo fa apposta e serve un atteggiamento che facilita e non che peggiora». È importante guardare negli occhi il bambino, non girarsi dalla parte opposta, non aiutare ma aspettare i tempi dell’interlocutore ed evitare di finire la frase per lui. 

3) Un tempo speciale da condividere con chi ha problemi

«È bene ritagliarsi dieci minuti per stare insieme a chi ha problemi, soprattutto con i bambini». È un altro dei consigli che arriva dalla Federazione dei logopedisti. «Leggere un libro insieme, prendersi un tempo speciale, far sentire protagonista la persona che abbiamo di fronte». Per questo quando un paziente viene preso in carico, soprattutto in età scolare, si attiva anche il cosiddetto “parent coaching” ovvero un sostegno ai genitori su come approcciarsi di fronte a questo genere di problemi. E la terapia? Giochi di ruolo, simulazioni, sillabe lette in silenzio, ripetute prima dal logopedista poi dal bambino. Piano piano questi acquisisce padronanza e autostima, migliorando notevolmente o guarendo del tutto.

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